Metal Gear Rising: Revengeance
Tre anni. Tanto é durata la travagliata gestazione di Metal Gear Rising: Revengeance, lo “spin-off” fortemente voluto (e supervisionato) da Hideo Kojima, improntato sulla rivisitazione in chiave action dell'universo di Metal Gear Solid. Tre anni in cui si é assistito ad un po' tutto, dalla presentazione tutt'altro che trascendentale del gioco nel corso dell'E3 2010 fino al drastico cambio di rotta in piena corsa, con la decisione ultima di affidare l'intero progetto allo studio Platinum Games, già autore degli ottimi Bayonetta e Vanquish. Un scelta, questa, rivelatasi a conti fatti più che azzeccata, con buona pace di chi attendeva un action game di livello in puro Metal Gear Solid Style.
Ambientato quattro anni dopo gli eventi narrati in Metal Gear Solid 4, Metal Gear Rising: Revengeance descrive i fatti immediatamente successivi alla caduta dei Patriots, con il collasso dell'intero sistema finanziario ad essi connesso ed il conseguente ridimensionamento delle numerose PMC (Private Military Company) sparse per il mondo in vere e proprie microsocietà di mercenari ad altissimo tasso cibernetico.
Abbandonato definitivamente il ruolo di agente della Fox, l'ex membro scelto Raiden ha deciso di far parte della Maverick Security Consulting, una PMC paramilitare decisamente atipica, votata per lo più al mantenimento dell'ordine appena stabilito attraverso operazioni di scorta armata per le maggiori personalità di spicco del mondo politico.
Costretto suo malgrado ad assistere impotente all'uccisione del primo ministro di una nazione africana in fase di sviluppo che avrebbe dovuto proteggere, Raiden deciderà tuttavia di riscendere in campo e dare libero sfogo alla propria natura di “Jack: The Ripper” e di scrivere una volta per tutte la parola fine sui desideri di conquista della PMC “Desperado Enforcement” e del suo misterioso spadaccino “Sam”, responsabile al pari del capo dell'unità dell'efferato assassinio che potrebbe alfine minare il fragilissimo equilibrio così faticosamente raggiunto.
Seppur profondamente diverso sotto il profilo del gameplay puro, Revengeance ha il “merito” di sprizzare Metal Gear Solid da tutti i pori. E non ci riferiamo soltanto alla scelta di adottare un HUD del tutto identico (codec compreso) a quello di MGS 4 o all'idea e di sfruttare gear, personaggi e situazioni viste in passato nello stesso gioco, ne tantomeno alla scelta di sfruttare frequenti cutscene (fortunatamente meno lunghe di quelle esibite in Guns of the Patriots) di stampo prettamente cinematografico tra un combattimento e l'altro.
Stiamo parlando della chiara influenza esercitata da Hideo Kojima all'interno del progetto Revengeance, alfine di offrire al giocatore l'ennesimo viaggio introspettivo in un mondo in cui bene e male non hanno mai contorni troppo netti ed in cui la figura dell'uomo samurai disposto al massimo sacrificio per la salvezza dei più deboli assume un ruolo predominante.
Pur trattandosi di un titolo assolutamente a sé stante, Metal Gear Rising: Revengeance ha il merito di assolvere al compito di ideale trade union fra due mondi decisamente distanti tra loro, riuscendo alfine ad unire alla complessità narrativa dei titoli firmati Hideo Kojima il dinamismo tipico degli action game creati dal team Platinum Games.
Si perché, é bene ricordarlo, Metal Gear Rising: Revengeance non vuole essere un nuovo capitolo dell'epica saga di Solid Snake, ma un vero e proprio titolo di rottura da affiancare alla serie principale, capace di offrire un differente punto di vista (e di gioco) dello stesso sconfinato mondo da cui trae, di fatto, la propria forza.
Abbandonata la classica impostazione da stealth game tipica di Metal Gear Solid in favore di un sistema di gioco decisamente più diretto e frenetico, in Metal Gear Rising: Revengeance la parola d'ordine é “Zandatsu”, o taglia ed afferra se preferite.
