Megaton Musashi W: Wired, un mecha per riscoprirsi bambini – Recensione PS5
La recensione dell’action-RPG di Level-5 a base di robottoni, divertente, funzionale e ricco di contenuti, ma anche pieno di spigoli e discutibili soluzioni di design
Megaton Musashi W: Wired segna il ritorno di Level-5 in Occidente con un’ip nuova di zecca, fatta di robottoni umanoidi, scontri epici contro alieni invasori e mosse speciali da urlare a squarciagola. Il titolo è in realtà il terzo capitolo della serie, o forse dovremmo dire la seconda espansione dell’unico Megaton Musashi, in quanto va ad arricchire il canovaccio presentato prima dall'originale nel 2021 e successivamente da Megaton Musashi X, entrambi mai usciti dal Giappone. Poco male, W: Wired include il pacchetto completo, un po’ come le edizioni Ultimate dei vari Monster Hunter.
Ciò significa che possiamo mettere le mani essenzialmente su tre giochi al prezzo di uno, con una sola, grande storia a connettere tutti i punti e ad introdurre gradualmente la mole di contenuti presenti nell’opera. Il pacing con cui vengono elargite le meccaniche “vecchie” e quelle inedite però non è proprio cristallino, e infatti nelle prime battute si viene subissati di informazioni, alcune piuttosto difficili da digerire, ma una volta completato il macchinoso rodaggio si ha tutto il tempo per prendere confidenza con le varie impostazioni.
Ciò non toglie che avremmo preferito tutorial un po’ più diluiti, in modo da capire meglio l’importanza di ogni novità proposta ed imparare ad utilizzarla in modo più naturale. È come se il gioco avesse fretta di vuotare il sacco, nonostante la sua natura ripetitiva e una longevità complessiva tutt’altro che risibile.
La storia segue le vicende dell’adolescente Yamato e dei suoi amici, che scoprono loro malgrado che la città in cui vivono è una finzione e che le loro menti erano state riprogrammate per non accorgersene. Il piccolo borgo non è infatti che uno dei pochi rifugi rimasti sulla Terra, conquistata tre anni da una razza aliena violenta, che ha sterminato il 99,9% della popolazione.
L’unico modo per fermare la loro avanzata e provare a riprendersi il pianeta è affrontarli ricorrendo ai Rogue, robot giganti in grado di abbattere le loro difese e pilotabili solo da ragazzini, perché ovviamente sono quelli con i riflessi migliori, quelli con il potenziale di crescita maggiore e bla bla bla. Siamo innanzi a uno shounen, il target demografico è quello di bambini in età prepubescente, è normale che i protagonisti riflettano la categoria, perciò niente domande.
Quanto alla vicenda in sé, non è affatto male. È perlopiù scontata, melodrammatica, già vista tante altre volte, ma svolge egregiamente il suo lavoro di intrattenere e mantenere vivo l’interesse dello spettatore, grazie ad un cast tutto sommato interessante, momenti toccanti e carichi di hype che si susseguono senza troppe pause, soprattutto nei “finali di stagione”.
Il problema sta nell’esposizione: è spesso troppo asciutta, troppo diretta; può capitare infatti che succedano cose off-screen e a noi il compito di metabolizzarle, perché tanto non saranno approfondite. In altre occasioni invece dialoghi e interi intermezzi risultano estremamente frettolosi, e sembrano chiudere il sipario prima che tutti abbiano detto la loro, oppure spiegato un minimo la situazione (sì, per una volta uno spiegone qua e là farebbe comodo).
C’è fretta, fretta di correre verso la prossima missione, fretta di saltare al successivo nodo di trama, come se si stesse riassumendo più che narrando qualcosa. Ed effettivamente, come accade di solito per i progetti multimediali di Level-5, esiste un anime di Megaton Musashi, che non ho guardato, ma sono sicuro approfondisca molti dei momenti segati dal gioco. Peccato, perché a nostro dire quando rimane sul pezzo la storia è l’elemento migliore di W: Wired.
Il gameplay si scinde in due fasi ben distinte: quelle a piedi, vissute attraverso una prospettiva 2.5D, in cui potremo gironzolare liberamente per il mondo di gioco, smanettare nell’hangar, raccogliere chincaglierie da terra e prendere in carico missioni secondarie dagli NPC, e quelle a bordo dei Rogue, in cui il titolo si trasforma in un action-RPG in terza persona.
