Musashi Samurai Legend
di
Brave Fencer Musashi, apparso sulla prima Playstation tanto in Giappone quando in Nord America, riuscì a catalizzare l'attenzione dei più attenti estimatori del genere (al secolo: l'action RPG) pur non raggiungendo l'eccellenza e pur senza ricercare l'epiteto di capolavoro.
Tenuti in considerazione i tempi d'uscita, potremmo dire che un paragone generale fra l'episodio in analisi ed il capostipite della giovanissima serie chiamata in causa vede certamente un netto vantaggio a favore del più anziano dei due.
Che del resto il samurai di casa Squaresoft (pardon, Squarenix) non sia più lo stesso lo si può dedurre da un confronto fra il personaggio semplice e tutto sommato simpatico del passato con quello caratterialmente abbozzato, bizzarramente pettinato ed altrettanto stranamente vestito del presente (i veri problemi sono chiaramente ben altri, ed esulano come vedremo da qualsiasi paragone od effetto nostalgia).
Il cel shading qui sfoggiato si comporta comunque più che egregiamente, palesando le notevoli affinità con l'universo degli anime al quale il titolo si ispira (prova ne sia anche l'introduzione firmata Gainax) e mostrando il fianco unicamente in una certa ripetitività dei motivi caratterizzanti gli ambienti (siano essi esterni od interni).
E' nel settore acustico che si annotano tuttavia le magagne estetiche, e dire che da dei compositori secondi a nessuno ed insuperabili come quelli della software house sviluppatrice ci si poteva attendere decisamente di meglio (la colonna sonora è, al pari del parlato anglosassone, pressoché anonima).
Come dire: l'eccezione che conferma, in un curriculum musicale così altolocato, la regola.
Questo cartonesco mondo che fa da teatro alle nostre vicende è quello dei Mistici, un popolo che per mezzo della sua principessa ha evocato da un'altra dimensione e senza preavviso proprio Musashi (a scanso di equivoci: gli amanti del paese del sol levante non si aspettino quel M. Miyamoto del mito e della storia).
Egli dovrà fare suoi gli elementi di madre natura racchiusi in delle spade, salvare il salvabile, scovare i salvabili (Antheum, la città fluttuante, va infatti ripopolata e rafforzata liberando gli abitanti dalle regioni terrene dove sono racchiusi in sfere bluastre) e naturalmente combattere il male impersonato nel caso da un'eccentrica organizzazione criminale. Per quanto concerne le cinque spade legate al destino del mondo, esse hanno in delle giovani fanciulle le proprie custodi le quali dovranno essere per prima cosa liberate, per brevi tratti portate in braccio, se necessario anche utilizzate come armi (oppure lanciate in aria per concedere al loro "cavaliere" di sfoderare la katana e liquidare gli oppositori) ed infine portate al sicuro nella città natia.
Peccato che questa idea non sia stata sfruttata concettualmente con più ingegno e nella pratica con più continuità. La storia del medium insegna infatti che l'incontro, il contatto e la cooperazione diretta fra due personaggi uno maschile e l'altro femminile- diano vita a ad una grande immersione virtuale.
Si pensi allo scorcio di Ocarina of Time in cui Link accompagna la principessa Ruto all'interno dello stomaco di Jabu Jabu, o ancora, si veda Ico ed il legame che il protagonista sancisce con l'eterea Yorda; due illustri esempi (il primo votato al puzzle-solving, il secondo al pathos) che Samurai Legend forse avrebbe potuto fare suoi.
Trascendendo infatti da delle canoniche (olo)carte da collezionare, da delle piatte sessioni su veicoli ed da alcuni, brevi momenti rievocanti il genere platform (accenni ad una qualche variazione dalla formula principale), il nostro paladino andrà incontro per la maggiore ad un'autentica mattanza di nemici (i più sono robotici o tratti da un bestiario di fantasia).
