Nanobreaker
Le scoperte scientifiche dell'ultimo secolo hanno cambiato radicalmente la vita a miliardi di persone (nel bene e nel male), talvolta rappresentando anche indiscussi passi in avanti per la qualità della vita. L'uomo, tuttavia, ha un'innata capacità di "andare oltre", osando più di quanto non sia lecito. E' questo il senso della storia raccontata nell'introduzione di Nanobreaker, l'ultima fatica della Konami nell'ambito degli sparatutto. In particolare si narra di un plausibile disastro ambientato nel 2015: dopo i progressi umani nel campo delle nanotecnologie, è stato deciso di trapiantare organismi sintetici all'interno del sangue della popolazione di una non ben specificata isola nei pressi degli Stati Uniti. Il beneficio atteso dal trapianto sarebbe consistito in miglioramenti della vita quotidiana...
Ma...
Effettivamente in queste circostanze deve esserci un "ma", altrimenti non saremmo qui a raccontare le vicende. Infatti qualcosa è andato storto, questa volta all'interno del computer centrale che ne governa il funzionamento: a seguito di un problema esso ha imposto agli innesti di fondersi ai tessuti umani, dando così vita agli Orgamech, una sorta di mostri meccanici dalle spiccate ambizioni imperialistiche. A contrastarne la conquista del mondo verrà richiamato un soldato che in passato si era reso protagonista di imprese memorabili, un tal Jake Warren.
Questo è il prologo che introduce il giocatore, nei panni di Jake, sul campo di battaglia che lo verrà impegnato contro i mostri meccanici. La storia, insomma, non sembra essere capace di aggiudicarsi un premio per l'originalità...
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A mani nude?
L'arsenale di cui disporremo sin dall'inizio consiste in una sofisticatissima spada, denominata Plasma Blade. Se questa tipologia di arma può sembrare, più che un anacronismo, una presa in giro, va detto che essa non è una spada qualunque, ma potrà evolvere con la raccolta di vari up-grades (sotto forma di chips) e, soprattutto, potrà cambiare forma in funzione delle esigenze: oltre a funzionare come spada, il nostro strumento potrà assumere le sembianze di un martello oppure di una frusta, a seconda delle impellenti esigenze di combattimento. I chips, invece, abiliteranno nuove e devastanti combo per fronteggiare con sempre più efficacia i nemici meccanici.
Tecnica & affini
Graficamente il gioco non eccelle affatto: una palette di colori piuttosto limitata caratterizza tutte le ambientazioni che, se non sono interamente grigie, hanno solo sfumature di pochi altre tonalità, limitando così la varietà degli scenari. A donare un po' di vivacità allo schermo ci pensa il nostro Jake, le cui evoluzioni sono coronate da effetti di scia tinteggiati e talvolta quasi psichedelici, accompagnati inoltre da distorsioni visive piuttosto inverosimili. Un altro tocco cromatico è fornito dai nostri avversari: ad ogni colpo inferto essi subiranno una perdita di un liquido che all'inizio potrebbe ricordare il sangue, ma che invece è stato definito dagli sviluppatori come olio rossastro. Tra le altre cose all'utente è fornita l'opportunità di cambiarne il colore, scegliendo tra (è proprio il caso di dirlo) un arcobaleno di possibilità.
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Sonoro idem
Anche il sonoro non si impegna minimamente per distinguersi dalla mediocrità generale del gioco, offrendo suoni poco incisivi e incapaci di attirare l'attenzione del giocatore.
E, come se non bastasse, anche il sistema di gestione delle telecamere ci mette talvolta del suo per ostacolarvi nella disinfestazione della famigerata isoletta, impedendovi di osservare liberamente nella direzione in cui sospettate ci sia un nemico da abbattere e facendovi così litigare furiosamente con la levetta analogica del vostro povero e innocente Dualshock. Per fortuna avrete a disposizione il radar, ma combattere alla cieca è comunque un'esperienza che non porta lontano.
Oltre a questo ci si mette anche il sistema di controllo, il quale non vi darà alcuna possibilità di interdire i vostri attacchi. Il problema è che non potrete bloccare nemmeno quelli caratterizzati da animazioni lente e lunghe, magari durante i quali avete notato che il nemico ha cominciato a sferrare uno delle sue azioni offensive: in quel caso nulla vi eviterà una batosta.
Lineare
Ciò che lascia maggiormente perplessi, tuttavia, è la struttura del gioco: esso consiste praticamente nell'avanzare in un'area che verrà chiusa da barriere invisibili, affrontare tutta una serie di nemici, quindi proseguire in un'altra area e così via, con ben poche altre varianti (come pochi puzzle). Non è fornita alcuna possibilità di interagire con gli scenari, così come non è possibile esplorare nulla. In due parole, si tratta di un gioco terribilmente lineare. E la diretta conseguenza di tale linearità è una noia allucinante, capace di demoralizzare in poco tempo anche gli appassionati del genere.
In conclusione
Nemmeno i boss di fine livello sono in grado di risollevare le sorti di questo Nanobreaker, in quanto non rappresentano una vera e propria sfida: una volta appresi i loro tipici comportamenti e il tempismo dei loro attacchi, sopravanzarli sarà facile e poco appagante.
