MotorStorm Apocalypse
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Districarsi in un labirinto di rampe, scorciatoie, avversari agguerriti e conformazione variabile del percorso non sono azioni inedite per il videogiocatore odierno. Split Second: Velocity docet. La terza iterazione di Motorstorm però punta l'acceleratore così prepotentemente sull'esasperata spettacolarità distruttiva e un'esperienza adrenalinico-viscerale che difficilmente trova cloni nel mercato odierno, distaccandosi addirittura dai suoi due illustri predecessori. A scanso di equivoci Apocalypse é un racing game arcade fracassone all'ennesima potenza, istintivo, veloce, che esilia qualsivoglia velleità di realismo, una sfida di riflessi e sopravvivenza che premia più la caparbia e cattiveria del giocatore che non le sue abilità prettamente tecniche alla guida. Un'esaltazione forse addirittura esasperata del genere arcade che viene superata solamente dalla folle matrice distruttiva che permea l'intera ambientazione di gioco.
Le premesse sono valide quanto disgraziato il tempismo, purtroppo, ma non é questa sede per simili disquisizioni. Una serie di terremoti e tsunami colpiscono la faglia di Sant'Andrea e qualche pazzo che non ha a cuore la vita ha l'insana idea di organizzare gare che si svolgono in contemporanea alla catastrofe. Una San Francisco che si sbriciola davanti agli occhi del giocatore é l'apocalittico scenario di gioco, ed é superfluo dire che se ne vedrà di ogni: crolli di palazzi, ponti che si frantumano davanti ai nostri occhi, strade stritolate dai detriti, carcasse di auto in ogni dove, elementi scenici che vengon giù come grandine, un criminale in moto che superandovi vi mostra il dito medio e viene subitamente seppellito sotto la caduta di un'imbarcazione. Dinnanzi a quest'onta di distruzione si rimane quasi incantati, si ha senso di smarrimento dinnanzi allo spettacolo pirotecnico distruttivo messo in piedi dai ragazzi di Evolution Studios, affidatisi indubbiamente a eventi scriptati a non finire, ma capaci di una cosmesi visiva superba, più per tecnica che non per stile.
Ma dietro il tripudio di esplosioni ed eventi rovinosi cosa si cela? Dell'esile trama meglio non parlarne. La campagna in singolo, denominata Festival, non é esente da vizi, primo su tutti l'incauta decisione di precludere al giocatore la scelta del mezzo da utilizzare in gara, il che stride con la grande varietà di veicoli presenti; muscle car, quad, motocicli, dune buggy, tir e chi più ne ha più ne metta. E quale che sia la tipologia di gara affrontata, il leitmotiv sarà sempre e solo uno: rimanere in vita fino ad aver tagliato il traguardo. Le piste infatti, infarcite di rampe, sopraelevate, salti a non finire vengono letteralmente sconvolte e rimaneggiate durante la gara, in modo da premiare la capacità di reazione del giocatore e il suo istinto di sopravvivenza più che qualche ardita strategia, essendo inconcepibile che utilizzando sagacemente le scorciatoie non si abbia sensibile guadagno in termini di posizionamento.
La loro struttura prevede spesso un'articolazione su più livelli e il loro look può variare sensibilmente a ogni giro: conoscere a fondo il tracciato e le eventuali variazioni dello stesso durante la corsa sarà fondamentale per sfruttare stradine non troppo affollate, rinfrescare il mezzo con l'acqua delle pozzanghere o sfruttare una concatenazione di rampe che vi consentirà la vantaggiosa alternanza dell'utilizzo del turbo al raffreddamento del motore in volo. Lo sciagurato bilanciamento della difficoltà fa sì che gare facilissime o quasi (esattamente i due terzi del Festival) diano poi il cambio ad eventi che presentano picchi di difficoltà inauditi, portandovi a ristagnare parecchio nella stessa pista.
La moneta da spendere per tagliare il traguardo nelle prime posizioni é come da tradizione il turbo e il suo sagace utilizzo: un uso eccessivo può decretare il surriscaldamento del motore, al che si richiede al giocatore di massimizzarne l'impiego evitando fonti di calore, raffreddandolo il mezzo con acqua o lasciandolo qualche istante a riposo. Novità é data dai piccoli strafe laterali che consumano una porzione di boost: grazie a questi movimenti repentini sarà possibile colpire l'avversario con tutte le conseguenze del caso, rendendo le gare ancor più gagliarde. É bene però precisare che tra le superficialità sono da ascrivere una fisica dei mezzi opinabile, una longevità in singolo che fatica a superare le otto ore e una dubbia rigiocabilità. Cosa rimane? Non poco, perché nel breve periodo di tempo Motorstorm Apocalypse risulta dannatamente divertente, e il novero delle ore di svago aumenta nella discreta modalità multiplayer che consente veri e propri massacri fino a sedici giocatori online o un massimo di quattro con schermo condiviso. In tal caso si corre più che mai a cavallo della linea di mezzeria che separa lo schiantarsi contro un muro all'essere scaraventati fuori pista da un avversario criminale, che si spera ben più coriaceo e agguerrito di quando pilotato dall'IA della cpu.
Il fattore sicuramente più squisito dell'intera produzione é il reparto tecnico, per quanto gli esteti potrebbero obiettare di trovarsi di fronte a un prodotto a tratti “grezzo”, meritevole di qualche limatura. Siamo lontani anni luce dai panorami da sogno di Pacific Rift, e non c'é nulla che riesca nemmeno lontanamente a toccare le corde del cuore del giocatore. Più per tecnica che non per stile, come già detto, impressiona Apocalypse, capace di mettere su schermo anche l'impensabile mantenendo un frame rate ancorato ai trenta fotogrammi al secondo. A farne le spese é una texturizzazione non certo esemplare, alcuni problemi di pop-up e qualche imprecisione nelle collisioni, che comunque scalfiscono tanto quanto il buon colpo d'occhio generale. Il reparto audio é duro come ci si possa aspettare da una simile produzione, per quanto sia doveroso ammettere che chi scrive é intollerante alla musica elettronica. Validi gli effetti sonori, decoroso il doppiaggio in lingua nostrana.
