Operation Flashpoint: Red River

di Marco Modugno
Il successo di un FPS si basa sul numero di presenze nei server online competitivi? Benissimo. La reazione di Codemasters non si fa attendere, eliminando del tutto, avete letto bene, il multiplayer competitivo dal nuovo capitolo della serie Operation Flashpoint. Nessuno potrà quindi indossare le divise mimetiche dell'Esercito di Liberazione Popolare cinese, o i vestiti civili dei ribelli tajiki.Con buona pace di chi ha trascorso l'ottanta per cento del suo tempo libero degli ultimi due anni a sbloccare silenziatori, mine Claymore, mirini ACOG e fucili mitragliatori di ogni tipo, la strada che Red River ci costringe a percorrere é radicalmente diversa. Multiplayer = cooperativo. Il team di sviluppo, che ha raccolto da qualche anno l'impegnativo testimone ceduto dai cechi di Bohemia Interactive, ha scelto di puntare tutto su un'impostazione "hop on, hop off" che consenta a chiunque di aggregarsi al volo ad una partita già in corso, cooperando con altri tre compagni di squadra al conseguimento di obiettivi comuni.

Notte e giorno, un marine non dorme mai! Con un mirino così, per mancare il bersaglio bisognerebbe essere strabici! Appena il Bradley smette di sparare, sbalzo in avanti fino alla casa a sinistra!


Impostazione valida siaper lemodalità dedicate Ultima Forza (resistenza ad ondate progressive di nemici, scegliendo il momento giusto per chiedere l'estrazione in elicottero), Rombo di Tuono (scorta convogli), CSAR (Combat Search and Rescue, ossia salvataggio di alleati intrappolati in territorio nemico) e Azione Militare (controllo di obiettivi), sia per la campagna principale che, se giocata assieme ad un team affiatato di gregari, brilla di una luce decisamente diversa. Praticamente é come giocare una partita realistica di soft air, risparmiandosi le punture d'insetto, il fango e la polvere dappertutto, il dolore ai muscoli a fine giornata e l'incombenza di dover lavare una mimetica che più incrostata non si può al ritorno a casa. Strano dirlo, vista la storia dei precedenti capitoli, decisamente sbilanciati verso il single player dal momento che risultava difficile, nonostante gli sforzi fatti, implementare un gameplay competitivo credibile dove due squadre di otto giocatori per parte avessero a disposizione mappe grandi quanto una provincia italiana per affrontarsi (con il rischio di tempi morti che ne consegue). Però é così: Red River da il meglio di sé proprio se si va in azione insieme, meglio se quattro amici connazionali affiatati, con auricolare e microfono, dotati di affiatamento sufficiente a far un vero gioco di squadra che consenta di apprezzarne al massimo la formula.

Lontanissimo dalle velleità hollywoodiane della concorrenza, popolata di FPS scriptati ad elevata spettacolarità che finiscono per assomigliare più ad un lungometraggio d'azione, però, che ad una vera situazione bellica, Red River conferma l'approccio realistico dei suoi predecessori, sia pur con qualche colpo di lima ai dettagli più ostici di un gameplay che, comunque, mantiene pressoché intatta la sua formula originale di base. I protagonisti, ben tratteggiati nei trailer già da tempo in circolazione, sono i quattro membri del Fireteam Bravo di un reparto d'assalto del Corpo dei Marines degli StatiUniti, impegnati in compiti di controinsurrezione prima, e di contenimento di un'invasione straniera poi, a fianco delle forze regolari della Repubblica ex-sovietica del Tajikistan. Ho letto in giro per la rete più di qualche recensione che lamenta la difficoltà d'immedesimarsi nei caratteri del sergente Knox, dello specialista mitragliere Balletto (pare che abbiano fucilato di nascosto lo sviluppatore incaricato della scelta dei nomi...) e degli altri membri della squadra.




Per quanto mi riguarda vale il contrario. Avendo frequentatol'ambiente militare operativo, trovo molto più realistici e umani gli atteggiamenti, a partire da qualche sproloquio magari poco cinematografico, ma certamente plausibile, di questo pugno di "leathernecks" veterani che le azioni eroicamente rambistiche dei protagonisti di alcuni blockbuster anche recentissimi, sempre sul filo dell'incredibilità come in un film di 007. Altrettanto più plausibile la trama, sicuramente meno infarcita di salvataggi del mondo in extremis e salti da un satellite orbitale sull'ala di un 747 in volo, come la moda del momento pare pretendere, ma non per questo meno avventurosa, visto che la differenza tra la vita e la mortedi un soldato in combattimento, nella vita reale,la fa la sua capacità di scansare anche quell'unica pallottola con su scritto il suo nome, più che quella di trovare un riparo, in attesa che un'immaginaria barra della vita si ricarichi.

Tutto sta che il giocatore abbia voglia, per un attimo, di smettere il costume patinato del supereroe spaccamascelle di turno e d'infilarsi la BDU madida di sudore e intrisa di polvere e fango di un vero soldato, per gustare un assaggio della vita operativa di un'unità di fanteria leggera in un moderno teatro di combattimento. Operation Flashpoint vuol dire mappe enormi (240 chilometri quadri di Tajikistan, questa volta, e ovviamente non aspettatevi di vedere in giro anfiteatri romani e centri commerciali) da percorrere su mezzi leggeri o, in molte occasioni, a piedi. L'adrenalina ha un gusto diverso, credetemi, quando ci si ritrova a buttarsi pancia a terra nel momento stesso in cui il "point man" della pattuglia avvista il nemico, da lontano, proprio mentre dopo una camminata furtiva di qualche chilometro stiamo attraversando l'ultimo tratto di terreno scoperto prima dell'obiettivo e le pallottole cominciano a ronzare nell'aria come micidiali tafani assetati di sangue. Ben consci che basta un attimo di distrazione e via, si finisce in un sacco per cadaveri sotto una bandiera, nella stiva di un C-27Spartan diretto verso casa. Brutta cosa, la guerra, non certo divertente per chi si trova a combatterla, contrariamente a quanto i giochi mainstream seguitano a dipingerla, spesso poco eroica, visto che la si trascorre a sparare alla cieca versco chi citira addosso a sua volta, appiattati in una buca poco profonda in terra straniera, augurandoci di vedere un altro giorno.