Giustificata attraverso la necessità da parte del protagonista di assorbire in maniera pressoché continua gli elettroliti (leggasi anche energia vitale) contenuti nelle spine dorsali cibernetiche dei nemici, in Revengeance al giocatore non é lasciato, infatti, troppo spazio per approntare azioni elusive (per quanto presenti seppur in forma piuttosto edulcorata) che non prevedano l'uso diretto della forza. Giocare al titolo firmato Platinum Games significa, di fatto, affrontare un percorso ad ostacoli fatto di continui combattimenti corpo a corpo, all'interno del quale sfruttare a dovere le combo disponibili basate sull'uso alternato della parata, del colpo veloce e di quello pesante, in attesa di poter dar libero sfogo alla famigerata Modalità Blade.
Attivabile tramite la semplice pressione di un tasto (dorsale sinistro) previo l'accumulo di una certa quantità di energia nell'apposita barra posta sulla parte superiore dello schermo, tale opzione consente in sostanza di rallentare l'azione per un limitato periodo di tempo e di concentrare i fendenti eseguibili liberamente attraverso l'uso di entrambi gli stick (quello di sinistra per controllare l'altezza del fendente e quello di destra per determinarne la direzione) sui punti vitali del malcapitato di turno (evidenziati a schermo attraverso dei semplici quadrati di colore rosso), per un tripudio di scintille e smembramenti degni del peggior Jack lo Squartatore, culminante il più delle volte con l'estrazione della colonna vertebrale cibernetica dell'avversario, fondamentale per rigenerare la barra della stessa Modalità Blade e per recuperare in un colpo solo l'intera energia vitale del protagonista.
Se é vero come é vero che la Modalità Blade rappresenta la vera essenza del gioco per quanto concerne il combat system (al punto da diventare fondamentale nei sette boss fight che sarete costretti ad affrontare), é altrettanto vero che tale opzione non rappresenta la sola alternativa a disposizione di Raiden. Sebbene il numero di combo disponibili non raggiunga il livello di eccellenza riscontrato in altre produzioni firmate sempre Platinum Games, Metal Gear Rising: Revengeance può fregiarsi di un sistema di combattimento decisamente completo e vario, basato sì sull'uso alternato di due soli pulsanti d'azione ma pur sempre capace di offrire al giocatore diverse soluzioni offensive legate tanto alla posizione del protagonista rispetto al suo nemico quanto alla propria capacità di parare i colpi dell'avversario (attraverso l'azione combinata del tasto deputato alla parata e dello stick analogico di sinistra), fondamentale per annullare ogni possibile danno e soprattutto per attivare particolari contromosse miscelate ad azioni in QTE dal risultato visivo quanto mai appagante.
In puro stile Metal Gear Solid, non manca, inoltre, l'opportunità di arricchire il proprio arsenale con granate a frammentazione e EMP, lanciarazzi, l'immancabile scatola di cartone e perfino cornici digitali osé utili per distogliere l'attenzione del nemico, mentre completamente nuova é l'opportunità di migliorare in corso d'opera l'equipaggiamento base di Raiden, grazie all'acquisto di nuove mosse e nuovi upgrade per nanotuta e spada e, perché no, anche attraverso l'acquisizione (come arma supplementare da affiancare a quella principale) delle armi speciali dei boss appena sconfitti.
