Men Of Valor
di
Giuseppe'Sovrano' Schirru
L'X-box è la patria degli fps, su questo non c'è dubbio. E sempre su Xbox gira Halo 2, il miglior fps su console, su questo ci sono ancora meno dubbi. Ciò significa che, volenti o nolenti, tutti i titoli della medesima categoria andrebbero paragonati qualitativamente al capolavoro Bungie? Risparmiamo a questo Men of Valor simili comparazioni, con la scusante dell'ambientazione differente.
Vietnam, fine anni '60. Si intrecciano le vicende di uomini valorosi, chiamati a combattere una guerra che non è loro in un paese dove una scarica di mitra serve da benvenuto e uno zerbino di granate è segno di benevola accoglienza. Giusto qualche filmato a tema per presentare la situazione e il giocatore si trova catapultato in prima persona nella finzione scenica che dovrebbe assumere valenza o sembianze di guerra vera. La parola dovrebbe è infatti d'obbligo visto che, pur in una giungla pullulante di nemici o in spazi che si stagliano fino a perdita d'occhio non meno gorgoglianti di "sporchi musi gialli", i vostri compagni sono relegati al ruolo di ebeti cobelligeranti (che compito ingrato) e la loro utilità è pari a quella della tappezzeria. Fase di copertura? Nemmeno a parlarne. Colpire un nemico nascosto oltre una barricata con una granata? Non è nelle loro capacità.
Il giocatore, negli fps solitari ha manie di onnipotenza perché in grado di distruggere tutto e tutti, nei war fps invece il senso di superiorità gli viene dato dal confronto diretto coi suoi compagni o avversari: in una massa di idioti, almeno uno con un po' di sale in zucca dovrà pur esserci. Bene, quello siete voi. O almeno si spera.
MOV dondola sul filo instabile della prevedibilità, partendo dal motore grafico di Unreal fino alle basilari meccaniche da classico fps (o vecchia scuola) che lo contraddistinguono. Pur in compagnia, per il buon andamento dell'avventura dovremo contare esclusivamente sulle nostre forze, considerata la scarsa propensione dei nostri amichetti a colpire i nemici piuttosto che sparare al vento. Incredibile come chili e chili di munizioni riescano a scalfire il nulla totale. C'è un però: nonostante una percepibilissima linearità di fondo, che non lascia al giocatore se non un'unica strada da seguire, il lento avanzamento tra le fila nemiche e gli obiettivi da portare a termine riescono a catturare l'attenzione, in una sintassi degli scontri a fuoco che sconsiglia mosse azzardate e richiede pazienza, lenti avanzamenti e attenzione a non prestare il fianco al fuoco nemico.
Vista la scarsa IA dei vietcong o compagni poco sopra accennata, non possiamo parlare di azione ragionata, fatto sta che MOV ha il vanto di offrire un grado di immedesimazione non indifferente. Non è poco.
A tal fine contribuisce anche il particolare ricarico di energia: la sua efficacia ludica è discutibile, la sua realisticità opinabile, ma è un passo in avanti rispetto ai medikit che di colpo ristabiliscono totalmente l'energia. Fermarsi per il bendaggio delle ferite o rallentare la marcia perché colpiti, è una piccola chicca di un titolo lontano dal realismo di Operation Flashpoint (Codemasters, 2001), che si accontenta di proporre alcuni spaccati credibili della guerra del Vietnam. Il motore grafico di Unreal, non certo una fresca novità nel panorama videoludico attuale, svolge il suo dovere senza infamia e senza lode. 30 fps costanti, texture di media fattura e modelli poligonali non sempre impeccabili, portano a proferire le proverbiali parole: "ne carne, ne pesce". Il sonoro invece si fa apprezzare oltre che per i discreti dialoghi, per una colonna sonora a tema. Chiudiamo citando la presenza del Live! e la bontà del sistema di controllo, non certo una novità negli fps per la macchina di zio Bill.
Concludendo
Fps che mostra le sue qualità con una ricostruzione corale, per forza di cose fotografata dalla parte degli americani. Tanti luoghi comuni, tanti clichè abusati, divertimento sparso qua e là nei meandri del codice. Se pur vecchio, il motore grafico di Unreal ha ancora le forze per immortalare discretamente giungle, risaie e spiazzi che si stagliano fino a perdita d'occhio. Chi ha detto che gli americani hanno perso? Hanno pareggiato.
