Onimusha: Warlords
L’Epoca Sengoku del primo Onimusha… rimasterizzata
“Dicono che il Giappone è nato da una spada. Dicono che gli antichi dei hanno immerso una lama di corallo nell'oceano e che, al momento di estrarla, quattro gocce perfette sono cadute in mare e che quelle gocce sono diventate le isole del Giappone. Io dico che il Giappone è stato creato da una manciata di uomini coraggiosi, guerrieri disposti a dare la vita per quella che sembra ormai una parola dimenticata: onore.”
Le tematiche legate all’Epoca del Giappone Feudale hanno sempre avvolto qualsiasi media abbia deciso di affrontarle con un fascino mistico e allo stesso tempo tangibile, fiabesco ma altrettanto reale e crudo. È innegabile che la storia nipponica (e quel particolare periodo), porti con sé quel carisma capace di conquistare, a più riprese, il “popolo occidentale”: la citazione iniziale, tratta dal film L’Ultimo Samurai ne è solo un esempio.
È altrettanto vero che passioni e mode hanno la loro ciclicità, che si tratti di Pantaloni a Zampa, Scarpe FILA o di Antico Giappone. Ora, non ci possiamo pronunciare sul discutibile gusto estetico nel campo della moda ma siamo ben felici di vedere il “recente” e forte ritorno nel nostro settore, quello videoludico, di opere con il setting dell’Epoca Sengoku, tra Oni e Daimyō, Ninja e Samurai, Onore e Fiori di Loto.
Parliamo di un NiOh, dell’atteso nuovo lavoro di From Software Sekiro: Shadows Die Twice o della prossima esclusiva PlayStation 4, Ghost of Tsushima, dei ragazzi di Sucker Punch (inFamous).
Siamo, però, anche nel periodo di un’altra tendenza, quella delle rimasterizzazioni o dei remake dei classici del passato: Crash, Spyro, MediEvil, Yakuza, Shenmue, Resident Evil 2, etc.
In questo contesto s’inserisce perfettamente Onimusha: Warlords Remastered, riedizione di un gioco lanciato originariamente nel 2001, per PlayStation 2 e PC, nonché del primo capitolo della saga. Tornando alla citazione iniziale, Capcom ha immerso la propria lama digitale nel passato e, al momento di estrarla, delle gocce sono cadute nel mare delle remastered/remake. Una di quelle gocce è Onimusha: Warlords (un’altra goccia è RE2 Remake, per intenderci… -NdR-).
Non ci resta che capire quanto sia “perfetta” tale goccia, analizzando i diversi aspetti dell’opera.
Un Ronin contro i Genma, per la principessa, per il Giappone
Onimusha: Warlords è il capitolo introduttivo della serie e la remastered non apporta, ovviamente, alcuna modifica alla trama del prodotto originale.
Si tratta di una storia semplice che pur autoconclusiva pone le fondamenta ad una saga che comprende quattro capitoli.
Il plot si colloca temporalmente subito dopo la battaglia di Okehazama, giugno del 1560, che ha permesso a Oda Nobunaga di trionfare su Imagawa Yoshimoto e di divenire uno dei signori della guerra emergenti durante il belligerante periodo Sengoku.
Il protagonista, Samanosuke, è un giovane Samurai che ha girato il mondo, abbandonando guerre e fazioni, per nutrire il proprio sapere, vivendo e assimilando culture differenti.
Il suo ritorno in Giappone, che gli permette di assistere allo scontro finale della suddetta battaglia, è dovuto alla richiesta della principessa del clan Saito, Yuki, preoccupata dal verificarsi di inquietanti eventi e misteriose morti.
Come da prassi, quando Samanosuke arriva, è ormai troppo tardi… “Your Princess is in Another Castle”… E invece no: perché Samanosuke non è Super Mario e, sempre nel prologo, ritrova Yuki. E vissero tutti felici e contenti… E ancora NO, perché in quanto a fortuna siamo su livelli simili: i Demoni che hanno catturato la principessa sono troppo potenti perfino per un abile spadaccino. Rapidamente sconfitto e tramortito, l’eroe non può impedirne il rapimento.
È questo l’incipit dell’avventura vera e propria: Samanosuke è il guerriero umano scelto dagli Oni per combattere i Demoni che hanno invaso la Terra; ottiene da loro un guanto magico capace di conferirgli il potere necessario per intraprendere questa lotta… e per salvare Yuki.
