Operation Flashpoint: Dragon Rising
di
Marco Modugno
“Before I went to Parris Island, I wasn't too strong and I wasn't too thin. They made me lean and they made me mean”. Sono le parole di una cadenza che I marines americani cantano durante le loro corse giornaliere sui campi d'addestramento e nelle caserme di mezzo mondo, e rende benissimo l'idea di cosa vi aspetta nel corso della campagna Dragon Rising, tema centrale di questo nuovo episodio del franchise Operation Flashpoint, passato dalle mani di Bohemia Interactive in quelle di Ego. Caso unico nel mondo degli FPS tattici, infatti, OFP-DR mantiene l'impostazione dei suoi predecessori e, nei panni del leader di una squadra di Marines Recon, vi permette di rivivere tutte le fasi di uno scontro di fanteria leggera, incluse le lunghe marce a piedi attraverso la natura selvaggia e pre-artica dell'isola di Skira, teatro dello scontro.
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Invece di limitarsi, quindi, a fotografare in modo cinematografico solo le fasi interessanti della battaglia, intese come quelle in cui accade davvero qualcosa in termini di scambio di pallottole, il gioco, nella migliore tradizione dei titoli della serie, costringe il giocatore a calarsi nella parte di un vero soldato, sottoposto alla fatica di un lungo trasferimento con zaino affardellato su terreno impervio, alla tensione di chi procede attraverso una fitta vegetazione con la possibilità di essere ingaggiato da forze ostili da un momento all'altro, allo stress di dover pianificare, in una mappa davvero free roaming, tattiche e avvicinamenti all'obiettivo con il rischio di vederle vanificate in un istante da un colpo fortunato del nemico.
In questo senso, e adoperando volutamente termini di vita militare, si può dire che OFP sta a Modern Warfare come un incursore sta ad un piantone in uniforme storica da parata. Mentre i giochi delle fortunate serie Call of Duty e Medal of Honor, infatti, pur rimanendo prodotti d'eccellenza che il sottoscritto non si stanca mai di giocare, strizzano decisamente troppo l'occhio al cinema d'azione, lasciando che la storia proceda su binari più o meno stretti, ma comunque vincolanti, attraverso una sequenza ben architettata di eventi scriptati che assomiglia ad una riuscita sceneggiatura hollywoodiana, OFP fa una scelta drasticamente diversa. Il realismo, si dissero a suo tempo gli sviluppatori di BI che oggi proseguono la loro fortunata carriera con la serie ArmA, sfortunatamente riservata al solo pubblico PC, si fa attraverso la creazione di un'ambientazione free roaming autentica, dove non ci siano siepi invalicabili o muretti di un metro che non possono essere aggirati, nella quale i protagonisti siano costretti a spostarsi in tempo reale, percorrendo chilometri per raggiungere un posto di controllo, un obiettivo o una base amica, e nel frattempo siano esposti di continuo, proprio come accade in guerra, all'incontro inatteso don pattuglie nemiche, mezzi da combattimento, o all'attacco di un elicottero cannoniera.
La scelta, ben inteso, ha i suoi pro e contro. Un approccio che, all'inizio specialmente, può sembrare eccessivamente radicale, rischia di scoraggiare i neofiti e gli affezionati agli FPS dallo stile maggiormente rambistico, abituati a fare strage di nemici a colpi di fucile d'assalto in full auto, senza battere ciglio, vincendo praticamente la guerra da soli, o poco ci manca. Contrariamente a quanto accade nei titoli concorrenti, in Dragon Rising l'ingaggio con gli avversari avviene quasi sempre a distanze elevate, oltre i cento metri, dove più che l'accuratezza delle texture che compongono il nemico o la precisione della gestione del ragdoll nel mostrare un'uccisione spettacolare, conta la velocità nel gettarsi a terra e ordinare fuoco di soppressione, oltre che nell'identificare, spesso solo dalla vampa dell'arma quando spara, la posizione del tiratore avversario prima di spedirgli sulla testa un'HE da quaranta MikeMike per azzittirlo. La guerra senza compromessi di OFP, come di ArmA, é rimasta negli anni appannaggio gradito di una cerchia abbastanza ristretta di appassionati del realismo e la scelta di oggi, a distanza di qualche anno dallo sfortunato esperimento di un titolo dedicato alla vecchia Xbox, di sviluppare un porting per 360 si rivela quanto mai coraggiosa. Eppure, lo dice uno che si sciroppò con gusto sul PC Cold War Crisis ed entrambe le espansioni, a suo tempo, la missione si rivela all'atto pratico un successo pieno.
