Pac-Pix
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L'aura di stupore di cui Pac-Pix si avvale è forse paragonabile alla nostalgia che si prova nello sfogliare i fogli dove da bambini disegnavamo mondi e volti di assoluta fantasia. Per tanti di noi, senz'altro troppi, i tempi in cui un pastello od una matita davano vita alle più magiche delle nostre visioni è ormai un vano ricordo, avvolti come si è da un crescente disincantamento (vieppiù marciante, ahinoi, anche all'interno dell'universo dei videogiochi). Fortuna che alcuni ancora osano, e fra questi si annovera di diritto Namco. Già, perché la sua fatica interattiva ora in analisi (coronamento di cinquant'anni d'esistenza freschi di festeggiamento) vuole attingere preziosi suggerimenti dal mondo dell'infanzia, e non solo in termini estetici (si veda il pastelloso e splendido stile visivo adoperato), ma anche per quanto concerne lo spensierato ed autentico divertimento che sa dispensare.
Anzitutto occorre fare un accenno alla trama laddove il nostro amico sferoide, chiamato per l'occasione a ripristinare l'ordine del mondo, un bel giorno iniziò a ripulire tutti i libri minacciati dai fantasmi che, aizzati da un inchiostro stregato, terrorizzavano nuovamente gli esseri umani ed i loro cartacei depositari di svago e cultura. Il bello per noi, chiamati così in causa, ed il brutto per l'affamato eroe è che quest'ultimo viene imprigionato in una pagina (dopo aver gloriosamente riunito in un solo volume tutti gli ectoplasmi): al giocatore spetterà salvare il salvabile. In secondo luogo, gestire Pac-Man e fagocitare quanto lo circonda mostra come il passaggio di testimone operato dalla croce direzionale nei confronti di mezzi anticonvenzionali possa concretizzarsi, se sfruttato a dovere, in un'idea ed ancor più in una pratica il cui esito è assolutamente vincente.
Introdotti alle prime mosse, ossia istruiti sul come tracciare il nostro comprimario, si va subito al sodo, affrontando cioè una sequela di livelli dove di volta in volta aumenterà il ritmo con il quale è richiesta azione commista a riflessione. (obbiettivo primario è liquidare ogni fantasma, badando a tempo e vite a disposizione). Barriere per indirizzare Pac-Man ed impedirne la morte (la quale avviene qualora lo facessimo uscire dai confini dello schermo), sensori per aprire i cunicoli spesso chiusi a chiave e sempre collocati sul display superiore ed altri per accendere apposite candele. E ancora: bombe, micce, esplosioni a catena e frecce da abbozzare (accessibili le prime a partire dal nono capitolo, le ultime dal quinto); specchi nel quale far rimbalzare le saette e, soprattutto, boss strappa sorrisi. Benché portare a termine ogni pagina e ciascuno dei capitoli proposti non richieda molto tempo, la longevità è di fatto rafforzata dalla sempreverde caccia ai propri record (maggiore sarà il giudizio ottenuto -da S, il massimo, a D, il minimo-, più saranno le carte da collezione donateci).
Eppure, a destare maggiore interesse è la varietà racchiusa in una struttura così volutamente semplice.
Fantasmi il cui comportamento non è mai troppo omologato (taluni spruzzano vernice, talaltri vanno colti da tergo, altri nella giusta sequenza, altri ancora vanno prima "spaventati" e poi accolti nello stomaco) e situazioni ingegnose implementate in uno spazio talmente ridotto da suscitare rispetto per chi ci ha lavorato.
Insomma: tutto funziona come deve (potremmo recriminare sull'accompagnamento musicale alla lunga ripetitivo, ma porvi l'accento sarebbe iniquo), e gli amanti del genere puzzle (sebbene gli elementi nuovi inducano a definire un'evoluzione della suddetta tipologia ludica) non possono che apprezzarlo per quello che vuole e sa offrire.
La storia di Pac-Man è in definitiva la storia di un successo. Non solo la rotondità gialla in questione è facilmente addotta come emblema della febbre arcade e della gloria della sua casa, ma essa, avvenimento non troppo usuale, è facilmente riconosciuta come icona del videogioco tanto dagli appassionati quanto dai misconoscenti del medium. A fama e riconoscenze si aggiunge peraltro l'effettiva qualità del titolo originario, quel simpatico puzzle (temutissimo prosciuga portafogli) avente come protagonista un insaziabile mangia frutta. Ora, ad un quarto di secolo dalla sua genesi, approda su Nintendo DS quella che con molta probabilità è la più riuscita ed originale rivisitazione del suo concept. Nuovi capitoli di storia: a tanto può arrivare un saggio uso dello stilo e del suo complementare touch screen? Senz'altro è prematuro affermare una simile tesi, eppure tutti quanti dovrebbero fare tesoro dallo sviluppo Namco perché è davvero giunto il momento di ricordare quegli aspetti per i quali la console portatile bi-faccia è veramente nata.