Nonostante questo cliché narrativo, Capcom è stata abile a intrecciarlo con il background storico e mitologico del Sol Levante e ad arricchire la lore con interessanti letture (grazie ai numerosi collezionabili presenti): ne risulta una vicenda breve (circa quattro/cinque ore) ma intensa, tutt’altro che deludente dal punto di vista della sceneggiatura e forte di un’ottima regia.
Prendi Resident Evil, dagli più azione, immergilo nel Giappone Feudale
Onimusha: Warlords può essere identificato come un Action arricchito con alcune basilari meccaniche RPG. Capcom, al tempo, riuscì a traslare e adattare quelle dinamiche rese celebri dai franchise Resident Evil e Dino Crisis su un prodotto di natura differente; le similitudini sono però evidenti. Dalla telecamera angolare fissa con progressione “a scenari”, alla gestione dell’inventario, passando per la mappa e l’interfaccia di gioco.
Il giocatore controlla Samanosuke (e in alcuni frangenti Kaede, sua compagna d’avventura) attraverso il d-pad, utilizza il tasto A per interagire con l’ambientazione e gli oggetti, X per attaccare, Y per eseguire la mossa speciale e B per assorbire le diverse “essenze” dei Demoni sconfitti (energia fisica e spirituale o “anime” necessarie al level-up dell’equipaggiamento). I dorsali sinistro e destro controllano rispettivamente la parata e un simil lock-on.
Nonostante mantenga alcune atmosfere e sezioni “horror”, il titolo offre un ritmo più serrato rispetto a quello dei brand a cui il team di sviluppo aveva abituato: in Onimusha si combatte, e ci si diverte a farlo, grazie ad un combat-system che, anche ai giorni attuali, è capace di regalare delle soddisfazioni.
Il protagonista, così come la buona varietà di nemici, godono di un move-set tutt’ora buono e sono presenti delle boss-fight, di qualità altalenante, che offrono un discreto livello di sfida.
Ovviamente, parliamo pur sempre di un prodotto del 2001 riproposto, dal punto di vista del gameplay, senza particolari variazioni: pad alla mano, l’upgrade principale di questa versione Remastered è quello che permette di muovere i personaggi “a 360°” con l’analogico sinistro.
In merito alle sopra accennate meccaniche ruolistiche, il Guanto-Oni del Ronin permette attacchi elementali, equipaggiando tre differenti lame, di tipo fulmine, fuoco e vento. Le armi, e le tre relative sfere del potere, sono migliorabili su tre livelli utilizzando le “anime” raccolte dai nemici abbattuti. Il level-up consente di ottenere attacchi più efficienti e di varcare porte sigillate con la magia.
I potenziamenti possono essere effettuati in precise location grazie agli “Specchi Oni” che fungono anche da save-point.
L’offerta ludica include anche un mini-game in stile “Modalità Orda” e interessanti e ben studiate sezioni puzzle-solving, materia su cui Capcom aveva fatto esperienza nei precedenti lavori survival-horror.
Un’ulteriore aggiunta della riedizione consiste nella possibilità di selezionare il livello di difficoltà semplice già alla prima run (in realtà, anche a “normale” il titolo non risulta così ostico, salvo eccezioni sul finale).
Due Epoche, scusate, Generazioni dopo
In merito al comparto estetico, Warlords Remastered parte da una base già ai suoi tempi sorprendente: nel 2001, cutscenes di qualità impressionante, ottime animazioni, un buon livello di dettaglio, giochi di particellari e incredibili sfondi pre-renderizzati lasciavano certamente a bocca aperta. Nel 2019 l'impatto estetico è sicuramente meno rilevante ma il lavoro fatto da Capcom con questa riedizione è comunque valido. Al di là del passaggio dai 4:3 ai moderni 16:9, sono evidenti i miglioramenti sulle texture, ora in alta definizione (sia chiaro, non aspettatevi un Ghost of Tsushima) e sulla gestione dell’illuminazione (sia in-game che nelle sequenze filmate).
È, però, sul comparto audio che il team nipponico si è concentrato maggiormente, ricreando da zero il doppiaggio, perfettamente lip-sync, e rinnovando una soundtrack coinvolgente capace di enfatizzare le variazioni di ritmo del titolo.
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Redazione