Might and Magic Heroes VI

di Marco Modugno
Serial developers. Dopo i serial killers, spietati assassini che popolano le locandine dei film degli ultimi decenni, oltre che le cronache giudiziarie dei Paesi del mondo civilizzato, ecco emergere, da un po' di tempo a questa parte, un'altra categoria quasi altrettanto proterva. Capace cioé di non lasciar andare un franchise videoludico prima di averlo spolpato fino all'osso. Ecco allora che spuntano sugli scaffali dei negozi titoli con accanto numeri sempre più alti. Non solo il 2 o il 3, che chiunque si aspetterebbedopo il successo di un buongioco, ma anche 4, 5, 6 e così via. Un famoso serial game nipponico, caratterizzato da personaggi di fantasiacon pettinature realizzate con il cianacrilato e spadoni da una tonnellata che fanno assieme la gioiae il crucciodi una generazione intera di cosplayer, hasuperato da un pezzo le due cifre e si prepara, probabilmente, a battere con il numero diuscite, seguite alla prima release,quello degli scudetti vinti dalla Vecchia Signora.



La sensazione,confermata durante la fase di test della versione definitiva di questa sesta (sic!)puntata di Heroes of Might & Magic, é che per arrivare a tanto i team di sviluppo spessosi ritrovino costretti a grattare il pavimento,dopo aver consumato il fondo del barile che c'era sopra. Le formule di gioco, infatti, ben difficilmente possono essere rinnovateo implementate in modo significativo da un capitolo all'altro e allora si finisce soltanto per spremere un po' la grafica, dare una mano di vernice brillante al prodotto e poi tentare di rivenderlo, quanto meno, allo zoccolo sempre piùconsumato degli appassionati fanboy della serie, cercando di catturare anche qualche neofita, per soprammisura. Per tentare di rimpiazzare almeno in parte le perditepatite per superato limite d'età o stanchezza nei confronti di gameplay che, vuoi o non vuoi, finiscono bene o male per assomigliare sempre più a se stessi.

Il subentro di Blackhole a 3DO nello sviluppo, pronta ad iniettare nel filone tradizionale del titolo Ubi una robusta dose di "warhammerite" di provenienza Games Workshop (date un'occhiata alla nuova fazione degli orchi e capirete al volo!) non riesce, alla fine, a rinnovare una formula che somiglia a quella del titolo con il numero V (leggi 5). Il che può certamente rappresentare un bene per quanti, tra i seguaci del franchise, hanno già preso la mano con i comandi e le impostazioni delle precedenti puntate e sono ben contenti di poter saltare a pié pari, in questo modo, qualsiasi accenno di tutorial. O per quanti sono, per loro stessa inclinazione, fedeli per principio alla linea, fondamentalisti in senso stretto, ultraconservatori (videoludicamente parlando) così attaccati ad una formula di gameplay, con le sue luci e le sue immancabili ombre, da preferire che essa rimanga graniticamente immutata, e vadano pure a quel paese gli smanettoni, con le loro velleità tecniche e d'innovazione a tutti i costi!

Siccome però stiamo parlando di un videogioco e non di una statua in bronzo o di uno stile pittorico, l'eccessiva fedeltà al modello seriale rischia di deludere il resto del pubblico, ossia chiunque si avvicini ad un prodotto del genere con la voglia di scoprire cosa c'é di nuovo, d'inedito, di rivoluzionario in esso. Va da sé che quel numero già significativamente alto accanto al titolo dovrebbe bastare da solo a suggerire la risposta a simili attese che un titolo come MM:H VI può offrire. Per tutti quelli,inguaribilmente ingenui come me, tuttavia, nonostante l'età non più verdissima, che osservano da sempre scorrere la barra del progresso dell'installazione di un nuovo gioco con lo stesso entusiasmo, del tutto scevro da preconcetti, meglio fare qualche precisazione, prima di esprimere l'inevitabile giudizio critico finale.

Ovvio che, essendo il numero della versione cresciuto di unità rispetto al passato, il comparto tecnico non può non aver beneficiato dall'evoluzione naturale dei motori grafici e dell'hardware disponibile sul mercato. Il gioco si presenta meglio del predecessore, é un dato di fatto, soprattutto sotto il profilo della fluidità nelle scene affollate e nella gestione di luci e ombre. Decisamente ben realizzate le ambientazioni della campagna, sulla trama della quale vi rimandiamo alla preview da noi pubblicata qualche tempo fa, anche se nessuno di voi, ci scommetto l'Unico Anello contro una pipa hobbit rotta e rincollata da Pipino, griderà al miracolo d'innovazione vedendole. I ragazzi di Blackhole mostrano di conoscere bene il repertorio del genere, e la cosa vale anche per quel che riguarda la colonna sonora in generale, e questo é tutto. Senza che la parola eccellenza sfiori mai, però, nemmeno per una volta, i pensieri del vostro povero recensore.