La giocabilità, infatti, grazie all'implementazione di un sistema di comandi quasi ottimale (migliorabile é la gestione degli ordini alla squadra, non sempre intuitiva, specie quando ti stanno sparando addosso e devi scegliere in fretta), si rivela uno dei cavalli vincenti del titolo, garantendo ai possessori di console un'esperienza che non ha nulla a che invidiare agli utenti di macchine da scrivania. La possibilità, poi, di giocare su uno schermo grande e ad alta definizione (46” Full HD, nel mio caso) si rivela una carta vincente, dato l'elevato livello di qualità delle texture dell'ambientazione garantito da uno sfruttamento ottimale del motore Havok.
Ovviamente, data l'estensione della mappa di gioco (l'isola di Skira, liberamente ispirata a quella realmente esistente di Kiska, una delle più meridionali dell'arcipelago delle Aleutine, é riprodotta perfettamente e per intero, e stiamo parlando di una location lunga trentacinque chilometri e larga da due a dieci), si deve perdonare qualche sbavatura e imprecisione, e accordare ai modelli poligonali un livello qualitativo appena più basso di titoli che, però, mostrano porzioni topografiche ben più ristrette per potersi permettere effetti grafici più energici. Sono però assenti pop up e altre fastidiose caratteristiche spesso riscontrate nei giochi free-roaming e, nella versione che abbiamo provato, sembrano spariti anche alcuni bug lamentati dai primi recensori d'oltre Atlantico. La qualità sonora fa il pari con quella grafica, gratificando le vostre orecchie di effetti e voci credibili, mentre le musiche, com'é giusto che sia (non si va in guerra con l'iPod), sono relegate all'accompagnamento dei menu.
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Invece di limitarsi, quindi, a fotografare in modo cinematografico solo le fasi interessanti della battaglia, intese come quelle in cui accade davvero qualcosa in termini di scambio di pallottole, il gioco, nella migliore tradizione dei titoli della serie, costringe il giocatore a calarsi nella parte di un vero soldato, sottoposto alla fatica di un lungo trasferimento con zaino affardellato su terreno impervio, alla tensione di chi procede attraverso una fitta vegetazione con la possibilità di essere ingaggiato da forze ostili da un momento all'altro, allo stress di dover pianificare, in una mappa davvero free roaming, tattiche e avvicinamenti all'obiettivo con il rischio di vederle vanificate in un istante da un colpo fortunato del nemico.
In questo senso, e adoperando volutamente termini di vita militare, si può dire che OFP sta a Modern Warfare come un incursore sta ad un piantone in uniforme storica da parata. Mentre i giochi delle fortunate serie Call of Duty e Medal of Honor, infatti, pur rimanendo prodotti d'eccellenza che il sottoscritto non si stanca mai di giocare, strizzano decisamente troppo l'occhio al cinema d'azione, lasciando che la storia proceda su binari più o meno stretti, ma comunque vincolanti, attraverso una sequenza ben architettata di eventi scriptati che assomiglia ad una riuscita sceneggiatura hollywoodiana, OFP fa una scelta drasticamente diversa. Il realismo, si dissero a suo tempo gli sviluppatori di BI che oggi proseguono la loro fortunata carriera con la serie ArmA, sfortunatamente riservata al solo pubblico PC, si fa attraverso la creazione di un'ambientazione free roaming autentica, dove non ci siano siepi invalicabili o muretti di un metro che non possono essere aggirati, nella quale i protagonisti siano costretti a spostarsi in tempo reale, percorrendo chilometri per raggiungere un posto di controllo, un obiettivo o una base amica, e nel frattempo siano esposti di continuo, proprio come accade in guerra, all'incontro inatteso don pattuglie nemiche, mezzi da combattimento, o all'attacco di un elicottero cannoniera.
