Parappa the Rapper
di
Era il 1996 quando Sony, cogliendo di sorpresa un mercato anestetizzato dall'ennesimo shooter e dall'invasione di action platform, lanciò sul mercato PSX un titolo innovativo fin dal titolo, che ad un utente italico suona particolarmente curioso. Parappa the Rapper raccontava la storia di un buffo cagnolino con jeans oversize, berretto di lana e una spiccata propensione per la musica hip-hop. Scornato dal suo scarso successo con la graziosa Sunny, sogno per lui proibito, trova nella musica il coraggio di tentare di'impressionarla e, armato del motto "I gotta believe" (si traduce letteralmente in "Ci devo credere!" e se lo dice lui...), affronta una sfida dopo l'altra contro improbabili rivali, fino al climax finale.La strada del successo, però, è lastricata di ostacoli e difficoltà e passa per un percorso d'apprendimento necessario ad impratichirsi con i meccanismi di gioco. Si comincia con le lezioni di rap impartite da un improbabile maestro dalla testa di cipolla che, nel suo dojo, ci permetterà di cominciare ad assaggiare la formula di gioco.
Si prosegue sulla stessa lunghezza d'onda, attraverso tutti gli stili di rap (reggae, house, pop e "vecchia scuola"), eccetto il "gangsta" a base di parolacce e minacce ai tutori dell'ordine, confrontandoci con altrettanto bizzarri maestri, come un alce istruttrice di guida, una ranocchia rastafariana, titolare di un banco al mercato delle pulci e un pollo panettiere.Com'è facile intuire, il clima del gioco rimane dall'inizio alla fine "leggero e disimpegnato", ragion per cui, a prescindere dalla voglia che si abbia, o meno, di spararsi un titolo che clona in tutto e per tutto il gameplay e la formula visti girare sulla PSX nel 1996, Parappa appare destinato e, in qualche modo, condannato a rimanere un gioco di nicchia, esclusiva di una clientela giovane, se non giovanissima.I personaggi sono disegnati come bambine di carta bidimensionali e, se farebbero la gioia indubbia della mia bambina di 5 anni, rischiano di sembrare un po' troppo sempliciste, una volta girata la boa del Ventunesimo Secolo, per un pubblico sempre più smaliziato.Ciò nondimeno, se non ci si scoraggia dell'aspetto minimalista del titolo, privo di qualsiasi vago accenno alla terza dimensione e disegnato come l'avrebbero immaginato gli alunni della III B della Scuola Elementare "Edmondo De Amicis" di Bussolengo, si finisce per prendere in simpatia quella che, a suo tempo, fu lanciata come una possibile mascotte di PSX ed ebbe, in effetti, la chance di meritarsi un certo successo e perfino un sequel su PS2. Parappa fa sorridere, assieme alla sua sgangherata banda di amici e avversari, dal rivale in amore Joe Chin all'amica Katy Kat (premio d'originalità per il nome più creativo del decennio!) fino allo sconclusionato PJ Berri, orsacchiotto DJ dall'appetito sconfinato.Il gameplay è tale e quale quello del 1996.
Le dita sui controlli, dovrete darvi da fare nel ripetere a tempo la sequenza dei comandi impartiti dal vostro istruttore. Gli stessi appariranno per pochi attimi sul monitor trasformando in breve le vostre dita in quelle di un virtuoso della tastiera, impegnato in rocambolesche acrobazie per non perdere il ritmo.Occhio, però, che con il controller PSP non sarà una passeggiata, specie se avete già seviziato i bottoni a dovere con qualche altro gioco d'azione, sottraendogli prontezza nella risposta e sensibilità.In ogni modo, quando ci farete la mano, la cosa inizierà a farsi divertente. E salvo che non vi siate già cimentati con qualche gioco musicale di maggior spessore (ti ho sentito, là in fondo, che bisbigliavi Guitar Hero II, sai?), finirà perfino per appassionarvi.In fondo il comparto tecnico, forte di una grafica che girerebbe su un Vic20 e di un sonoro accattivante, che include l'opzione di scaricare 8 brani originali da rappare alla grande, supera l'esame con una sufficienza piena. Perfino i tempi di caricamento, croce e delizia della PSP, si mantengono sotto i consueti valori biblici, stavolta.In più, l'aggiunta alla formula originale di un multiplayer locale da disputare con un numero massimo di 3 amici non può che giovare alla longevità del titolo Interlink.Di gioco epocale non mi pare il caso di parlare, insomma, ma Parappa, pur a distanza di 11 anni dalla sua prima comparsa sui nostri monitor, all'epoca televisivi, riesce ancora a vendersi ad un pubblico che, con il ricambio generazionale, può togliersi il lusso di riscoprirlo daccapo. La sufficienza, visto che tra l'altro un gioco dove non dobbiamo per forza vestire i panni di un assassino seriale e stendere la gente a colpi di fucile a pompa va applaudito senza riserve, è più che meritata.Ora però, pretendiamo di più, e non vi sognate di riscaldarci anche il numero 2 senza modifiche al gameplay e alla grafica che ne facciano un prodotto davvero nuovo.
