Outlast
di
Davide Ottagono
Mount Massive. Semplice manicomio, o molto altro? Questo é l'atroce dilemma a cui Miles Upshur, reporter di professione, tenta disperatamente di dare risposta. Al caro Upshur, del quale noi vestiremo i panni, é bastato ricevere una soffiata anonima per imbracciare taccuino, fotocamera e partire per l'inquietante struttura persa tra le montagne. Voci dicono che Mount Massive non sia nient'altro che una copertura per un centro d'esperimenti clandestino, e starà a noi infiltrarci al suo interno e metterne a nudo ogni più oscuro segreto. Basta guardarlo, per capire che c'é qualcosa che non va. I suoi alberi scheletrici, il giardino abbandonato, l'architettura vagamente gotica e l'atmosfera opprimente completano un quadro che, di certo, non spronano chissà quanto il giocatore ad andare avanti. E a ben vedere. Basteranno cinque minuti e il nostro povero alter-ego si ritroverà catapultato in un inferno di pura follia, sangue e violenza. Una volta oltrepassati i cancelli cigolanti, é un po' come ritrovarsi in una dimensione parallela, senza regole e senza amici, persi in un viaggio "dantesco" che ci vedrà scavare sempre più a fondo negli assurdi segreti di un regno fuori di testa.
Outlast, sviluppato dal piccolo gruppo indipendente Red Barrels, ha già fatto parlare di sé lo scorso Settembre al suo arrivo nel mercato PC. Il motivo? Il suo disperato tentativo di riportare in auge il survival-horror nudo e crudo, nulla di più, nulla di meno. Chiunque segua il mercato dei videogiochi da un po', sa benissimo quanto spaventarsi sia diventato un vero e proprio lusso, da un decennio a questa parte. In un modo o in un altro, il concetto di horror - a parte rari casi, ci mancherebbe - é andato sempre più ad accostarsi alla volontà degli sviluppatori di regalare ai giocatori armi e munizioni a volontà con cui difendersi. Outlast é un po' come un pesce fuor d'acqua, nel 2014. Non propone niente di realmente nuovo, in verità, ma riesce nell'intento di farci tornare indietro con la memoria e riportarci a sensazioni ormai perdute da tempo; come quella, ad esempio, di impersonare un "uomo qualunque". Incapace di difendersi in alcun modo, infatti, il povero Miles si ritroverà perennemente impegnato in fughe al cardiopalma con la sola possibilità di aggirare i suoi inseguitori, magari battendoli con l'astuzia o acquattandosi nell'ombra. La nostra unica compagna? Una fotocamera digitale dotata di un'utilissima funzione ad infrarossi. Molte zone del manicomio sono infatti prive d'elettricità, che solo per mezzo di quest'ultima potremo navigare in tutta "sicurezza". Sempre a patto di avere con noi le necessarie batterie di ricambio, ovviamente.
A livello di gameplay, Outlast si presenta come un prodotto piuttosto classico. un horror con visuale in prima persona (e molto dinamica, sottolineamo) con una buona dose d'esplorazione e qualche sporadica sezione platform. Molti dei suoi aspetti richiamano i grandi classici del passato, come ad esempio i tanti documenti segreti sparsi in giro, un intero sistema di progressione che si basa sullo sbloccaggio di porte per poter proseguire, e così via. Sarà perché siamo rimasti a bocca asciutta da troppo tempo, sarà perché "squadra che vince non si cambia", ma anche un concept così basico e vetusto é riuscito ad appassionarci senza riserva alcuna, tenendoci incollati allo schermo dall'inizio alla fine grazie ad un fascino magnetico e ad un set di situazioni ed antagonisti davvero sopra le righe.
Vogliamo toglierci il dente? Il titolo dura abbastanza poco (sulle 4 ore, se non ci si perde troppo nell'esplorazione) e magari a lungo andare si possono anche iniziare a cogliere i primi limiti dell'IA nemica, ma i suoi problemi finiscono qui. Eccezion fatta per un paio di piccolezze, Outlast é un prodotto cattivo, appagante, ansiogeno come pochi e - soprattutto - intenso. "Intenso", in realtà, é forse la parola che più riesce a racchiudere al meglio la sua offerta. In Outlast non esiste un solo momento di pausa, un luogo sicuro in cui si possa trovare un attimo di respiro. Quando non abbiamo qualcuno alle calcagna, ci penseranno degli gli script saggiamente piazzati a farci saltare, e viceversa.