Dal punto di vista puramente tecnico Metal Gear Rising: Revengeance conferma le qualità dello studio Platinum Games in fatto di Action in terza persona ad alto tasso di velocità. Forte di un framerate ancorato salvo rare eccezioni (riscontrabili alcune indecisioni del motore in modalità blade) ai canonici 60 FPS, il gioco si dimostra decisamente solido, veloce e frenetico, mai troppo banale sul fronte delle ambientazioni ed assolutamente all'altezza del compito per quanto concerne sia la qualità delle animazioni (tanto di Raiden quanto dei numerosi nemici che si avvicenderanno in corso d'opera) che soprattutto gli effetti speciali, con particolare riguardo per tutte le azioni in modalità blade. Sul fronte del gameplay, appare più che condivisibile la scelta di alternare fasi di gioco “classiche” ad azioni in Quick Time Event decisamente d'impatto, così come l'idea di intervallare le diverse sezioni di gioco con cutscene realizzate con lo stesso motore del gioco, utili sia per riprendere fiato e comprendere al meglio il Kojima pensiero che soprattutto per donare al tutto un taglio decisamente cinematografico. Volendo cercare il classico pelo nell'uovo, più di un dubbio viene sia sulla sulla gestione del sistema di inquadrature (tendenzialmente portato a perdere una visione di campo accettabile durante le fasi di gioco più concitate) che sulla varietà di attacco di alcune classi dei nemici, mentre al contrario va rimarcata sia l'ottimo doppiaggio (in inglese opportunamente sottotitolato nella nostra lingua) e la colonna sonora –rocckeggiante- a corredo che soprattutto la perfetta implementazione del sistema di controllo, reattivo e preciso in ogni circostanza come si conviene per un titolo che fa proprio della velocità e dell'accuratezza il proprio punto di forza.
Considerazione a parte merita, infine, il capitolo longevità. Dopo le indiscrezioni degli ultimi giorni, abbiamo verificato direttamente se il tempo totale di gioco si attestasse effettivamente sul tempo di 5 ore e 30. Fermo restando che stando a quanto apparso sulla schermata finale il gioco é stato concluso in circa 7 ore e 30, é opportuno segnalare che tale timing non tiene conto né dei filmati di intermezzo né tantomeno del tempo di gioco effettivamente “speso”, badando piuttosto a fare una somma dei tempi più bassi ottenuti nelle diverse sottosezioni facenti parte il livello completo. Il tutto non tiene, inoltre, conto nemmeno del fattore rigiocabilità dovuto alle VR Mission di Metal Geariana memoria, affrontabili attraverso l'apposita modalità a patto di essere sbloccate in corso d'opera (leggasi anche trovarle all'interno delle diverse locazioni) durante l'azione di gioco vera e propria.
Ambientato quattro anni dopo gli eventi narrati in Metal Gear Solid 4, Metal Gear Rising: Revengeance descrive i fatti immediatamente successivi alla caduta dei Patriots, con il collasso dell'intero sistema finanziario ad essi connesso ed il conseguente ridimensionamento delle numerose PMC (Private Military Company) sparse per il mondo in vere e proprie microsocietà di mercenari ad altissimo tasso cibernetico.
Abbandonato definitivamente il ruolo di agente della Fox, l'ex membro scelto Raiden ha deciso di far parte della Maverick Security Consulting, una PMC paramilitare decisamente atipica, votata per lo più al mantenimento dell'ordine appena stabilito attraverso operazioni di scorta armata per le maggiori personalità di spicco del mondo politico.
Costretto suo malgrado ad assistere impotente all'uccisione del primo ministro di una nazione africana in fase di sviluppo che avrebbe dovuto proteggere, Raiden deciderà tuttavia di riscendere in campo e dare libero sfogo alla propria natura di “Jack: The Ripper” e di scrivere una volta per tutte la parola fine sui desideri di conquista della PMC “Desperado Enforcement” e del suo misterioso spadaccino “Sam”, responsabile al pari del capo dell'unità dell'efferato assassinio che potrebbe alfine minare il fragilissimo equilibrio così faticosamente raggiunto.
Seppur profondamente diverso sotto il profilo del gameplay puro, Revengeance ha il “merito” di sprizzare Metal Gear Solid da tutti i pori. E non ci riferiamo soltanto alla scelta di adottare un HUD del tutto identico (codec compreso) a quello di MGS 4 o all'idea e di sfruttare gear, personaggi e situazioni viste in passato nello stesso gioco, ne tantomeno alla scelta di sfruttare frequenti cutscene (fortunatamente meno lunghe di quelle esibite in Guns of the Patriots) di stampo prettamente cinematografico tra un combattimento e l'altro.
