Medievil 2
di
Zarok era ormai incubo passato e dimenticato. Lord Palethorn, noioso studioso e storico avventuriero rievocava ora la falange di opliti decrepiti, ammuffiti e maleodoranti, intento nell'assurda ma tanto retorica follia di conquista del mondo, retaggio del genere videoludico, irrinunciabile prerogativa dei boss finali in platform, azione e ibridi capaci di fondere in magia i caratteri basilari delle specie succitate
Era il caso di Medievil. Era il caso di Medievil 2. Morali non ce ne sono, bimbi in pre-nanna non se ne vedono, nonni dalle barbe bianche e folte e mamme accomodanti, con latte caldo e miele sono via per il momento. Le coperte ce le rimbocchiamo da soli. Sir Daniel aveva solo sonno, voleva tornare a chiudere gli occhi, forse per sempre, forse per qualche altra manciata di secoli, forse senza chiedersi per quanto. Ciò che contava era chiuderli, per riposare, sognare qualche altro genere ludico, chessò, un picchiaduro, un puzzle game, chiuderli senza troppi fronzoli, insomma, e nulla più. Solo le pagine finali del Libro degli Incantesimi separavano il signor Fortesque dalla sua valeriana zzzzz..
Restava solo una lunga cavalcata eroica tra Tim Burton, incubi pre-natalizi, fantasmi e goblins (leggasi: Ghost'n Goblins), in arene tridimensionali totalmente esplorabili, ancor più evolute dinanzi alla spigolosità delle passate esperienze, logica evoluzione tecnico-temporale della programmazione e scrittura di codici binari del divertimento elettronico. Restava solo qualche valutazione da chi aveva assistito alla scena ma non vi aveva preso parte, esterno redattore legato al cuore di Dan da una grigia periferica. Restava solo una combriccola di zombie, demoni, gargouille e mostri a piacimento da debellare, enigmi e rompicapi appassionanti e mai frustranti, minigiochi obbligati per proseguire nell'azione. Armi aggiornate al salto dimensionale compiuto, asce, spadoni da impugnare a due mani, balestre di precisione, potenti mitragliatrici per martoriare le membra dei poveri sventurati in forza alle spelonche del male
Era il caso di Medievil. Era il caso di Medievil 2. Morali non ce ne sono, bimbi in pre-nanna non se ne vedono, nonni dalle barbe bianche e folte e mamme accomodanti, con latte caldo e miele sono via per il momento. Le coperte ce le rimbocchiamo da soli. Sir Daniel aveva solo sonno, voleva tornare a chiudere gli occhi, forse per sempre, forse per qualche altra manciata di secoli, forse senza chiedersi per quanto. Ciò che contava era chiuderli, per riposare, sognare qualche altro genere ludico, chessò, un picchiaduro, un puzzle game, chiuderli senza troppi fronzoli, insomma, e nulla più. Solo le pagine finali del Libro degli Incantesimi separavano il signor Fortesque dalla sua valeriana zzzzz..
Restava solo una lunga cavalcata eroica tra Tim Burton, incubi pre-natalizi, fantasmi e goblins (leggasi: Ghost'n Goblins), in arene tridimensionali totalmente esplorabili, ancor più evolute dinanzi alla spigolosità delle passate esperienze, logica evoluzione tecnico-temporale della programmazione e scrittura di codici binari del divertimento elettronico. Restava solo qualche valutazione da chi aveva assistito alla scena ma non vi aveva preso parte, esterno redattore legato al cuore di Dan da una grigia periferica. Restava solo una combriccola di zombie, demoni, gargouille e mostri a piacimento da debellare, enigmi e rompicapi appassionanti e mai frustranti, minigiochi obbligati per proseguire nell'azione. Armi aggiornate al salto dimensionale compiuto, asce, spadoni da impugnare a due mani, balestre di precisione, potenti mitragliatrici per martoriare le membra dei poveri sventurati in forza alle spelonche del male