Armato di una katana e di un'arma secondaria decisamente più pesante (inizialmente sarà un remo poi verranno dispensate le varie lame elementali), Musashi si avvarrà da una parte della presenza di differenti difficoltà selezionabili e della possibilità di gestire la propria evoluzione ad ogni level up (decidendo se aumentare determinate caratteristiche oppure incrementarle tutte omogeneamente), dall'altra dovrà fronteggiare una talvolta eccessiva apparizione di nemici e quindi una complementare svalutazione degli scontri.
Peraltro, dopo aver effettuato nei confronti degli antagonisti un lock on-scansione (R1), dopo aver premuto quadrato al momento giusto, atteso il momento propizio, lottato con una telecamera a volte poco amica ed infine dopo aver pigiato i tasti indicati su schermo, sarà possibile emularne un particolare attacco (qualora concesso).
Aldilà del metodo sopradescritto (i cui margini di semplificazione non mancano), l'ammontare complessivo delle tecniche di battaglia è da ritenersi più che buono (non tutte sono poi originarie dal nemico: alcune, come il contrattacco, si apprendono ad esempio dal maestro felino Mao).
Un sistema di combattimento in real time dunque dai due volti, perché da una parte efficiente e dall'altra ripetitivo ed alla lunga noioso (senza dubbio non stupisce per novità, sicuramente era perfettibile).
Eppure, il vero lato ludico in cui Samurai Legend si dimostra altamente deficitario (o forse è il suo colpo di grazia) è, ahinoi, l'esplorazione proposta.
Anzitutto, per la stragrande maggioranza delle volte, forzieri e prigionieri risultano essere troppo esposti e facilmente reperibili (ribadendo una facilità di fondo con cui il titolo si fa giocare); in secondo luogo lo spirito di scoperta viene limitato, se non stroncato sul nascere, dalla deludente linearità con cui sono state edificate le zone esplorabili (nessuna esclusa).
Se si aggiunge al tutto il back tracking richiesto fin dalle prime battute di una trama dal canto suo semplicistica, si avrà un quadro della situazione complessiva e del gameplay offerto.
Alla luce di quanto fin qui esposto, insomma, il nuovo Musashi si è perso per strada non riuscendo a colmare lacune su cui oggi, anno Domini 2005, non si può affatto soprassedere.
Tenuti in considerazione i tempi d'uscita, potremmo dire che un paragone generale fra l'episodio in analisi ed il capostipite della giovanissima serie chiamata in causa vede certamente un netto vantaggio a favore del più anziano dei due.
Che del resto il samurai di casa Squaresoft (pardon, Squarenix) non sia più lo stesso lo si può dedurre da un confronto fra il personaggio semplice e tutto sommato simpatico del passato con quello caratterialmente abbozzato, bizzarramente pettinato ed altrettanto stranamente vestito del presente (i veri problemi sono chiaramente ben altri, ed esulano come vedremo da qualsiasi paragone od effetto nostalgia).
Il cel shading qui sfoggiato si comporta comunque più che egregiamente, palesando le notevoli affinità con l'universo degli anime al quale il titolo si ispira (prova ne sia anche l'introduzione firmata Gainax) e mostrando il fianco unicamente in una certa ripetitività dei motivi caratterizzanti gli ambienti (siano essi esterni od interni).
E' nel settore acustico che si annotano tuttavia le magagne estetiche, e dire che da dei compositori secondi a nessuno ed insuperabili come quelli della software house sviluppatrice ci si poteva attendere decisamente di meglio (la colonna sonora è, al pari del parlato anglosassone, pressoché anonima).
Come dire: l'eccezione che conferma, in un curriculum musicale così altolocato, la regola.
Questo cartonesco mondo che fa da teatro alle nostre vicende è quello dei Mistici, un popolo che per mezzo della sua principessa ha evocato da un'altra dimensione e senza preavviso proprio Musashi (a scanso di equivoci: gli amanti del paese del sol levante non si aspettino quel M. Miyamoto del mito e della storia).
