Medal of Honor: Warfighter

di Luca Gambino
Medal of honor é il gioco delle eterne promesse. Promesse che prendono forma nella miriade di video, trailer e interviste che vengono letteralmente “vomitate” dal publisher e che sono montati ad arte per dare l'illusione di un gioco che, di fatto, non c'é. Se é infatti vero che i trailer ci mostrano un gioco adrenalinico, preciso nelle meccaniche, realistico e divertente, é altrettanto vero che, pad alla mano, le distanze tra realtà e illusione sono davvero siderali. Le solite promesse elettorali? Si.

Eppure i “Danger Close” ce la mettono tutta per cercare di dare alle stampe un prodotto che possa in qualche modo crearsi uno spazio nell'affollato mercato degli shooters in prima persona, ma a ben vedere non c'é un singolo elemento che riesca veramente a spiccare, anche se qualche elemento di novità, rispetto al precedente capitolo, in effetti c'é. Per esempio le sessioni di inseguimento in macchina, che spezzano un po' il ritmo del classico FPS, ma che hanno il problema di essere un po' troppo lunghe e che si ripetono più volte all'interno del gioco. C'é l'inseguimento a piedi, quello in macchina, quello sul gommone. E allora quando cambia solo la forma attorno al solito concetto, la novità potrebbe anche diventare noiosa, soprattutto se ripetuta più volte all'interno delle già poche ore di gioco.



Ma a ben guardare, MOH é un po' il gioco delle contraddizioni, capace di vanificare le consulenze di ex militari, che vorrebbero ricreare un ambiente di gioco verosimile, e che invece si trovano tra le mani un gameplay che di verosimile ha veramente ben poco, proprio a cominciare dall'atteggiamento dei vostri compagni di team. Così come nel primo capitolo del nuovo corso di MOH, l'illusione del combattimento in team é uno dei punti cardine dell'offerta. Peccato però che spesso i vostri compagni saranno incapaci di risolvere gli scontri a fuoco più semplici, e sarà praticamente fondamentale il vostro intervento per avanzare nel livello. Alla fin fine l'unica utilità dei vostri "team mate" é quella di essere una fonte inesauribile di munizioni, il che, accoppiata anche alla cronica mancanza di medikit, riduce il gioco ad una scimmiottatura di shooter adrenalinico.

Scontata e deficitaria anche l'intelligenza artificiale avversaria, che in più di un'occasione ha dimostrato di essere fortemente penalizzante per l'intera esperienza di gioco. Non sarà raro vedere i vostri avversari ripararsi dietro muri invisibili o gettarsi praticamente tra le vostre braccia, pronti per essere fatti a pezzi dalle vostre armi (che, per inciso, non sono nemmeno tantissime). In una parola: noia. Tanto più che, fatta eccezione per le missioni di inseguimento di cui abbiamo parlato poc'anzi, tutto quello che propone Medal of Honor é un'accozzagli di situazioni già viste e riproposte con molto meno pathos e capacità. Ci é capitato, per esempio, di dover abbattere per almeno una ventina di volte (la nostra pazienza ha pur sempre un limite), lo stesso cecchino che si riproponeva di continuo nello stesso punto, solo perché il nostro personaggio non aveva attivato il “trigger” che potesse permettere alla missione di passare oltre. Intendiamoci, sono tantissimi i titoli che si appoggiano a questo tipo di gameplay (che alcune software house chiamano delle “action bubbles”), ma riescono quantomeno ad avere la classe e l'intelligenza per non mostrarle così apertamente.
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E come se questo non bastasse, c'é un quadro tecnico davvero deprimente, tanto che spesso ci si chiede se ci si trova realmente davanti al famigerato Frostbite 2.0. Palette e texture spente, modelli poligonali e animazioni al di sotto di una media accettabile da un titolo di questo livello, tanto più che il sistema vi richiederà di installare il pacchetto di texture HD sul vostro sistema, pena ritrovarsi un comparto grafico davvero imbarazzante. Peccato, perché i video d'intermezzo hanno una qualità di primissimo livello, per cui non si capisce come mai ci sia una differenza così marcata nell'utilizzo dello stesso motore grafico. Non fa una buona figura nemmeno la famigerata capacità del motore grafico di poter fare a pezzi qualsiasi elemento sullo schermo, come già dimostrato in altre occasione. In questo caso, invece, giusto per rimanere in tema di contraddizioni, capiterà di poter sbriciolare un riparo in cemento armato e di non poter invece avere la meglio su un semplice pezzo di compensato usato dai nostri nemici per non essere sforacchiati dai nostri colpi.

Buon per voi che la missione principale riesca ad essere poco longeva, così di moda in questo genere di giochi, non disturbandovi per più di sei ore e, come nelle migliori delle tradizioni, lascerà il campo al multiplayer che, come per incanto, riuscirà a sembrare un gioco completamente diverso.
Certo, da un punto di vista prettamente tecnico continuerà ad essere al di sotto della media, ma quantomeno riuscirà a divertirvi e a mostrare un gameplay convincente, con qualche buona idea buttata sul tavolo. Niente di rivoluzionario, capiamoci, perché il sistema ormai é quello più che collaudato messo sul campo da Modern Warfare, ma se l'intenzione di EA é quello di lanciare Medal of honor contro il prossimo Call of Duty (fa molto Pokemon, vero?), abbiamo l'impressione che questo potrebbe essere il canto del cigno per il titolo Danger Close. Per farla breve, risparmiate i vostri soldi, a meno che non siate degli inguaribili guerrafondai, in giro c'é decisamente di meglio.



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