Anzitutto occorre fare un accenno alla trama laddove il nostro amico sferoide, chiamato per l'occasione a ripristinare l'ordine del mondo, un bel giorno iniziò a ripulire tutti i libri minacciati dai fantasmi che, aizzati da un inchiostro stregato, terrorizzavano nuovamente gli esseri umani ed i loro cartacei depositari di svago e cultura. Il bello per noi, chiamati così in causa, ed il brutto per l'affamato eroe è che quest'ultimo viene imprigionato in una pagina (dopo aver gloriosamente riunito in un solo volume tutti gli ectoplasmi): al giocatore spetterà salvare il salvabile. In secondo luogo, gestire Pac-Man e fagocitare quanto lo circonda mostra come il passaggio di testimone operato dalla croce direzionale nei confronti di mezzi anticonvenzionali possa concretizzarsi, se sfruttato a dovere, in un'idea ed ancor più in una pratica il cui esito è assolutamente vincente.
Introdotti alle prime mosse, ossia istruiti sul come tracciare il nostro comprimario, si va subito al sodo, affrontando cioè una sequela di livelli dove di volta in volta aumenterà il ritmo con il quale è richiesta azione commista a riflessione. (obbiettivo primario è liquidare ogni fantasma, badando a tempo e vite a disposizione). Barriere per indirizzare Pac-Man ed impedirne la morte (la quale avviene qualora lo facessimo uscire dai confini dello schermo), sensori per aprire i cunicoli spesso chiusi a chiave e sempre collocati sul display superiore ed altri per accendere apposite candele. E ancora: bombe, micce, esplosioni a catena e frecce da abbozzare (accessibili le prime a partire dal nono capitolo, le ultime dal quinto); specchi nel quale far rimbalzare le saette e, soprattutto, boss strappa sorrisi. Benché portare a termine ogni pagina e ciascuno dei capitoli proposti non richieda molto tempo, la longevità è di fatto rafforzata dalla sempreverde caccia ai propri record (maggiore sarà il giudizio ottenuto -da S, il massimo, a D, il minimo-, più saranno le carte da collezione donateci).
Eppure, a destare maggiore interesse è la varietà racchiusa in una struttura così volutamente semplice.
Fantasmi il cui comportamento non è mai troppo omologato (taluni spruzzano vernice, talaltri vanno colti da tergo, altri nella giusta sequenza, altri ancora vanno prima "spaventati" e poi accolti nello stomaco) e situazioni ingegnose implementate in uno spazio talmente ridotto da suscitare rispetto per chi ci ha lavorato.
Insomma: tutto funziona come deve (potremmo recriminare sull'accompagnamento musicale alla lunga ripetitivo, ma porvi l'accento sarebbe iniquo), e gli amanti del genere puzzle (sebbene gli elementi nuovi inducano a definire un'evoluzione della suddetta tipologia ludica) non possono che apprezzarlo per quello che vuole e sa offrire.
La storia di Pac-Man è in definitiva la storia di un successo. Non solo la rotondità gialla in questione è facilmente addotta come emblema della febbre arcade e della gloria della sua casa, ma essa, avvenimento non troppo usuale, è facilmente riconosciuta come icona del videogioco tanto dagli appassionati quanto dai misconoscenti del medium. A fama e riconoscenze si aggiunge peraltro l'effettiva qualità del titolo originario, quel simpatico puzzle (temutissimo prosciuga portafogli) avente come protagonista un insaziabile mangia frutta. Ora, ad un quarto di secolo dalla sua genesi, approda su Nintendo DS quella che con molta probabilità è la più riuscita ed originale rivisitazione del suo concept. Nuovi capitoli di storia: a tanto può arrivare un saggio uso dello stilo e del suo complementare touch screen? Senz'altro è prematuro affermare una simile tesi, eppure tutti quanti dovrebbero fare tesoro dallo sviluppo Namco perché è davvero giunto il momento di ricordare quegli aspetti per i quali la console portatile bi-faccia è veramente nata.