Oddworld: Stranger's Wrath

di Giuseppe Schirru
"Mia madre non aveva mai tempo per me. Insomma, quando si è il figlio di mezzo in una famiglia di 5 milioni non ricevi nessuna attenzione."
Z in Z la formica

Tra cataste di titoli dalle dubbie qualità ludiche, spunta prepotentemente un piccolo diamante uscito dalla gioielleria Oddworld Inhabitants, un voltafaccia alla teoria dei seguiti fotocopia patrocinata da EA, a cui Lorne Lanning pare non prestare fede. I giochi, come le persone, non si valutano in base alle proprie compagnie: Gesù aveva amici reprensibili.

L'altra faccia dell'universo di Oddworld. Quella meno cervellotica, più frenetico\istintiva. Messe da parte le parcamente velate critiche a una società consumistica e alle grandi multinazionali, riflessioni etico\politiche, messaggi subliminali esplicati attraverso plot narrativi di dura denuncia, Stranger's Wrath abbandona la saggezza intellettuale dei capitoli passati a favore di una maturità ludica che gli permette il salto dal genere platform a quello action. Abrogare l'utilizzo della materia grigia a favore dell'azione repentina è opinabile: Oddworld non è un platform\puzzle game enigmistico, scelta che non si traduce aprioristicamente in un pacchetto ludico più o meno valido, ma in un'esperienza ricreativa dissomigliante. Oddworld Inhabitants non ha abiurato il passato, l'ha rinverdito secondo diversi dettami ludici.


Con OSW la saga volta pagina. La routine d'azione è tempestata di scontri contro avversari più o meno difficoltosi, ed è perfetta la corrispondenza biunivoca tra riprese in first and third person distinguenti due accordabili universi di gioco. Un'altalena tra visuale in prima e terza persona offre un quadro più equilibrato nell'ambito della razionalizzazione delle meccaniche ludiche, radicalizzando le sezioni bellicose e scindendole da quelle strettamente platform. Alle prime, aventi forze derivanti dall'arguzia dei proiettili viventi, vien data la massima dignità che gli spetta da un'inquadratura in soggettiva che insieme alla balestra deputata ad unica arma palesa venature da fps atipico, illustrando sapientemente "scontri a fuoco" succulenti; le seconde, immortalate da un cameraman alle spalle considerevolmente d'aiuto ai fini di una perfetta valutazione delle distanze e dello spazio circostante, risultano un riempitivo imprescindibilmente necessario per la varietà. Il vero referente non è né il primo, né il secondo, né il terzo capitolo della serie. Purtroppo, spesso vince la filosofia degli scontri ignoranti sull'utilizzo della materia grigia, ma è un rischio calcolato nella volontà di passaggio da puro e semplice platform\puzzle game a puro e semplice fps\platform. Gli Oddworld Inhabitants dimostrano la piena padronanza del loro talento nella ricerca del sottile equilibrio tra platform ed action ma è arduo rintracciare nel gameplay una ramificazione dicotomica che possa scindere le due derivazioni ludiche già citate. L'accentuata propensione all'uso della visuale in prima persona, che mostra la balestra d'ordinanza, può essere utilizzata in tutto il corso dell'avventura esaurendosi in esperienze similari a Turok. In tal senso, Stranger's Wrath poteva puntare a esprimere tutte le sue potenzialità grazie a una strategia negli scontri d'eccezionale vivezza che, invece, muore con la ripetitività dell'andamento dei combattimenti, con qualche sussulto dato da boss riusciti. Nemmeno reclutare piccoli animaletti da sparare ai cattivi di turno (ognuno con caratteristiche specifiche) allontana lo spettro della forza bruta a discapito del ragionamento tattico, una paura che emerge prepotentemente lungo le sfide coi vari nemici e appare come logica decontestualizzata alla serie. Laddove scarseggia la ragione, abbonda l'istintività senza riuscire a trovare un compromesso tra il randello e il fioretto. Solo in parte Oddworld rifugge da un'eventuale critica sulla convenzionalità dell'impianto fps: in tal senso funge da antidoto la presenza dei proiettili viventi, un intuizione che, non sapientemente sfruttata, a lungo andare acquista un sapore posticcio.


Nonostante la facciata western, come da tradizione Oddworld vira prepotentemente sull'umorismo, un sistema immunitario che lo redime da eventuali critiche inerenti lo script, invero pallido. L'asse centrale della narrazione ruota attorno a un'operazione chirurgica, Stranger deve accumulare 20.000 Bucks e il fine ultimo del cacciatore appare in tutta la sua triviale leggerezza: catturare i cattivi, vivi o morti. E il protagonista, come Abe, non vanta espressioni cariche di saggezza. Ma nemmeno di stupidità, non essendo il character design tirato fino ai limiti della caricatura. Tecnicamente Stranger's Wrath è l'apogeo della saga. Un character design che gronda d'espressività, giubilo di fronte a panorami mozzafiato e un frame rate costante anche nei momenti d'incandescenza. La caratteristica stilistica più rilevante sono gli accenti western, dove dominano colori caldi in un vasto campionario di paesaggi che regala scorci visivi degni di reminiscenza. In un concerto di sublimi voci digitalizzate, la scelta autolesionista della mancata localizzazione in italiano nega la sottile ironia disseminata lungo sprazzi d'avventura. Una disdetta, perché la saga ci ha abituato a localizzazioni divine.
Dopo Oddworld: Munch's Oddysee, i programmatori dimostrano una piena padronanza del 3D, coniugando sapientemente fasi platform a fps, con alcuni guizzi di originalità quali i proiettili viventi, ma la non certo ricca materia ludica fuoriuscente dalle due distinte visuali sfocia a lungo andare in ripetitività. Con un simile universo a disposizione, gli sviluppatori avrebbero potuto osare uno script di ben altro spessore, in parte ricompensato dalla carica di umorismo e ironia che, come da prassi, Oddworld elargisce a mani bucate. Il rimpianto è scaturito dall'assenza dei sottotitoli e un parlato completamente in inglese, un vero peccato.