Egli dovrà fare suoi gli elementi di madre natura racchiusi in delle spade, salvare il salvabile, scovare i salvabili (Antheum, la città fluttuante, va infatti ripopolata e rafforzata liberando gli abitanti dalle regioni terrene dove sono racchiusi in sfere bluastre) e naturalmente combattere il male impersonato nel caso da un'eccentrica organizzazione criminale. Per quanto concerne le cinque spade legate al destino del mondo, esse hanno in delle giovani fanciulle le proprie custodi le quali dovranno essere per prima cosa liberate, per brevi tratti portate in braccio, se necessario anche utilizzate come armi (oppure lanciate in aria per concedere al loro "cavaliere" di sfoderare la katana e liquidare gli oppositori) ed infine portate al sicuro nella città natia.
Peccato che questa idea non sia stata sfruttata concettualmente con più ingegno e nella pratica con più continuità. La storia del medium insegna infatti che l'incontro, il contatto e la cooperazione diretta fra due personaggi uno maschile e l'altro femminile- diano vita a ad una grande immersione virtuale.
Si pensi allo scorcio di Ocarina of Time in cui Link accompagna la principessa Ruto all'interno dello stomaco di Jabu Jabu, o ancora, si veda Ico ed il legame che il protagonista sancisce con l'eterea Yorda; due illustri esempi (il primo votato al puzzle-solving, il secondo al pathos) che Samurai Legend forse avrebbe potuto fare suoi.
Trascendendo infatti da delle canoniche (olo)carte da collezionare, da delle piatte sessioni su veicoli ed da alcuni, brevi momenti rievocanti il genere platform (accenni ad una qualche variazione dalla formula principale), il nostro paladino andrà incontro per la maggiore ad un'autentica mattanza di nemici (i più sono robotici o tratti da un bestiario di fantasia).
Armato di una katana e di un'arma secondaria decisamente più pesante (inizialmente sarà un remo poi verranno dispensate le varie lame elementali), Musashi si avvarrà da una parte della presenza di differenti difficoltà selezionabili e della possibilità di gestire la propria evoluzione ad ogni level up (decidendo se aumentare determinate caratteristiche oppure incrementarle tutte omogeneamente), dall'altra dovrà fronteggiare una talvolta eccessiva apparizione di nemici e quindi una complementare svalutazione degli scontri.
Peraltro, dopo aver effettuato nei confronti degli antagonisti un lock on-scansione (R1), dopo aver premuto quadrato al momento giusto, atteso il momento propizio, lottato con una telecamera a volte poco amica ed infine dopo aver pigiato i tasti indicati su schermo, sarà possibile emularne un particolare attacco (qualora concesso).
Aldilà del metodo sopradescritto (i cui margini di semplificazione non mancano), l'ammontare complessivo delle tecniche di battaglia è da ritenersi più che buono (non tutte sono poi originarie dal nemico: alcune, come il contrattacco, si apprendono ad esempio dal maestro felino Mao).
Un sistema di combattimento in real time dunque dai due volti, perché da una parte efficiente e dall'altra ripetitivo ed alla lunga noioso (senza dubbio non stupisce per novità, sicuramente era perfettibile).
Eppure, il vero lato ludico in cui Samurai Legend si dimostra altamente deficitario (o forse è il suo colpo di grazia) è, ahinoi, l'esplorazione proposta.
Anzitutto, per la stragrande maggioranza delle volte, forzieri e prigionieri risultano essere troppo esposti e facilmente reperibili (ribadendo una facilità di fondo con cui il titolo si fa giocare); in secondo luogo lo spirito di scoperta viene limitato, se non stroncato sul nascere, dalla deludente linearità con cui sono state edificate le zone esplorabili (nessuna esclusa).
Se si aggiunge al tutto il back tracking richiesto fin dalle prime battute di una trama dal canto suo semplicistica, si avrà un quadro della situazione complessiva e del gameplay offerto.
Alla luce di quanto fin qui esposto, insomma, il nuovo Musashi si è perso per strada non riuscendo a colmare lacune su cui oggi, anno Domini 2005, non si può affatto soprassedere.