Si prosegue sulla stessa lunghezza d'onda, attraverso tutti gli stili di rap (reggae, house, pop e "vecchia scuola"), eccetto il "gangsta" a base di parolacce e minacce ai tutori dell'ordine, confrontandoci con altrettanto bizzarri maestri, come un alce istruttrice di guida, una ranocchia rastafariana, titolare di un banco al mercato delle pulci e un pollo panettiere.Com'è facile intuire, il clima del gioco rimane dall'inizio alla fine "leggero e disimpegnato", ragion per cui, a prescindere dalla voglia che si abbia, o meno, di spararsi un titolo che clona in tutto e per tutto il gameplay e la formula visti girare sulla PSX nel 1996, Parappa appare destinato e, in qualche modo, condannato a rimanere un gioco di nicchia, esclusiva di una clientela giovane, se non giovanissima.I personaggi sono disegnati come bambine di carta bidimensionali e, se farebbero la gioia indubbia della mia bambina di 5 anni, rischiano di sembrare un po' troppo sempliciste, una volta girata la boa del Ventunesimo Secolo, per un pubblico sempre più smaliziato.Ciò nondimeno, se non ci si scoraggia dell'aspetto minimalista del titolo, privo di qualsiasi vago accenno alla terza dimensione e disegnato come l'avrebbero immaginato gli alunni della III B della Scuola Elementare "Edmondo De Amicis" di Bussolengo, si finisce per prendere in simpatia quella che, a suo tempo, fu lanciata come una possibile mascotte di PSX ed ebbe, in effetti, la chance di meritarsi un certo successo e perfino un sequel su PS2. Parappa fa sorridere, assieme alla sua sgangherata banda di amici e avversari, dal rivale in amore Joe Chin all'amica Katy Kat (premio d'originalità per il nome più creativo del decennio!) fino allo sconclusionato PJ Berri, orsacchiotto DJ dall'appetito sconfinato.Il gameplay è tale e quale quello del 1996.
Le dita sui controlli, dovrete darvi da fare nel ripetere a tempo la sequenza dei comandi impartiti dal vostro istruttore. Gli stessi appariranno per pochi attimi sul monitor trasformando in breve le vostre dita in quelle di un virtuoso della tastiera, impegnato in rocambolesche acrobazie per non perdere il ritmo.Occhio, però, che con il controller PSP non sarà una passeggiata, specie se avete già seviziato i bottoni a dovere con qualche altro gioco d'azione, sottraendogli prontezza nella risposta e sensibilità.In ogni modo, quando ci farete la mano, la cosa inizierà a farsi divertente. E salvo che non vi siate già cimentati con qualche gioco musicale di maggior spessore (ti ho sentito, là in fondo, che bisbigliavi Guitar Hero II, sai?), finirà perfino per appassionarvi.In fondo il comparto tecnico, forte di una grafica che girerebbe su un Vic20 e di un sonoro accattivante, che include l'opzione di scaricare 8 brani originali da rappare alla grande, supera l'esame con una sufficienza piena. Perfino i tempi di caricamento, croce e delizia della PSP, si mantengono sotto i consueti valori biblici, stavolta.In più, l'aggiunta alla formula originale di un multiplayer locale da disputare con un numero massimo di 3 amici non può che giovare alla longevità del titolo Interlink.Di gioco epocale non mi pare il caso di parlare, insomma, ma Parappa, pur a distanza di 11 anni dalla sua prima comparsa sui nostri monitor, all'epoca televisivi, riesce ancora a vendersi ad un pubblico che, con il ricambio generazionale, può togliersi il lusso di riscoprirlo daccapo. La sufficienza, visto che tra l'altro un gioco dove non dobbiamo per forza vestire i panni di un assassino seriale e stendere la gente a colpi di fucile a pompa va applaudito senza riserve, è più che meritata.Ora però, pretendiamo di più, e non vi sognate di riscaldarci anche il numero 2 senza modifiche al gameplay e alla grafica che ne facciano un prodotto davvero nuovo.