NARC

di Andrea Casetti
Mentre mezza Italia si interroga su quale sarà il tormentone della prossima stagione canora estiva, è ormai chiaro che ad aggiudicarsi il ruolo di tormentone di inizio secolo, nell'ambito dei videogiochi, è stata la serie Grand Theft Auto: tutti i giocatori hanno assunto almeno una volta i panni di CJ (oppure del suo avo Tommy), tutti gli sviluppatori si pongono come obiettivo quello di bissare il successo della saga, tutti i redattori ne hanno parlato almeno una volta nei loro articoli (eventualmente come termine di paragone)...
Eppure un tale consenso da parte del grande pubblico deve aver sorpreso gli stessi programmatori della Rockstar: non bisogna dimenticare che i primi capitoli (GTA, GTA London e GTA 2, per intenderci quelli caratterizzati da una visuale dall'alto), apparsi sulla ormai "quasi nonna" PsOne, furono poco più di un gioco di nicchia, additati dalla critica come gioco diseducativo e intriso di violenza.


Redenzione?
La domanda sorge spontanea: visto che con il passaggio da GTA 2 a GTA 3 non è stato fatto nessuno sconto alla mole di violenza proposta, cosa lo ha portato ad essere una delle pietre miliari della PS2? La risposta è semplice: la critica ha continuato a storcere il naso, ma la chiave di tale successo risiede proprio nel passaggio a un hardware superiore, che ha apportato un ampliamento delle risorse tale da poter realizzare una meccanica di gioco innovativa, una realizzazione tecnica sopraffina, nonché una profondità di gioco capace di incollare allo schermo anche durante le fasi di esplorazione tra una missione e l'altra. Il grande merito di Rockstar, invece, è stato quello di vedere per prima la possibilità e di concretizzare al meglio un titolo davvero superbo.

Narc San Andreas?
Analizzando questo Narc, invece, si direbbe proprio che gli sviluppatori della "Point of View" abbiano pensato che i tempi fossero maturi per compiere un altro passo oltre al limite dell'accettabile, ma non devono essersi resi conto del fatto che quello intrapreso è un percorso difficile, fatto su un terreno insidioso, in cui un passo azzardato può portare facilmente a una dolorosa distorsione. In Narc avrete modo di vestire i panni di un paio di poliziotti (per la cronaca, tali Marcus Hill e Jack Forzenski) impegnati a combattere un grande cartello della droga. Il vostro obiettivo sarà quello di contrastare gli spacciatori in primis, quindi risalire la china della gerarchia dell'organizzazione malavitosa, fino ad arrivare al presidente, tale Mr Big. A prima vista si direbbe il classico titolo alla "Max Payne", in cui nessuno si lamenterà se non vi sforzate di sbattere in cella le vostre prede, piuttosto che massacrarle per strada. Ciò che contraddistingue questo Narc, tuttavia, è la possibilità di comportarvi come poliziotti buoni, oppure cattivi. E il fattore discriminante riguarderà proprio ciò che avrete modo di confiscare dai componenti del cartello, ovvero la droga: buono sarà quel poliziotto che porterà alla base ogni milligrammo di stupefacente, riducendo così (seppur di una minima frazione) gli allucinogeni circolanti i città.


Controverso
Cattivo, invece, sarà quel poliziotto che spaccerà ai passanti il materiale sequestrato per guadagnare denaro extra, oppure quello che lo assumerà per trarne vantaggio. In Narc, infatti, l'assunzione delle pasticche equivarrà ai vari potenziamenti che si vedono nei comuni giochi d'azione: la marijuana, per esempio, rallenterà il corso degli eventi alla stessa stregua del bullet time di Max Payne, l'LSD provocherà delle allucinazioni in grado di facilitarvi la vita nel riconoscere i cattivi, il crack vi sarà d'aiuto nella mira e così via. Questo aspetto rende il gioco quanto meno discutibile: nemmeno il target di pubblico (maggiorenne nella fattispecie) può giustificare un trattamento così allegro di tematiche così delicate.
Per fortuna, tali azioni avranno delle ripercussioni sul gioco: oltre ad influire sulla salute del vostro personaggio, anche l'indicatore di reputazione subirà delle conseguenze, in quanto ad ogni buona azione corrisponderà un incremento del punteggio, mentre a una cattiva azione (tra queste figurano anche gli arresti e i pestaggi di innocenti, oltre al mancato recapito in centrale della droga) conseguirà una diminuzione di tale livello, che alla lunga potrebbe portare al declassamento a vigilante e, in caso di diabolica perseveranza, all'espulsione dalle forze dell'ordine.

A piedi
Se come idea potrebbe risultare interessante, in realtà il tutto è stato implementato in modo approssimativo: dopo un'espulsione è troppo facile farsi riaccogliere a braccia aperte (basta arrestare un paio di spacciatori per veder risalire in modo vertiginoso il livello di reputazione), quando invece il buon senso lascerebbe presagire un lungo periodo di espiazione per riconquistarsi la fiducia dei superiori. Il gioco in sé consiste in una serie di missioni in stile GTA. Nello stesso stile GTA avrete a disposizione un'area urbana in cui, tra un compito e l'altro, muovervi ed esplorare (in questo caso alla ricerca di nascondigli di droga segreti) ma, a differenza del capolavoro Rockstar, non potrete fare affidamento ad alcun veicolo: le vostre gambe devono essere state reputate sufficienti a scorrazzarvi da una parte all'altra dell'ambientazione, la quale sembra stata progettata su misura, in quanto è poco più di un paesino.

Tecnicamente inconsistente
Il reparto in cui Narc sembra essere maggiormente deficitario, tuttavia, è quello grafico: la città è interamente ambientata nelle tenebre, limitando così la palette di colori. Se a tutto ciò si aggiunge una generale povertà di textures, la mancanza di quelle che una volta si chiamavano chicche grafiche (che ora invece sono l'elemento che distingue un titolo ben fatto da uno mediocre), le movenze ridicole del vostro personaggio mentre corre, le ombre davvero indescrivibili e i problemi di gestione delle telecamere si capisce come non sia stato sfruttato a dovere l'hardware a disposizione. Vanno inoltre menzionate le carenze in termini di AI dei nemici (capaci addirittura di corrervi incontro mentre gli sparate, o di fermarsi aspettando che li arrestiate) e dei passanti, delineando così uno scenario deprimente, tale da indurre chiunque a rivolgersi altrove.

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