Stiamo parlando della chiara influenza esercitata da Hideo Kojima all'interno del progetto Revengeance, alfine di offrire al giocatore l'ennesimo viaggio introspettivo in un mondo in cui bene e male non hanno mai contorni troppo netti ed in cui la figura dell'uomo samurai disposto al massimo sacrificio per la salvezza dei più deboli assume un ruolo predominante.
Pur trattandosi di un titolo assolutamente a sé stante, Metal Gear Rising: Revengeance ha il merito di assolvere al compito di ideale trade union fra due mondi decisamente distanti tra loro, riuscendo alfine ad unire alla complessità narrativa dei titoli firmati Hideo Kojima il dinamismo tipico degli action game creati dal team Platinum Games.
Si perché, é bene ricordarlo, Metal Gear Rising: Revengeance non vuole essere un nuovo capitolo dell'epica saga di Solid Snake, ma un vero e proprio titolo di rottura da affiancare alla serie principale, capace di offrire un differente punto di vista (e di gioco) dello stesso sconfinato mondo da cui trae, di fatto, la propria forza.
Abbandonata la classica impostazione da stealth game tipica di Metal Gear Solid in favore di un sistema di gioco decisamente più diretto e frenetico, in Metal Gear Rising: Revengeance la parola d'ordine é “Zandatsu”, o taglia ed afferra se preferite.
Giustificata attraverso la necessità da parte del protagonista di assorbire in maniera pressoché continua gli elettroliti (leggasi anche energia vitale) contenuti nelle spine dorsali cibernetiche dei nemici, in Revengeance al giocatore non é lasciato, infatti, troppo spazio per approntare azioni elusive (per quanto presenti seppur in forma piuttosto edulcorata) che non prevedano l'uso diretto della forza. Giocare al titolo firmato Platinum Games significa, di fatto, affrontare un percorso ad ostacoli fatto di continui combattimenti corpo a corpo, all'interno del quale sfruttare a dovere le combo disponibili basate sull'uso alternato della parata, del colpo veloce e di quello pesante, in attesa di poter dar libero sfogo alla famigerata Modalità Blade.
Attivabile tramite la semplice pressione di un tasto (dorsale sinistro) previo l'accumulo di una certa quantità di energia nell'apposita barra posta sulla parte superiore dello schermo, tale opzione consente in sostanza di rallentare l'azione per un limitato periodo di tempo e di concentrare i fendenti eseguibili liberamente attraverso l'uso di entrambi gli stick (quello di sinistra per controllare l'altezza del fendente e quello di destra per determinarne la direzione) sui punti vitali del malcapitato di turno (evidenziati a schermo attraverso dei semplici quadrati di colore rosso), per un tripudio di scintille e smembramenti degni del peggior Jack lo Squartatore, culminante il più delle volte con l'estrazione della colonna vertebrale cibernetica dell'avversario, fondamentale per rigenerare la barra della stessa Modalità Blade e per recuperare in un colpo solo l'intera energia vitale del protagonista.
Se é vero come é vero che la Modalità Blade rappresenta la vera essenza del gioco per quanto concerne il combat system (al punto da diventare fondamentale nei sette boss fight che sarete costretti ad affrontare), é altrettanto vero che tale opzione non rappresenta la sola alternativa a disposizione di Raiden. Sebbene il numero di combo disponibili non raggiunga il livello di eccellenza riscontrato in altre produzioni firmate sempre Platinum Games, Metal Gear Rising: Revengeance può fregiarsi di un sistema di combattimento decisamente completo e vario, basato sì sull'uso alternato di due soli pulsanti d'azione ma pur sempre capace di offrire al giocatore diverse soluzioni offensive legate tanto alla posizione del protagonista rispetto al suo nemico quanto alla propria capacità di parare i colpi dell'avversario (attraverso l'azione combinata del tasto deputato alla parata e dello stick analogico di sinistra), fondamentale per annullare ogni possibile danno e soprattutto per attivare particolari contromosse miscelate ad azioni in QTE dal risultato visivo quanto mai appagante.
