Mindjack
di
“Fuori di testa” più per il suo concetto che per la qualità, ci duole dirlo. Purtroppo, non puoi ottenere troppo quando - accompagnati ad un paio di buone idee - ci sono i soliti cliché. Uscito un po' (molto) in sordina, questo Mindjack é il classico titolo con potenziale sprecato. I controlli fanno le bizze, i nemici sono tra i più stupidi di sempre, le coperture non coprono, i boss fanno ridere e il corpo a corpo fa andare di corpo. Vanta forse i peggiori errori della storia, eppure non riusciamo ad odiarlo fino in fondo. Le pecche son tante, troppe perché possiamo parlare di un gioco sufficiente, ma per una volta decidiamo di mettere da parte il mero studio analitico per fare spazio ai sentimenti. Il cuore ci dice che, nonostante tutto, siamo arrivati ai titoli di coda senza troppi fastidi, persino esaltandoci in alcune scene, grazie anche ad un gameplay per nulla da buttare. Il classico titolo, dicevamo, che prometteva tanto ma che é crollato miseramente a causa di inesperienza, pochi fondi o qualunque altro terzo motivo a noi ignoto.
La trama é anch'essa un classico. Un tizio, agente segreto, deve recuperare un altro tizio. Il protagonista sbatte il muso contro la verità, si ritrova contro la propria organizzazione, capeggiata da un ennesimo tizio, districandosi tra arzigogoli fantapolitici su larga scala, esperimenti su cavie umane e così via. L'intreccio, narrato tramite l'alternarsi di cut-scenes e flashback, non é poi chissà quanto chiaro. Nomi e sigle (di pura fantasia, essendo ambientato nel futuro prossimo) vengono sputati fuori ad una velocità impressionante, e si arriva alla fine con quel po' di dubbio che, in un racconto così lineare, non dovrebbe neanche esistere. Ha anche i suoi momenti, con personaggi digitali che tutto sommato recitano degnamente e scelte di regia talvolta sorprendenti, ma si ferma lì. Non aspettatevi niente di nuovo, sotto questo fronte.
La vera protagonista del gioco, però, é l'abilità di Jim (il nostro uomo) di entrare nei corpi altrui, sia umani che meccanici. Questo peculiare potere (di cui sarà spiegata la vera natura solo dopo molte ore di gioco) aggiunge una dimensione tutta nuova a quello che sarebbe stato uno sparatutto in terza persona come tanti. Con l'apposito tasto, infatti, potremo “abbandonare” il corpo ospite e viaggiare col pensiero per la mappa di gioco, infiltrandoci nelle menti più deboli. Per “menti deboli” intendiamo non solo quelle dei nemici in punto di morte, ma persino quelle dei normali civili che assistono agli scontri a fuoco.
Immaginate la scena. Parliamo di un TPS alla Gears of War, con coperture dietro le quali ripararsi e la perenne presenza di un partner pronto a rivitalizzarci, in caso di imminente Game Over. La situazione si fa calda, perché i cattivoni di turno ci puntano da una posizione di vantaggio. Muoversi equivarrebbe a morte certa. E, fidatevi, nessuno vuole morire in un gioco con checkpoint distanziati mezz'ore intere l'uno dall'altro. In questi casi basta semplicemente entrare nel corpo di un civile nascosto dietro le linee nemiche, comandarlo in prima persona e fare una strage prendendo gli avversari alle spalle. Inizialmente é una possibilità molto interessante, che regala al gameplay quella strada in più in cui lanciarsi che non fa mai male, ma perde un po' di smalto quando ci si accorge che gli utilizzi del “Mindhacking” si limitano solo a questo. Non ci sono alternative alle sparatorie, si comanda i PNG solo per mandarli alla mattanza o per farli combattere tra di loro.
Per non parlare dei boss, uno più stupido nell'altro. Le tattiche, per tutta l'avventura, saranno principalmente due: prendere il lanciarazzi del soldato di turno e abbatterlo con quello, oppure liberarsi degli scagnozzi che lo accompagnano. Nel secondo caso, é divertente (inizio parte ironica) stare lì a crivellare di colpi per un quarto d'ora il boss di turno, per poi scoprire che bastava togliere di mezzo la normale fanteria per innescare una sequenza filmata e la sua conseguente sconfitta. Ora che già lo sapete, magari passerete meno tempo di noi a scervellarvi sul come superare una certa sezione.
