Myst

di Pietro Puddu
La prima versione portatile ufficiale di Myst, porting pressocchè pedissequo del titolo rilasciato su PC nel lontano 1993, è catalogabile come un'operazione di puro retrogaming; si presenta così l'occasione ideale per riscoprire un classico intramontabile dell'avventura grafica e l'origine di una saga storica, riuscito ad aggirare i canoni del genere e a conquistare con le sue atmosfere oniriche e cervellotiche un forte seguito di appassionati.


Certezze dal passato
Se il canovaccio tradizionale dell'avventura punta e clicca prevede il ruolo centrale di un protagonista carismatico (solitamente rappresentato tramite un avatar dalla forte presenza scenica e dallo spiccato spirito d'osservazione), l'inserimento di lunghi dialoghi con personaggi secondari dispensatori di informazioni e battute e la gestione di un inventario più o meno corposo in cui stipare gli oggetti utili raccattati, la visione concepita da Cyan Worlds cambia decisamente approccio.
Una prospettiva in prima persona proietta lo stesso videogiocatore in mondi ignoti, sospesi tra diverse realtà spazio-temporali, privi di qualsivoglia abitante a cui rivolgere la parola e spesso labirintici nella conformazione.
Il primo passo è quello di prendere confidenza con lo scenario e le sue diramazioni, tracciando una mappa mentale del luogo in funzione delle diapositive che ne forniscono di volta in volta parziale rappresentazione. La seconda e concomitante fase consiste nel registrare la presenza di congegni e strutture interagibili, tentando di intuirne l'enigmatico principio di attivazione e funzionamento, e nella consultazione di quei documenti scritti o messaggi filmati che si riescano a rintracciare, con la finalità di acquisire conoscenza sul mondo circostante e sulla vicenda fatta di viaggi dimensionali e faide familiari che riguarda lo scienziato/scrittore Atrus e di riflesso le sorti del giocatore/protagonista. Il terzo ed ultimo momento, quello determinante per il proseguo nel gioco, consiste nel sintetizzare l'insieme degli elementi acquisiti (in forma di idee, data la totale assenza di items collezionabili e quindi di un inventario) in una sorta di sequenza operativa del da farsi, individuando una rete di corrispondenze: dove, cosa, come e in che ordine sono le domande ricorrenti che occorrerà porsi.


Al di là della componente di esplorazione/pianificazione e di quella prettamente enigmistica, uno dei punti vincenti di Myst rimane la costruzione di un contesto audiovisivo coerente, affascinante ed avvolgente, nonostante l'assoluta semplicità delle soluzioni tecnologiche adottate. Gli scorci paesaggistici ed i dettagli scenografici che costituiscono le diverse schermate, realizzati in un bitmap spesso granuloso e solo raramente ravvivati da animazioni a dir poco elementari, riescono ancora ad emozionare l'osservatore e a raccontare una storia segreta, attraverso l'immutata carica evocativa; in quest'ottica, l'accompagnamento sonoro risulta complementare e assolutamente necessario: non solo dà voce alle immagini, alternando realistici suoni ambientali al tema musicale dominante, ma diventa protagonista nella risoluzione di rompicapi interamente uditivi.

Esigenze del presente
Sentimentalismi a parte, Myst avrebbe tratto enorme giovamento da quel lavoro di decisa e mirata attualizzazione che gli sviluppatori hanno scelto di non intraprendere, privilegiando l'aderenza formale all'opera originale.
La totale staticità di schermate dalla risoluzione e dalla profondità di colore anacronistiche, l'incertezza generata da un cursore "attempato" che non fornisce alcun suggerimento visivo riguardo le possibili interazioni contestuali ed alcuni enigmi di concezione arcaica, che obbligano a munirsi di carta e penna per appuntare vari memorandum o che fanno leva su piccole forzature per aumentare il fattore difficoltà, sono eredità che appesantiscono l'esperienza senza restituire alcun vantaggio.
Com'era purtroppo prevedibile, i suddetti problemi si vanno a sommare a qualche inedita incertezza realizzativa legata alla conversione su PSP; il controllo tramite dischetto analogico risulta lento ed approsimativo in confronto all'agevole soluzione rappresentata dal classico mouse (nelle manovre di precisione è consigliabile il passaggio alla croce digitale, poco reattiva negli spostamenti ampi ma sensibile ai piccoli tocchi ) ed i famigerati caricamenti da UMD non mancano di intromettersi, comportando brevi ma inopportune (e incomprensibili) pause anche nella semplice transizione tra videate successive.