In puro stile Metal Gear Solid, non manca, inoltre, l'opportunità di arricchire il proprio arsenale con granate a frammentazione e EMP, lanciarazzi, l'immancabile scatola di cartone e perfino cornici digitali osé utili per distogliere l'attenzione del nemico, mentre completamente nuova é l'opportunità di migliorare in corso d'opera l'equipaggiamento base di Raiden, grazie all'acquisto di nuove mosse e nuovi upgrade per nanotuta e spada e, perché no, anche attraverso l'acquisizione (come arma supplementare da affiancare a quella principale) delle armi speciali dei boss appena sconfitti.
Dal punto di vista puramente tecnico Metal Gear Rising: Revengeance conferma le qualità dello studio Platinum Games in fatto di Action in terza persona ad alto tasso di velocità. Forte di un framerate ancorato salvo rare eccezioni (riscontrabili alcune indecisioni del motore in modalità blade) ai canonici 60 FPS, il gioco si dimostra decisamente solido, veloce e frenetico, mai troppo banale sul fronte delle ambientazioni ed assolutamente all'altezza del compito per quanto concerne sia la qualità delle animazioni (tanto di Raiden quanto dei numerosi nemici che si avvicenderanno in corso d'opera) che soprattutto gli effetti speciali, con particolare riguardo per tutte le azioni in modalità blade. Sul fronte del gameplay, appare più che condivisibile la scelta di alternare fasi di gioco “classiche” ad azioni in Quick Time Event decisamente d'impatto, così come l'idea di intervallare le diverse sezioni di gioco con cutscene realizzate con lo stesso motore del gioco, utili sia per riprendere fiato e comprendere al meglio il Kojima pensiero che soprattutto per donare al tutto un taglio decisamente cinematografico. Volendo cercare il classico pelo nell'uovo, più di un dubbio viene sia sulla sulla gestione del sistema di inquadrature (tendenzialmente portato a perdere una visione di campo accettabile durante le fasi di gioco più concitate) che sulla varietà di attacco di alcune classi dei nemici, mentre al contrario va rimarcata sia l'ottimo doppiaggio (in inglese opportunamente sottotitolato nella nostra lingua) e la colonna sonora –rocckeggiante- a corredo che soprattutto la perfetta implementazione del sistema di controllo, reattivo e preciso in ogni circostanza come si conviene per un titolo che fa proprio della velocità e dell'accuratezza il proprio punto di forza.
Considerazione a parte merita, infine, il capitolo longevità. Dopo le indiscrezioni degli ultimi giorni, abbiamo verificato direttamente se il tempo totale di gioco si attestasse effettivamente sul tempo di 5 ore e 30. Fermo restando che stando a quanto apparso sulla schermata finale il gioco é stato concluso in circa 7 ore e 30, é opportuno segnalare che tale timing non tiene conto né dei filmati di intermezzo né tantomeno del tempo di gioco effettivamente “speso”, badando piuttosto a fare una somma dei tempi più bassi ottenuti nelle diverse sottosezioni facenti parte il livello completo. Il tutto non tiene, inoltre, conto nemmeno del fattore rigiocabilità dovuto alle VR Mission di Metal Geariana memoria, affrontabili attraverso l'apposita modalità a patto di essere sbloccate in corso d'opera (leggasi anche trovarle all'interno delle diverse locazioni) durante l'azione di gioco vera e propria.
Metal Gear Rising: Revengeance
8
Voto
Redazione
Metal Gear Rising: Revengeance
Non é un Metal Gear Solid nel senso più stretto del termine e come detto non voleva nemmeno esserlo. Metal Gear Rising: Revengeance va pertanto valutato per quello che é il suo target, ovvero un titolo dinamico e divertente, impegnativo quanto basta e capace di regalare svariate ore di sano, truculento, divertimento. Certo, Platinum Games ha dimostrato di saper essere ancora più incisiva in fatto di Action Game adrenalinici, ma ci si augura che questo possa essere solo l'inizio di una nuova, sfavillante serie di titoli dedicati al demone bianco.