Maximo: Ghosts to Glory

Maximo Ghosts to Glory
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Maximo: Ghosts to Glory

Una grafica e un sonoro azzeccatissimi, una giocabilità a buoni livelli ed una longevità "particolare" sono pochi dei tanti pregi che caratterizzano l'ultima produzione Capcom. Cosa manca all'appello? Ah eccola là, la trama, anche lei inserita perfettamente nel contesto, semplice e antiquata ma pur sempre d'effetto. Allora un giocone? Non proprio. All'inizio sono stato colto da un'incredibile euforia, e il gioco è riuscito a farmi provare emozioni uniche, ma solo dopo mi sono reso conto che qualche frangente della realizzazione non andava. Purtroppo Maximo ricade proprio dove inceppavano i giochi durante l'era 16 bit: infatti la malagevolezza dei salvataggi, la perdita delle vite, il game over e una difficoltà elevata vi faranno ripetere più volte lunghe sezioni di gioco. Questa metodologia, antiquata e passata in disuso, non riaffiora come pregio ma ora che torna una volta superata mostra tutti i suoi difetti ed in primis la ripetitività. Quest'ultima purtroppo è riscontrabile anche nelle sezioni di gioco che, bisogna ammetterlo, sono parecchio similari le une con le altre e sono inframmezzate giusto dai boss e non da sottogiochi o altre attività varie. Insomma, la meccanica di gioco ritrova i suoi limiti generazionali e l'elemento portante del gioco, il gameplay, appare ridimensionato. Per i nostalgici quindi? Esatto, ma anche per coloro che si "accontentano" di un platform particolare che riesce a non sfigurare rispetto a Jak and Daxter, ma a salire sul podio in seconda posizione: il mercato non offre poi tanto.
Maximo: Ghosts to Glory

Ecco il successore spirituale di Ghost'n' Goblins
Erano i tempi in cui andava di moda l'amiga, dove il NES aveva un successone e il master system era un degno avversario. Tempi in cui i videogiochi erano differenti, un po' come il pubblico a cui erano rivolti, ma era anche differente la concezione dei videogiochi stessi. Dopo le ambientazioni cyber punk, i complotti terroristici o mafiosi, universi paralleli e quant'altro il panorama attuale ci offre, sembra che l'ambientazione medievale sia tornata di moda: non che ci abbia mai abbandonato, ma dopo l'arrivo di Ico e di questo Maximo sembra quasi che certi valori e certe atmosfere fiabesche riescano ancora e reggere il confronto con temi più di attualità, più realistici: ma dove sta scritto che bisogna sempre puntare al realismo, là dove un videogioco dovrebbe mirare a qualcosa se non di alternativo almeno di magico? Nessun problema, tant'è che di ambientazioni ce ne sono per tutti i gusti, e quindi non c'è di che lamentarsi. Per quanto la mia età non sia veneranda al punto tale da avermi consentito di giocare all'atari, all'intellivision o antenati vari, parecchi anni or sono anche io ho avuto modo di gustarmi sull'ormai mitica amiga, Ghost'n' Goblins, un gioco incredibile per i tempi che furono e che riscosse un successo inconcepibile. I tempi erano diversi, non c'era bisogno di una trama iper articolata perché il giocatore fosse invogliato a giocare, e la motivazione del salvataggio della donna amata era più che sufficiente per farci armare di joystick o gettoni vari e prender parte all'avventura. Il famosissimo ed impavido Sir Arthur, ora sostituito da Maximo, vide le sue gesta su coin op, la già citata Amiga, Super Nes, Mega Drive e così via dicendo.
I videogiochi erano diversi, o forse era diverso il modo di accoglierli, laddove non ci si aspettava un orgia visiva di poligoni in movimento (quasi utopia per il tempo) e non era la freschezza tecnica a impressionarci bensì il puro e semplice divertimento. Ma questa non è una critica ai videogiochi, lungi dal farla, e di critiche quando arriva un gioco simile ce ne sarebbero veramente poche da avanzare, piuttosto è meglio aprire le mani al cielo e ringraziare la benevolente mamma Capcom di averci regalato un simil titolone.
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Maximo: Ghosts to Glory

Una grafica e un sonoro azzeccatissimi, una giocabilità a buoni livelli ed una longevità "particolare" sono pochi dei tanti pregi che caratterizzano l'ultima produzione Capcom. Cosa manca all'appello? Ah eccola là, la trama, anche lei inserita perfettamente nel contesto, semplice e antiquata ma pur sempre d'effetto. Allora un giocone? Non proprio. All'inizio sono stato colto da un'incredibile euforia, e il gioco è riuscito a farmi provare emozioni uniche, ma solo dopo mi sono reso conto che qualche frangente della realizzazione non andava. Purtroppo Maximo ricade proprio dove inceppavano i giochi durante l'era 16 bit: infatti la malagevolezza dei salvataggi, la perdita delle vite, il game over e una difficoltà elevata vi faranno ripetere più volte lunghe sezioni di gioco. Questa metodologia, antiquata e passata in disuso, non riaffiora come pregio ma ora che torna una volta superata mostra tutti i suoi difetti ed in primis la ripetitività. Quest'ultima purtroppo è riscontrabile anche nelle sezioni di gioco che, bisogna ammetterlo, sono parecchio similari le une con le altre e sono inframmezzate giusto dai boss e non da sottogiochi o altre attività varie. Insomma, la meccanica di gioco ritrova i suoi limiti generazionali e l'elemento portante del gioco, il gameplay, appare ridimensionato. Per i nostalgici quindi? Esatto, ma anche per coloro che si "accontentano" di un platform particolare che riesce a non sfigurare rispetto a Jak and Daxter, ma a salire sul podio in seconda posizione: il mercato non offre poi tanto.

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