In definitiva, siamo di fronte a un titolo mediocre, reo di essere estremamente lineare, prevedibile, tecnicamente poco valido e caratterizzato da una struttura di gioco farraginosa e poco stimolante. In poche parole, sul mercato si trova decisamente di meglio.
Ma...
Effettivamente in queste circostanze deve esserci un "ma", altrimenti non saremmo qui a raccontare le vicende. Infatti qualcosa è andato storto, questa volta all'interno del computer centrale che ne governa il funzionamento: a seguito di un problema esso ha imposto agli innesti di fondersi ai tessuti umani, dando così vita agli Orgamech, una sorta di mostri meccanici dalle spiccate ambizioni imperialistiche. A contrastarne la conquista del mondo verrà richiamato un soldato che in passato si era reso protagonista di imprese memorabili, un tal Jake Warren.
Questo è il prologo che introduce il giocatore, nei panni di Jake, sul campo di battaglia che lo verrà impegnato contro i mostri meccanici. La storia, insomma, non sembra essere capace di aggiudicarsi un premio per l'originalità...
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A mani nude?
L'arsenale di cui disporremo sin dall'inizio consiste in una sofisticatissima spada, denominata Plasma Blade. Se questa tipologia di arma può sembrare, più che un anacronismo, una presa in giro, va detto che essa non è una spada qualunque, ma potrà evolvere con la raccolta di vari up-grades (sotto forma di chips) e, soprattutto, potrà cambiare forma in funzione delle esigenze: oltre a funzionare come spada, il nostro strumento potrà assumere le sembianze di un martello oppure di una frusta, a seconda delle impellenti esigenze di combattimento. I chips, invece, abiliteranno nuove e devastanti combo per fronteggiare con sempre più efficacia i nemici meccanici.
Tecnica & affini
Graficamente il gioco non eccelle affatto: una palette di colori piuttosto limitata caratterizza tutte le ambientazioni che, se non sono interamente grigie, hanno solo sfumature di pochi altre tonalità, limitando così la varietà degli scenari. A donare un po' di vivacità allo schermo ci pensa il nostro Jake, le cui evoluzioni sono coronate da effetti di scia tinteggiati e talvolta quasi psichedelici, accompagnati inoltre da distorsioni visive piuttosto inverosimili. Un altro tocco cromatico è fornito dai nostri avversari: ad ogni colpo inferto essi subiranno una perdita di un liquido che all'inizio potrebbe ricordare il sangue, ma che invece è stato definito dagli sviluppatori come olio rossastro. Tra le altre cose all'utente è fornita l'opportunità di cambiarne il colore, scegliendo tra (è proprio il caso di dirlo) un arcobaleno di possibilità.
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Sonoro idem
Anche il sonoro non si impegna minimamente per distinguersi dalla mediocrità generale del gioco, offrendo suoni poco incisivi e incapaci di attirare l'attenzione del giocatore.
E, come se non bastasse, anche il sistema di gestione delle telecamere ci mette talvolta del suo per ostacolarvi nella disinfestazione della famigerata isoletta, impedendovi di osservare liberamente nella direzione in cui sospettate ci sia un nemico da abbattere e facendovi così litigare furiosamente con la levetta analogica del vostro povero e innocente Dualshock. Per fortuna avrete a disposizione il radar, ma combattere alla cieca è comunque un'esperienza che non porta lontano.
Oltre a questo ci si mette anche il sistema di controllo, il quale non vi darà alcuna possibilità di interdire i vostri attacchi. Il problema è che non potrete bloccare nemmeno quelli caratterizzati da animazioni lente e lunghe, magari durante i quali avete notato che il nemico ha cominciato a sferrare uno delle sue azioni offensive: in quel caso nulla vi eviterà una batosta.
Lineare
Ciò che lascia maggiormente perplessi, tuttavia, è la struttura del gioco: esso consiste praticamente nell'avanzare in un'area che verrà chiusa da barriere invisibili, affrontare tutta una serie di nemici, quindi proseguire in un'altra area e così via, con ben poche altre varianti (come pochi puzzle). Non è fornita alcuna possibilità di interagire con gli scenari, così come non è possibile esplorare nulla. In due parole, si tratta di un gioco terribilmente lineare. E la diretta conseguenza di tale linearità è una noia allucinante, capace di demoralizzare in poco tempo anche gli appassionati del genere.
In conclusione
Nemmeno i boss di fine livello sono in grado di risollevare le sorti di questo Nanobreaker, in quanto non rappresentano una vera e propria sfida: una volta appresi i loro tipici comportamenti e il tempismo dei loro attacchi, sopravanzarli sarà facile e poco appagante.
In definitiva, siamo di fronte a un titolo mediocre, reo di essere estremamente lineare, prevedibile, tecnicamente poco valido e caratterizzato da una struttura di gioco farraginosa e poco stimolante. In poche parole, sul mercato si trova decisamente di meglio.
Nanobreaker
4.5
Voto
Redazione
Nanobreaker
Nanobreaker ha ben poco da offrire: una grafica e un sonoro incapaci di stupire, una storia al limite della banalità, una struttura di gioco quasi anacronistica e una assoluta linearità delle ambientazioni rappresentano un ostacolo insormontabile per il successo di un gioco destinato a rimanere schiacciato da spessi strati di polvere.