Le premesse sono valide quanto disgraziato il tempismo, purtroppo, ma non é questa sede per simili disquisizioni. Una serie di terremoti e tsunami colpiscono la faglia di Sant'Andrea e qualche pazzo che non ha a cuore la vita ha l'insana idea di organizzare gare che si svolgono in contemporanea alla catastrofe. Una San Francisco che si sbriciola davanti agli occhi del giocatore é l'apocalittico scenario di gioco, ed é superfluo dire che se ne vedrà di ogni: crolli di palazzi, ponti che si frantumano davanti ai nostri occhi, strade stritolate dai detriti, carcasse di auto in ogni dove, elementi scenici che vengon giù come grandine, un criminale in moto che superandovi vi mostra il dito medio e viene subitamente seppellito sotto la caduta di un'imbarcazione. Dinnanzi a quest'onta di distruzione si rimane quasi incantati, si ha senso di smarrimento dinnanzi allo spettacolo pirotecnico distruttivo messo in piedi dai ragazzi di Evolution Studios, affidatisi indubbiamente a eventi scriptati a non finire, ma capaci di una cosmesi visiva superba, più per tecnica che non per stile.
Ma dietro il tripudio di esplosioni ed eventi rovinosi cosa si cela? Dell'esile trama meglio non parlarne. La campagna in singolo, denominata Festival, non é esente da vizi, primo su tutti l'incauta decisione di precludere al giocatore la scelta del mezzo da utilizzare in gara, il che stride con la grande varietà di veicoli presenti; muscle car, quad, motocicli, dune buggy, tir e chi più ne ha più ne metta. E quale che sia la tipologia di gara affrontata, il leitmotiv sarà sempre e solo uno: rimanere in vita fino ad aver tagliato il traguardo. Le piste infatti, infarcite di rampe, sopraelevate, salti a non finire vengono letteralmente sconvolte e rimaneggiate durante la gara, in modo da premiare la capacità di reazione del giocatore e il suo istinto di sopravvivenza più che qualche ardita strategia, essendo inconcepibile che utilizzando sagacemente le scorciatoie non si abbia sensibile guadagno in termini di posizionamento.
La loro struttura prevede spesso un'articolazione su più livelli e il loro look può variare sensibilmente a ogni giro: conoscere a fondo il tracciato e le eventuali variazioni dello stesso durante la corsa sarà fondamentale per sfruttare stradine non troppo affollate, rinfrescare il mezzo con l'acqua delle pozzanghere o sfruttare una concatenazione di rampe che vi consentirà la vantaggiosa alternanza dell'utilizzo del turbo al raffreddamento del motore in volo. Lo sciagurato bilanciamento della difficoltà fa sì che gare facilissime o quasi (esattamente i due terzi del Festival) diano poi il cambio ad eventi che presentano picchi di difficoltà inauditi, portandovi a ristagnare parecchio nella stessa pista.
La moneta da spendere per tagliare il traguardo nelle prime posizioni é come da tradizione il turbo e il suo sagace utilizzo: un uso eccessivo può decretare il surriscaldamento del motore, al che si richiede al giocatore di massimizzarne l'impiego evitando fonti di calore, raffreddandolo il mezzo con acqua o lasciandolo qualche istante a riposo. Novità é data dai piccoli strafe laterali che consumano una porzione di boost: grazie a questi movimenti repentini sarà possibile colpire l'avversario con tutte le conseguenze del caso, rendendo le gare ancor più gagliarde. É bene però precisare che tra le superficialità sono da ascrivere una fisica dei mezzi opinabile, una longevità in singolo che fatica a superare le otto ore e una dubbia rigiocabilità. Cosa rimane? Non poco, perché nel breve periodo di tempo Motorstorm Apocalypse risulta dannatamente divertente, e il novero delle ore di svago aumenta nella discreta modalità multiplayer che consente veri e propri massacri fino a sedici giocatori online o un massimo di quattro con schermo condiviso. In tal caso si corre più che mai a cavallo della linea di mezzeria che separa lo schiantarsi contro un muro all'essere scaraventati fuori pista da un avversario criminale, che si spera ben più coriaceo e agguerrito di quando pilotato dall'IA della cpu.
Il fattore sicuramente più squisito dell'intera produzione é il reparto tecnico, per quanto gli esteti potrebbero obiettare di trovarsi di fronte a un prodotto a tratti “grezzo”, meritevole di qualche limatura. Siamo lontani anni luce dai panorami da sogno di Pacific Rift, e non c'é nulla che riesca nemmeno lontanamente a toccare le corde del cuore del giocatore. Più per tecnica che non per stile, come già detto, impressiona Apocalypse, capace di mettere su schermo anche l'impensabile mantenendo un frame rate ancorato ai trenta fotogrammi al secondo. A farne le spese é una texturizzazione non certo esemplare, alcuni problemi di pop-up e qualche imprecisione nelle collisioni, che comunque scalfiscono tanto quanto il buon colpo d'occhio generale. Il reparto audio é duro come ci si possa aspettare da una simile produzione, per quanto sia doveroso ammettere che chi scrive é intollerante alla musica elettronica. Validi gli effetti sonori, decoroso il doppiaggio in lingua nostrana.