Pearl Harbor: zero hour

di Redazione Gamesurf
Le premesse sono interessanti, creare un arcade game per PC che rievochi la giocabilità furiosa degli shoot'em up degli anni '80, quelli che, per intenderci, culminavano in pupille strizzate e meningi frollate dopo ore di massacri ai danni di centinaia di sprite (e del povero joystick che ci capitava sotto le mani). Pearl Harbor Zero Hour sembra avere tutte le carte in regola per aspirare a questo status con uno scenario bellico portato alla ribalta dal recente colossal made in Hollywood, una realizzazione tecnica originale che coniuga alcuni aspetti dei simulatori di volo con l'impostazione tipica degli shoot'em up 2D, 14 tra caccia e bombardieri americani della Seconda Guerra Mondiale, e anche degli antenati illustri: 1942 e 1943 - The Battle of Midway, due coin op di Capcom lanciati rispettivamente nell'84 e nell'87 cui Pearl Harbor Zero Hour sembra dovere qualcosa di più che qualche dettaglio, e Ghost Pilots di SNK, altro famoso shooter ambientato nella stessa, travagliata epoca

NEI PANNI DI UN SIMULATORE
La schermata di avvio del gioco é quanto di più essenziale si possa concepire. In altre parole sono disponibili solo le opzioni per caricare un gioco salvato, osservare una messa in scena (non giocabile) dell'attacco di Pearl Harbor realizzato con la grafica del gioco, ed infine la voce per selezionare una delle dieci missioni disponibili. Cliccando su quest'ultima opzione potremo accedere a una rosa di aereoplani per cui vale lo stesso sistema di crediti sperimentato in Gran Turismo. In altre parole distruggendo aerei e bersagli a terra aumenteremo i nostri punti prestazione, che ci permetteranno di accedere a un totale di 16 famosi caccia americani della seconda guerra mondiale(14, più due sbloccabili). I parametri di classificazione dei caccia assomigliano a quelli che Ridge Racer usa per le automobili: velocità, agilità, capacità del serbatoio carburante, cui si aggiungono corazza e armi disponibili (solo due, per ogni aereo)
Per ognuno di questi campi c'é una classificazione che va da una a quattro stelle e ci mette in condizione di scegliere il mezzo migliore a seconda della missione. Partendo da questa schermata ci si aspetterebbe un gioco arcade fin nella più intima essenza ma le cose non stanno così: se l'inquadratura rigorosamente a volo d'uccello sospesa su un'ambientazione perlopiù marina (come il già citato 1942) fa pensare a uno shoot'em up arcade, il metodo di controllo trae molti elementi dai simulatori di volo. Prima di tutto sia gli elementi dello scenario che lo spazio in cui voliamo sono tridimensionali, quindi, oltre le virate, possiamo anche cambiare altitudine. La risposta ai comandi non é immediata ma graduale, quasi analogica, anche se l'unica periferica utilizzabile é la tastiera. Come in un simulatore bisogna controllare sul piccolo cruscotto in basso l'altimetro, per evitare di schiantarsi al suolo, la quantità di carburante rimasta (che tende ad esaurirsi a incredibile velocità) i proiettili rimasti nel caricatore (che comunque il computer provvede a rifornire a qualche secondo dal loro esaurimento) e la manetta, che, per comodità, prevede solo tre regolazioni: velocità bassa, media e massima. A questo si aggiunge un comando veramente atipico in questo tipo di giochi, la leva per azionare o ritirare il carrello, che in realtà serve per attivare un "landing mode" che visualizza vicino agli aereoporti tre anelli concentrici per guidarci al suolo. D'altraparte a questi elementi simulativi non corrisponde una autentica profondità del modello fisico di volo: il nostro aereo va in picchiata e in salita senza che la velocità ne sia affetta in alcun modo. Non esiste lo stallo, non ci sono black out né red out (problemi alla vista che insorgono svolgendo manovre troppo repentine), la stessa virata é influenzata in modo molto semplicistico dalla velocità dell'aereo, al contrario di quanto accade in simulatori di volo più rigorosi. Ci troviamo, in definitiva, di fronte a un gameplay che non é né carne né pesce, né simulazione, né arcade