MX vs ATV Alive

di Davide Ottagono
Si sa, non sempre lo sport segue i canoni dal quale é nato. Così come le corse automobilistiche hanno una propria versione “underground”, anche il motociclismo propone una variante che non manca di appassionare i tifosi di tutto il mondo. Questa é il motocross. Famosa rivisitazione dei match su pista, questa disciplina catapulta i guidatori su tracciati sterrati e fangosi, costringendoli ad avere riflessi pronti e nervi d'acciaio per rispondere al meglio alle frequenti sollecitazioni causate dalla mancanza di asfalto. MX Vs ATV Alive riparte da qui.



La campagna in singolo ci permetterà di scegliere tra motocross e quad. Nonostante le ovvie differenze, le carriere non sono separate. Potremo quindi decidere ad ogni gara se cavalcare l'uno o l'altro veicolo, senza alcuna restrizione. Il sistema di guida, almeno in teoria, punta al realismo. Che ci riesca solo in parte, però, é un altro conto. La guidabilità sul terreno é tutto sommato ben riprodotta: decine di dossi e spaventose curve ad U sono sparse per la pista allo scopo di farci perdere il controllo, e in effetti basta sottovalutare un qualunque ostacolo per ritrovarsi col muso a terra. Purtroppo, non sempre il motore riesce a tenere testa alle aspettative: molte collisioni con gli avversari si concludono in compenetrazioni poligonali, mentre in alcune situazioni la tenuta da strada dei veicoli sfida selvaggiamente le leggi della fisica.

Il gameplay generale base la maggior parte del suo successo sulla guida a “doppio stick”. La levetta destra, infatti, comanda il peso del guidatore. Come ben sapranno gli appassionati di motociclismo, spostare il corpo mentre si é in sella ad un veicolo leggero incide pesantemente sulla traiettoria dello stesso. La famosa “piega”, insomma. Proprio come se giocassimo ad uno sparatutto, in Alive il trucco risiederà nello sfrecciare con l'aiuto di entrambi gli analogici: uno per la direzione e uno, appunto, per il peso. Con un po' di pratica, non solo si potranno prendere le curve in modo più stretto, ma anche sfruttare i dossi a proprio vantaggio. Buttandoci all'indietro al termine di una breve salita, ne guadagneremo in slancio per il seguente tratto aereo, a patto che si riesca poi ad atterrare con dolcezza e senza perdite di aderenza. Le funzioni della levetta destra sono molteplici e non finiscono qui: schiacciandola come fosse un pulsante, infatti, faremo sedere il nostro alter-ego, andando a “schiacciare” le sospensioni. Rilasciandole nell'esatto momento in cui ci staccheremo da terra, nel tratto ascendente di una collinetta, la spinta che ne conseguirà sarà ancora maggiore. I segnalini in basso aiuteranno a far comprendere questo sistema, inizialmente complesso ma in realtà aperto a tutti, a chi meno se ne intende di questa disciplina.



Il risultato é una bella lista di gare mai noiose, dove il giocatore é costretto a tenere d'occhio il tracciato metro dopo metro e a sfruttarne la sua conformazione, senza mai proseguire pigramente. Purtroppo, il bello finisce qui. Per quanto il gameplay sia mediamente godibile, é il design del gioco stesso a fare acqua da tutte le parti. Partiamo già solo dalla campagna in singolo e dal suo assurdo sistema di progressione. Tralasciando il fatto che non esistono modalità differenti dalle semplici corse, va sottolineato che al termine di ogni gara guadagneremo dei Punti Esperienza. E sin qui nulla di strano. La stranezza é l'assurda mole di Punti che serviranno ogni volta per sbloccare i match successivi. Esempio pratico: si parte dal livello 1 e da due gare diverse. Per sbloccare le prossime due, serve almeno un livello 10. Ed ecco che, per ore e ore, saremo costretti a ripetere quelle poche piste a disposizione, così da togliere il lucchetto alle successive. Purtroppo, sarà lo stesso una volta arrivati al 15, al 20 e così via. Ci si chiede perché, allora, i premi siano stati spartiti così imparzialmente. Perché, al posto di offrire una pista nuova ogni 100 “retry”, non si é pensato di accorciare i tempi distribuendo meglio gli sbloccabili? Il pensiero cade subito su una furba trovata degli sviluppatori per diluire al massimo una campagna che, normalmente, sarebbe durata massimo un'oretta. Ovviamente, “furba” é una parola grossa.

Gli extra da vincere, fortunatamente, sono tanti. Spaziano da modifiche estetiche e interne per i veicoli ad equipaggiamento ed abilità per il nostro personaggio. Lo stesso editor dei mezzi é sorprendente e dalle mille possibilità. Il sistema di premi a medagliette aiuta a tenere accesa l'attenzione del giocatore quel tanto che basta a non spararsi nelle gengive a causa dell'eccessiva ripetitività. Ironicamente, si é spinti a gareggiare più per manie di completismo verso il trilione di obbiettivi in-game che per il resto. Per staccare dalla pochezza delle corse, c'é la modalità Freeride. Un paio di mondi aperti sono a disposizione ad essere esplorati e spulciati fino all'ultimo angolo. Qui, l'obiettivo sarà dal battere nuovi record con i trick aerei alla semplice sessione d'allenamento. Purtroppo anche qui il mordente é poco, causa la pochezza dell'offerta.

Ovviamente, il comparto online é lì apposta per alleviare la pena straziante rappresentata dal singolo. In fin dei conti, niente di diverso dalla campagna principale: stesse piste, stessa penuria di modalità, ma quantomeno si gareggia con persone reali. Come spesso accade in questi casi, però, un titolo di così poco richiamo non accalappia chissà quanta utenza. Non solo i matchmaking risultano spesso lunghissimi, ma anche quelle volte che troviamo qualcuno non riusciamo ad allinearci sulla linea di partenza con più di due o tre partecipanti. Non é una vera colpa da imputare al gioco (se non indirettamente), ma resta comunque un importante avvertimento da dare all'acquirente, magari nella speranza che sul lungo termine cambi qualcosa.

Tecnicamente, anche qui abbiamo alti e bassi. Artisticamente ci siamo, e l'impatto visivo di alcune piste non é da sottovalutare, ma se andiamo ad analizzare il tutto con uno sguardo più attento, é inutile dire quanto sia facile trovarne i difetti. L'aliasing é piuttosto marcato, mentre il motore fisico (come abbiamo già detto) a volte fa le bizze. La sensazione generale é quella del classico prodotto rimasto in fase acerba, ancora piuttosto rozzo. Acerba anche la tracklist, interessante come orientamento musicale (rock e metal) ma davvero povera di contenuti. In totale ci saranno una decina di pezzi, destinati a ripetersi fino al voltastomaco sin da subito.