Vietnam, fine anni '60. Si intrecciano le vicende di uomini valorosi, chiamati a combattere una guerra che non è loro in un paese dove una scarica di mitra serve da benvenuto e uno zerbino di granate è segno di benevola accoglienza. Giusto qualche filmato a tema per presentare la situazione e il giocatore si trova catapultato in prima persona nella finzione scenica che dovrebbe assumere valenza o sembianze di guerra vera. La parola dovrebbe è infatti d'obbligo visto che, pur in una giungla pullulante di nemici o in spazi che si stagliano fino a perdita d'occhio non meno gorgoglianti di "sporchi musi gialli", i vostri compagni sono relegati al ruolo di ebeti cobelligeranti (che compito ingrato) e la loro utilità è pari a quella della tappezzeria. Fase di copertura? Nemmeno a parlarne. Colpire un nemico nascosto oltre una barricata con una granata? Non è nelle loro capacità.
Il giocatore, negli fps solitari ha manie di onnipotenza perché in grado di distruggere tutto e tutti, nei war fps invece il senso di superiorità gli viene dato dal confronto diretto coi suoi compagni o avversari: in una massa di idioti, almeno uno con un po' di sale in zucca dovrà pur esserci. Bene, quello siete voi. O almeno si spera.
MOV dondola sul filo instabile della prevedibilità, partendo dal motore grafico di Unreal fino alle basilari meccaniche da classico fps (o vecchia scuola) che lo contraddistinguono. Pur in compagnia, per il buon andamento dell'avventura dovremo contare esclusivamente sulle nostre forze, considerata la scarsa propensione dei nostri amichetti a colpire i nemici piuttosto che sparare al vento. Incredibile come chili e chili di munizioni riescano a scalfire il nulla totale. C'è un però: nonostante una percepibilissima linearità di fondo, che non lascia al giocatore se non un'unica strada da seguire, il lento avanzamento tra le fila nemiche e gli obiettivi da portare a termine riescono a catturare l'attenzione, in una sintassi degli scontri a fuoco che sconsiglia mosse azzardate e richiede pazienza, lenti avanzamenti e attenzione a non prestare il fianco al fuoco nemico.
Vista la scarsa IA dei vietcong o compagni poco sopra accennata, non possiamo parlare di azione ragionata, fatto sta che MOV ha il vanto di offrire un grado di immedesimazione non indifferente. Non è poco.
A tal fine contribuisce anche il particolare ricarico di energia: la sua efficacia ludica è discutibile, la sua realisticità opinabile, ma è un passo in avanti rispetto ai medikit che di colpo ristabiliscono totalmente l'energia. Fermarsi per il bendaggio delle ferite o rallentare la marcia perché colpiti, è una piccola chicca di un titolo lontano dal realismo di Operation Flashpoint (Codemasters, 2001), che si accontenta di proporre alcuni spaccati credibili della guerra del Vietnam. Il motore grafico di Unreal, non certo una fresca novità nel panorama videoludico attuale, svolge il suo dovere senza infamia e senza lode. 30 fps costanti, texture di media fattura e modelli poligonali non sempre impeccabili, portano a proferire le proverbiali parole: "ne carne, ne pesce". Il sonoro invece si fa apprezzare oltre che per i discreti dialoghi, per una colonna sonora a tema. Chiudiamo citando la presenza del Live! e la bontà del sistema di controllo, non certo una novità negli fps per la macchina di zio Bill.
Concludendo
Fps che mostra le sue qualità con una ricostruzione corale, per forza di cose fotografata dalla parte degli americani. Tanti luoghi comuni, tanti clichè abusati, divertimento sparso qua e là nei meandri del codice. Se pur vecchio, il motore grafico di Unreal ha ancora le forze per immortalare discretamente giungle, risaie e spiazzi che si stagliano fino a perdita d'occhio. Chi ha detto che gli americani hanno perso? Hanno pareggiato.
Men Of Valor
7
Voto
Redazione
Men Of Valor
Fps che mostra le sue qualità con una ricostruzione corale, per forza di cose fotografata dalla parte degli americani. Tanti luoghi comuni, tanti clichè abusati, divertimento sparso qua e là nei meandri del codice. Se pur vecchio, il motore grafico di Unreal ha ancora le forze per immortalare discretamente giungle, risaie e spiazzi che si stagliano fino a perdita d'occhio. Chi ha detto che gli americani hanno perso? Hanno pareggiato.