In linea di massima, il prodotto (della classica durata di 7-8 ore) non é niente di diverso da una serie di filmati e arene da ripulire. Niente diramazioni, niente rompicapi, solo sparatorie nude e crude. Non é neanche così pesante come sembra: alla fine, tra un Mindhack e l'altro, ogni combattimento assume un'interpretazione personale. Il giocatore ha spesso libertà totale sul come uscire dai guai, e non é di certo un male. Finisce di sorprendere dopo i primi 10 minuti, certo, ma non diventa mai totalmente noioso o privo di sfida.
La trama é anch'essa un classico. Un tizio, agente segreto, deve recuperare un altro tizio. Il protagonista sbatte il muso contro la verità, si ritrova contro la propria organizzazione, capeggiata da un ennesimo tizio, districandosi tra arzigogoli fantapolitici su larga scala, esperimenti su cavie umane e così via. L'intreccio, narrato tramite l'alternarsi di cut-scenes e flashback, non é poi chissà quanto chiaro. Nomi e sigle (di pura fantasia, essendo ambientato nel futuro prossimo) vengono sputati fuori ad una velocità impressionante, e si arriva alla fine con quel po' di dubbio che, in un racconto così lineare, non dovrebbe neanche esistere. Ha anche i suoi momenti, con personaggi digitali che tutto sommato recitano degnamente e scelte di regia talvolta sorprendenti, ma si ferma lì. Non aspettatevi niente di nuovo, sotto questo fronte.
La vera protagonista del gioco, però, é l'abilità di Jim (il nostro uomo) di entrare nei corpi altrui, sia umani che meccanici. Questo peculiare potere (di cui sarà spiegata la vera natura solo dopo molte ore di gioco) aggiunge una dimensione tutta nuova a quello che sarebbe stato uno sparatutto in terza persona come tanti. Con l'apposito tasto, infatti, potremo “abbandonare” il corpo ospite e viaggiare col pensiero per la mappa di gioco, infiltrandoci nelle menti più deboli. Per “menti deboli” intendiamo non solo quelle dei nemici in punto di morte, ma persino quelle dei normali civili che assistono agli scontri a fuoco.
Immaginate la scena. Parliamo di un TPS alla Gears of War, con coperture dietro le quali ripararsi e la perenne presenza di un partner pronto a rivitalizzarci, in caso di imminente Game Over. La situazione si fa calda, perché i cattivoni di turno ci puntano da una posizione di vantaggio. Muoversi equivarrebbe a morte certa. E, fidatevi, nessuno vuole morire in un gioco con checkpoint distanziati mezz'ore intere l'uno dall'altro. In questi casi basta semplicemente entrare nel corpo di un civile nascosto dietro le linee nemiche, comandarlo in prima persona e fare una strage prendendo gli avversari alle spalle. Inizialmente é una possibilità molto interessante, che regala al gameplay quella strada in più in cui lanciarsi che non fa mai male, ma perde un po' di smalto quando ci si accorge che gli utilizzi del “Mindhacking” si limitano solo a questo. Non ci sono alternative alle sparatorie, si comanda i PNG solo per mandarli alla mattanza o per farli combattere tra di loro.
Per non parlare dei boss, uno più stupido nell'altro. Le tattiche, per tutta l'avventura, saranno principalmente due: prendere il lanciarazzi del soldato di turno e abbatterlo con quello, oppure liberarsi degli scagnozzi che lo accompagnano. Nel secondo caso, é divertente (inizio parte ironica) stare lì a crivellare di colpi per un quarto d'ora il boss di turno, per poi scoprire che bastava togliere di mezzo la normale fanteria per innescare una sequenza filmata e la sua conseguente sconfitta. Ora che già lo sapete, magari passerete meno tempo di noi a scervellarvi sul come superare una certa sezione.
In linea di massima, il prodotto (della classica durata di 7-8 ore) non é niente di diverso da una serie di filmati e arene da ripulire. Niente diramazioni, niente rompicapi, solo sparatorie nude e crude. Non é neanche così pesante come sembra: alla fine, tra un Mindhack e l'altro, ogni combattimento assume un'interpretazione personale. Il giocatore ha spesso libertà totale sul come uscire dai guai, e non é di certo un male. Finisce di sorprendere dopo i primi 10 minuti, certo, ma non diventa mai totalmente noioso o privo di sfida.