Moho
di
Redazione Gamesurf
Semmai, a rendere più interessante gli scontri, interviene il modello fisico della biglia su cui ci spostiamo, con la sua altissima inerzia iniziale e la difficile governabilità alle alte velocità che rende molto goffi gli spostamenti sul posto. In queste condizioni non é più tanto importante come si combatte, ma il riuscire a cogliere il bersaglio. In questo siamo fortunatamente aiutati dal controllo analogico (mediante il solito dualshock), decisamente più adatto al modello fisico della biglia di quanto non lo sia la croce direzionale. Sempre a proposito di Dualshock, i designer non hanno dimenticato di sfruttare le vibrazioni, programmandone alcune veramente poderose quando il nostro personaggio viene messo KO o piomba a terra da una piattaforma collocata troppo in alto, con conseguente danneggiamento
LE ARENE
Se Marble Madness era un gioco bidimensionale in prospettiva isometrica, Moho non può dimenticarsi di girare su una PlayStation, e quindi é, ovviamente un titolo 3D con visuale a tre quarti dall'alto. Non mancano le rotazioni, su entrambi gli assi, anche se vengono usate quasi esclusivamente per presentare l'arena e quasi mai durante nell'azione vera e propria. Le arene, simili a dei canyon tecnologici delimitati da barriere metalliche, vantano un effetto chiamato air brush texture blending che migliora in modo sostanziale l'ampiezza della palette, facendo assomigliare il quadro a un disegno eseguito con l'areografo. Moho vanta un totale di circa ottanta quadri, suddivisi in numerose "prigioni" che, sostanzialmente, individuano i livelli di gioco e che vengono sbloccate man mano che si superano le arene precedenti
In queste arene possiamo trovare praticamente di tutto. Possono essere aree estremamente limitate dove impegnarsi in una specie di rugby violento contro alcuni nemici oppure percorsi molto lunghi, dove occorre seguire una pista precisa, attraverso piattaforme, ostacoli, grate inceneritrici, spuntoni metallici e raggi laser per arrivare infine all'uscita. Ci sono arene dedicate al combattimento puro e altre dove possiamo affinare le nostre doti acrobatiche, sfruttando la fisica della biglia per catturare una serie di bonus, come in un moderno Sonic 3D, prendendo velocità su piste arcuate tali e quali a quelle concepite per lo skateboarding o l'on line skating
LE ARENE
Se Marble Madness era un gioco bidimensionale in prospettiva isometrica, Moho non può dimenticarsi di girare su una PlayStation, e quindi é, ovviamente un titolo 3D con visuale a tre quarti dall'alto. Non mancano le rotazioni, su entrambi gli assi, anche se vengono usate quasi esclusivamente per presentare l'arena e quasi mai durante nell'azione vera e propria. Le arene, simili a dei canyon tecnologici delimitati da barriere metalliche, vantano un effetto chiamato air brush texture blending che migliora in modo sostanziale l'ampiezza della palette, facendo assomigliare il quadro a un disegno eseguito con l'areografo. Moho vanta un totale di circa ottanta quadri, suddivisi in numerose "prigioni" che, sostanzialmente, individuano i livelli di gioco e che vengono sbloccate man mano che si superano le arene precedenti
In queste arene possiamo trovare praticamente di tutto. Possono essere aree estremamente limitate dove impegnarsi in una specie di rugby violento contro alcuni nemici oppure percorsi molto lunghi, dove occorre seguire una pista precisa, attraverso piattaforme, ostacoli, grate inceneritrici, spuntoni metallici e raggi laser per arrivare infine all'uscita. Ci sono arene dedicate al combattimento puro e altre dove possiamo affinare le nostre doti acrobatiche, sfruttando la fisica della biglia per catturare una serie di bonus, come in un moderno Sonic 3D, prendendo velocità su piste arcuate tali e quali a quelle concepite per lo skateboarding o l'on line skating
Moho
Moho
Moho è un parto della fantasia che si basa sul modello fisico delle biglie e ci offre un gran numero di arene con compiti diversi da assolvere. La curva d'apprendimento è un po' bizzarra e dovremo superare qualche livello prima di immergerci nel cuore dell'azione. Il controllo del nostro personaggio è l'aspetto più riuscito del gioco, mentre gli altri elementi, tratti dai picchiaduro e dai titoli sportivi, fungono da valido contorno. Peccato veramente per quei trenta quadri al secondo e la longevità non proprio elevatissima. In conclusione, un gioco che si ispira ai canoni di immediatezza e di divertimento dei coin-op degli anni ottanta, che non vi impegnerà per moltissimo tempo ma può essere un diversivo valido dai soliti platform/adventure/picchiaduro, se non si è troppo esigenti in termini di frame rate e non si cerca uno spessore tale da far schiantare un romanzo di Emily Bronte.