Diciamo che action-RPG è un parolone, poiché lo è tanto quanto potrebbe esserlo un musou a caso, ma se non altro è divertente. Divertente e ignorante, merito della quantità spasmodica di modifiche e personalizzazioni che potremo apportare al nostro Rogue e che farà la felicità degli amanti dei numeroni. Corpo, braccia, gambe, trittico di armi da mischia e a lunga gittata, mod, mosse speciali, CPU, pilota, attitudine, sinergie, tutto confluisce ad accrescere la cifra che “certifica” la potenza della nostra creatura metallica, ma una volta scesi in campo non cambia poi molto il suo comportamento, se non la quantità di legnate necessarie a stendere i nemici.
E qui sta il problema del combat system: è immediato, pulito e appariscente al punto giusto, ma vanta anche la profondità di un foglio di carta. Dà il meglio di sé nei primi 5 minuti, durante il tutorial iniziale. Il resto è un esercizio di stile, non cambia nulla se non appunto i danni inflitti, quelli subiti e la varietà di bersagli, più che discreta per la cronaca, ma non sufficienti a rendere l’esperienza in qualche modo avvincente. Sempre ammesso che non siate qui per spegnere il cervello e fare rumore, in tal caso Megaton Musashi W: Wired vi regalerà tante ore di sana allegria.
Il titolo Level-5 non ambisce a diventare il nuovo Armored Core, né si rivolge allo stesso pubblico, pertanto gli perdoniamo una forma alquanto deludente, ma apprezziamo il fatto che gli sviluppatori se ne siano resi conto, semplificando al massimo il repertorio con opzioni di customizzazione automatica, missioni molto brevi e un fiume di pezzi in continuo arrivo con cui costruire il proprio Rogue.
È uno di quei giochi in cui rivedere la build dopo ogni singola missione, ma al tempo stesso uno di quelli in cui si può ignorare tutto e tirare dritto dribblando gran parte dell’offerta, lasciando apportare all’IA le opportune migliorie. A meno che non si volga lo sguardo verso le missioni più difficili, ma è tutta roba opzionale, o al panorama online, se solo ci fosse ancora un’anima viva. Già, perché Megaton Musashi W: Wired vuole anche essere un’opera competitiva, un game-as-a-service, con tanto di microtransazioni, dinamiche free-to-play e collezioni in stile gacha, ma se ne può fare tranquillamente a meno; quella ordita da Level-5 è un’esperienza casual, non lasciatevi convincere altrimenti.
Sul versante tecnico, su PlayStation 5 il gioco può contare sul supporto ai 120hz e all’HDR per prestazioni frizzanti e colori potenziati, anche se la veste grafica in sé risulta piuttosto modesta (il titolo nasce per girare su Nintendo Switch dopotutto). Ciò non toglie che veder schizzare i Rogue da una parte all’altra del campo di battaglia imbracciando armi comicamente grandi è piuttosto piacevole, i dettagli e la resa della corazza metallica sono piuttosto buoni, così come i tanti effetti che accompagnano fendenti, proiettili, laser e pirotecnici attacchi speciali. Ottimo poi il design dei robottoni, che richiamano le icone del genere mecha dei tempi andati (alcune delle quali presenti in forma di cameo, come Getter Robot e Mazinga Z), un po’ meno quello dei nemici, abbastanza generico.
Molto buona la colonna sonora, con brani energici e ricchi di pathos, a partire dalla sigla di apertura in perfetto “engrish”, che non riusciamo a saltare ogni volta che avviamo il gioco talmente è adatta a dare la carica. Il doppiaggio è solo in giapponese, di pregevole fattura, mentre i testi sono in italiano, con qualche libertà di troppo per quanta riguarda l’adattamento dei dialoghi, ma nulla di invasivo. Chiassosi al punto giusto gli effetti sonori durante gli scontri, anche se tendono a coprire un po’ le musiche, che invece sono del tutto assenti durante le fasi a piedi; non so voi, ma almeno un accompagnamento non ci sarebbe affatto dispiaciuto.