La scelta, ben inteso, ha i suoi pro e contro. Un approccio che, all'inizio specialmente, può sembrare eccessivamente radicale, rischia di scoraggiare i neofiti e gli affezionati agli FPS dallo stile maggiormente rambistico, abituati a fare strage di nemici a colpi di fucile d'assalto in full auto, senza battere ciglio, vincendo praticamente la guerra da soli, o poco ci manca. Contrariamente a quanto accade nei titoli concorrenti, in Dragon Rising l'ingaggio con gli avversari avviene quasi sempre a distanze elevate, oltre i cento metri, dove più che l'accuratezza delle texture che compongono il nemico o la precisione della gestione del ragdoll nel mostrare un'uccisione spettacolare, conta la velocità nel gettarsi a terra e ordinare fuoco di soppressione, oltre che nell'identificare, spesso solo dalla vampa dell'arma quando spara, la posizione del tiratore avversario prima di spedirgli sulla testa un'HE da quaranta MikeMike per azzittirlo. La guerra senza compromessi di OFP, come di ArmA, é rimasta negli anni appannaggio gradito di una cerchia abbastanza ristretta di appassionati del realismo e la scelta di oggi, a distanza di qualche anno dallo sfortunato esperimento di un titolo dedicato alla vecchia Xbox, di sviluppare un porting per 360 si rivela quanto mai coraggiosa. Eppure, lo dice uno che si sciroppò con gusto sul PC Cold War Crisis ed entrambe le espansioni, a suo tempo, la missione si rivela all'atto pratico un successo pieno.
La giocabilità, infatti, grazie all'implementazione di un sistema di comandi quasi ottimale (migliorabile é la gestione degli ordini alla squadra, non sempre intuitiva, specie quando ti stanno sparando addosso e devi scegliere in fretta), si rivela uno dei cavalli vincenti del titolo, garantendo ai possessori di console un'esperienza che non ha nulla a che invidiare agli utenti di macchine da scrivania. La possibilità, poi, di giocare su uno schermo grande e ad alta definizione (46” Full HD, nel mio caso) si rivela una carta vincente, dato l'elevato livello di qualità delle texture dell'ambientazione garantito da uno sfruttamento ottimale del motore Havok.
Ovviamente, data l'estensione della mappa di gioco (l'isola di Skira, liberamente ispirata a quella realmente esistente di Kiska, una delle più meridionali dell'arcipelago delle Aleutine, é riprodotta perfettamente e per intero, e stiamo parlando di una location lunga trentacinque chilometri e larga da due a dieci), si deve perdonare qualche sbavatura e imprecisione, e accordare ai modelli poligonali un livello qualitativo appena più basso di titoli che, però, mostrano porzioni topografiche ben più ristrette per potersi permettere effetti grafici più energici. Sono però assenti pop up e altre fastidiose caratteristiche spesso riscontrate nei giochi free-roaming e, nella versione che abbiamo provato, sembrano spariti anche alcuni bug lamentati dai primi recensori d'oltre Atlantico. La qualità sonora fa il pari con quella grafica, gratificando le vostre orecchie di effetti e voci credibili, mentre le musiche, com'é giusto che sia (non si va in guerra con l'iPod), sono relegate all'accompagnamento dei menu.
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Operation Flashpoint: Dragon Rising
8
Voto
Redazione
Operation Flashpoint: Dragon Rising
ArmA contro OFP? Confronto impossibile, dal momento che i ragazzi della Bohemia Interactive hanno accantonato da tempo l'idea di rilasciare una versione console del secondo capitolo del loro nuovo franchise dedicato alla guerra moderna. L'unica, allora, é paragonare i titoli in un'ottica ipotetica. L'impressione, giocando con OFP, é che Codemasters sia riuscita in ciò in cui BI aveva fallito, realizzando cioé un gioco che, pur essendo impegnativo e realistico, mantiene comunque un'impostazione ludica sufficiente a renderlo appetibile anche a chi non ha l'ancora, il globo e l'aquila tatuati sull'avambraccio. La formula dei checkpoint frequenti, il sistema dei controlli, la possibilità di giocare la campagna in cooperativa e tante altre caratteristiche, che strizzano volutamente l'occhio al pubblico delle console, rendono OFP:DR decisamente più digeribile del kolossal bellico Bohemian. Non ce ne vogliano gli amici cechi, ma troppo realismo, su console, avrebbe probabilmente stroppiato. In fondo é solo un gioco.