Outlast riesce a far provare al giocatore ogni tipo di paura, dalla semplice ansia allo spavento vero e proprio, e centra il bersaglio a più riprese, senza pietà. E non sempre é merito degli sviluppatori e di scenette pre-calcolate, sia chiaro. Gli sviluppatori c'entrano davvero ben poco quando ci si ritrova nascosti in un armadietto, con un gigante assetato di sangue alto due metri che sta nevroticamente mettendo a soqquadro il posto per scovarci, pregando tutti i santi che non venga a controllare proprio dalla nostra parte. Venire a capo di Outlast non é solo questione di bravura e sangue freddo nel riuscire a risolvere enigmi ambientali mentre dei pazzi ci cercano ovunque, é anche casualità. Quel pizzico di casualità che non solo traccia più volte il confine tra la vita e la morte, ma che riesce ad aggiungere anche quella botta di imprevedibilità che dona all'avventura un sapore sempre nuovo, mai scontato.
Il comparto grafico/sonoro va poi a piazzare la ciligina su una torta già gustosa di suo. A parte un paio di incertezze, soprattutto nella realizzazione degli esterni, Outlast riesce a nascondere appieno la sua natura di "progetto indipendente" con un impianto visivo curato, pregno di particolari e dall'atmosfera a dir poco malata. Il manicomio di Mount Massive é tratteggiato in maniera maniacale (passateci il gioco di parole) e realistica, tanto nell'architettura e nell'arredamento quanto nei folli che lo abitano. Sottolineamo anche come il titolo ci sbatta in faccia a più riprese un esagerato livello di splatter, nudi integrali e persino scene di necrofilia. Di pari passo c'é l'audio, altro punto focale della produzione. Doppiaggio ed effetti sonori eccezionali vanno a mescolarsi a dei temi di fondo gracchianti e azzeccatissimi, capaci di generare e sottolineare un contesto cupo, malvagio e davvero indimenticabile. Giocato con le cuffie, o con un buon sistema Dolby, guadagna ulteriori punti.
Outlast, sviluppato dal piccolo gruppo indipendente Red Barrels, ha già fatto parlare di sé lo scorso Settembre al suo arrivo nel mercato PC. Il motivo? Il suo disperato tentativo di riportare in auge il survival-horror nudo e crudo, nulla di più, nulla di meno. Chiunque segua il mercato dei videogiochi da un po', sa benissimo quanto spaventarsi sia diventato un vero e proprio lusso, da un decennio a questa parte. In un modo o in un altro, il concetto di horror - a parte rari casi, ci mancherebbe - é andato sempre più ad accostarsi alla volontà degli sviluppatori di regalare ai giocatori armi e munizioni a volontà con cui difendersi. Outlast é un po' come un pesce fuor d'acqua, nel 2014. Non propone niente di realmente nuovo, in verità, ma riesce nell'intento di farci tornare indietro con la memoria e riportarci a sensazioni ormai perdute da tempo; come quella, ad esempio, di impersonare un "uomo qualunque". Incapace di difendersi in alcun modo, infatti, il povero Miles si ritroverà perennemente impegnato in fughe al cardiopalma con la sola possibilità di aggirare i suoi inseguitori, magari battendoli con l'astuzia o acquattandosi nell'ombra. La nostra unica compagna? Una fotocamera digitale dotata di un'utilissima funzione ad infrarossi. Molte zone del manicomio sono infatti prive d'elettricità, che solo per mezzo di quest'ultima potremo navigare in tutta "sicurezza". Sempre a patto di avere con noi le necessarie batterie di ricambio, ovviamente.
A livello di gameplay, Outlast si presenta come un prodotto piuttosto classico. un horror con visuale in prima persona (e molto dinamica, sottolineamo) con una buona dose d'esplorazione e qualche sporadica sezione platform. Molti dei suoi aspetti richiamano i grandi classici del passato, come ad esempio i tanti documenti segreti sparsi in giro, un intero sistema di progressione che si basa sullo sbloccaggio di porte per poter proseguire, e così via. Sarà perché siamo rimasti a bocca asciutta da troppo tempo, sarà perché "squadra che vince non si cambia", ma anche un concept così basico e vetusto é riuscito ad appassionarci senza riserva alcuna, tenendoci incollati allo schermo dall'inizio alla fine grazie ad un fascino magnetico e ad un set di situazioni ed antagonisti davvero sopra le righe.
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Vogliamo toglierci il dente? Il titolo dura abbastanza poco (sulle 4 ore, se non ci si perde troppo nell'esplorazione) e magari a lungo andare si possono anche iniziare a cogliere i primi limiti dell'IA nemica, ma i suoi problemi finiscono qui. Eccezion fatta per un paio di piccolezze, Outlast é un prodotto cattivo, appagante, ansiogeno come pochi e - soprattutto - intenso. "Intenso", in realtà, é forse la parola che più riesce a racchiudere al meglio la sua offerta. In Outlast non esiste un solo momento di pausa, un luogo sicuro in cui si possa trovare un attimo di respiro. Quando non abbiamo qualcuno alle calcagna, ci penseranno degli gli script saggiamente piazzati a farci saltare, e viceversa.
Outlast riesce a far provare al giocatore ogni tipo di paura, dalla semplice ansia allo spavento vero e proprio, e centra il bersaglio a più riprese, senza pietà. E non sempre é merito degli sviluppatori e di scenette pre-calcolate, sia chiaro. Gli sviluppatori c'entrano davvero ben poco quando ci si ritrova nascosti in un armadietto, con un gigante assetato di sangue alto due metri che sta nevroticamente mettendo a soqquadro il posto per scovarci, pregando tutti i santi che non venga a controllare proprio dalla nostra parte. Venire a capo di Outlast non é solo questione di bravura e sangue freddo nel riuscire a risolvere enigmi ambientali mentre dei pazzi ci cercano ovunque, é anche casualità. Quel pizzico di casualità che non solo traccia più volte il confine tra la vita e la morte, ma che riesce ad aggiungere anche quella botta di imprevedibilità che dona all'avventura un sapore sempre nuovo, mai scontato.
Il comparto grafico/sonoro va poi a piazzare la ciligina su una torta già gustosa di suo. A parte un paio di incertezze, soprattutto nella realizzazione degli esterni, Outlast riesce a nascondere appieno la sua natura di "progetto indipendente" con un impianto visivo curato, pregno di particolari e dall'atmosfera a dir poco malata. Il manicomio di Mount Massive é tratteggiato in maniera maniacale (passateci il gioco di parole) e realistica, tanto nell'architettura e nell'arredamento quanto nei folli che lo abitano. Sottolineamo anche come il titolo ci sbatta in faccia a più riprese un esagerato livello di splatter, nudi integrali e persino scene di necrofilia. Di pari passo c'é l'audio, altro punto focale della produzione. Doppiaggio ed effetti sonori eccezionali vanno a mescolarsi a dei temi di fondo gracchianti e azzeccatissimi, capaci di generare e sottolineare un contesto cupo, malvagio e davvero indimenticabile. Giocato con le cuffie, o con un buon sistema Dolby, guadagna ulteriori punti.
Outlast
8
Voto
Redazione
Outlast
Il passaggio di Outlast da PC a PS4 é avvenuto in modo del tutto indolore. Il gioco non ha perso un briciolo del suo smalto ed é ora giunto anche nel mondo Sony, presentandosi come un'avventura horror in prima persona dinamica, accattivante e letteralmente da incubo. Nonostante la scarsa longevità ed una fantasia di fondo magari non sempre ineccepibile, Outlast si riconferma ancora una volta quel campione di spaventi che già conoscevamo, senza se e senza ma. Violento, ansiogeno ed intrigante, il prodotto dei Red Barrel é un "survival" nel vero senso del termine, un titolo in cui fuggire e nascondersi sarà l'unica regola per sopravvivere ad uno degli ambienti più folli ed ostili che il mondo dei videogiochi abbia visto. Se siete facilmente impressionabili allora fareste meglio a passare oltre ma, in caso contrario, non avrete alcun motivo per lasciarvi sfuggire una delle più grandi rivelazioni dell'ultimo anno. Non solo é venduto a prezzo budget, ma se siete abbonati Plus potreste farlo vostro senza l'esborso di alcun Euro. La classica proposta che "non si può rifiutare".