Pikmin 2, una luce in fondo al dungeon – Recensione Switch
La recensione del remaster in alta definizione del secondo capitolo di Pikmin, pubblicato assieme al primo episodio sull’eShop la scorsa settimana
Uno dei favoriti di sempre del sottoscritto, è un piacere mettere di nuovo le mani su questo gioiellino a distanza di quasi 20 anni dal suo debutto nei negozi. La semplicità e l’accessibilità di Pikmin 1 gli ha permesso di rimanere tuttora molto godibile (sebbene non abbiamo approvato il prezzo di listino, un po' alto in relazione agli aggiornamenti tecnici portati); Pikmin 2 gli è superiore sotto numerosi punti di vista, dalla formula di gioco alla mole di contenuti, ma introdusse alcune meccaniche che all'epoca non convinsero universalmente i fan (non a caso nel 3 ci fu un leggero cambio di rotta). Vediamo se dopo tutto questo tempo la musica è cambiata.
Pikmin 2: Come realizzare un sequel
La storia del debito da ripagare è una scusa come un’altra per rimettersi in contatto con i Pikmin e ricominciare l’avventura, in quello che potremmo definire come il sequel perfetto: le meccaniche dell’originale sono state migliorate ed espanse, funzionalità inedite arricchiscono il repertorio del giocatore e offrono nuove soluzioni, le ambientazioni sono più ampie e ricche di contenuti, la rimozione del limite di giorni lascia esplorare secondo i propri ritmi e di prendersi delle pause per ammirare un mondo vivace e variopinto, impreziosito ulteriormente da modalità aggiuntive che consentono di apprezzarne ogni sfaccettatura, sia in termini di gameplay che a livello puramente “informativo”.
In teoria non è passato molto tempo dal nostro ultimo passaggio (lo stesso Olimar lo menziona più volte), eppure il pianeta dei Pikmin, o PNF-404 (che non è la Terra, anche se le immagini dall’orbita e le numerose scoperte suggeriscono altrimenti), in questo breve frangente è mutato radicalmente, dalla morfologia del territorio alla fauna locale. Diciamo che sembra risentire dei 3 anni trascorsi tra l’uscita di Pikmin 1 e Pikmin 2, se proprio vogliamo prendere una piega un po' “meta”, ma ciò non ci riguarda.
All’atto pratico dopotutto cambia il fine ma non i mezzi. Alla guida del nostro colorato esercito dovremo setacciare la superficie di svariate location immerse nella natura alla ricerca di qualunque cosa la nave identifichi come tesoro, da tubetti di burro cacao a fragole giganti, passando per rotoli di nastro adesivo e apribottiglie, tutti rigorosamente rinominati per avere un nome commerciale e “potente”; gli ostacoli vanno abbattuti schierando le unità adatte al ruolo, le creature ostili sterminate e convertite in semi per rimpolpare le fila.
Come al solito, i Pikmin sono indifesi se lasciati da soli, ma ora è molto più semplice mantenere l’ordine, grazie ad un’IA più reattiva che assicura meno dispersi durante spostamenti e operazioni di raccolta (detto ciò, non aspettatevi miracoli), e la presenza di un secondo capitano, Louie, che consente di operare su due fronti contemporaneamente e apre la strada a puzzle ambientali e scorciatoie prima impossibili. Il livello di difficoltà generale poi è decisamente più abbordabile, con mostri un tempo letali gestibili senza troppi problemi, e i nuovi “succhi” per energizzare le truppe e bloccare i nemici rendono alcuni incontri una barzelletta (suggerisco di non abusarne, l’esperienza ne guadagna). È anche vero però che il gioco sfrutta la maggiore estensione, sia in orizzontale che in “verticale”, per distribuire meglio sfide e insidie, e far abbassare la guardia all’ignaro giocatore, che non si aspetta ad un primo approccio alcuni dei colpi bassi che il pianeta ha in serbo nei suoi anfratti più inospitali.
Speleologia aliena
La nuova filosofia di level design adotta una struttura “a incastro”, con porzioni delle aree bloccate fino al reclutamento di una determinata tipologia di Pikmin, quasi in stile metroidvania. Gli ambienti hanno così maggior respiro, con percorsi alternativi che li rendono progressivamente più agevoli e veloci da traversare, limitando gli enigmi in cui avvicendare una o più squadre di Pikmin a una manciata di tesori in posizioni scomode. La realizzazione dei livelli è eccellente ed esplorarli un vero piacere, ma la loro funzione è transitoria, e ha come scopo quello di condurre il giocatore verso la vera novità, nonché piatto forte, di Pikmin 2: i dungeon.
Costruiti su più piani, dal layout contorto e labirintico, e di natura tra l’astratto e l’artificiale, costituiscono un ecosistema completamente isolato dal mondo esterno e senza una logica precisa. Ciascuna regione ne vanta diversi e propongono scenari che mettono a dura prova le nostre abilità al comando, obbligando a manovrare le truppe in spazi angusti e poco illuminati (almeno fino al rinvenimento di una certa lampadina), in mezzo a creature fameliche ed elementi avversi, e non si ha mai davvero la certezza di essere al sicuro, visto che da un momento all’altro possono piovere dal soffitto massi, bombe o altre bestiacce.
Una volta dentro non c’è modo di rifornirsi, né di fuggire (geyser permettendo), ma riuscire a conquistarli regala grandi soddisfazioni, e un bottino niente male, tra vagonate di tesori, potenziamenti per la tuta, e l’accesso ai rari Pikmin viola e bianchi. Le due varianti sono piuttosto difficili da “coltivare”, visto che germogliano solo nel sottosuolo; tuttavia, si rivelano un ottimo supplemento al trio originale grazie alle loro capacità uniche e in genere ne bastano una manciata per risultare efficaci (a meno che non si punti al 100%, in tal caso molti ricorderanno con sdegno un certo manubrio).
Tornando ai dungeon, l’enfasi sui combattimenti e la rimozione del timer offrono spunti interessanti per approcciare Pikmin 2 come uno strategico più tradizionale, ma al tempo stesso vengono meno alcuni dei capisaldi della serie, complici la penuria di contesti (a dispetto della grande varietà di fauna presente) e scenari perlopiù piatti. Il level design diviene operaio dell’azione, i puzzle ambientali si riducono a usare il Pikmin giusto al momento opportuno, la prudenza prende il posto dell’efficienza, specie dopo che si resta scottati più volte da situazioni “spiacevoli”, nel disperato tentativo di limitare i caduti. Forse il costante senso di ansia e la volontà di “fare meglio” sono voluti, come parte integrante dell’esperienza, ma quando si è costretti a ripetere le medesime procedure per una decina di piani di fila la cosa può diventare monotona.
Non aiuta il fatto che dal punto di vista estetico parecchie caverne tendono ad assomigliarsi. Ognuna segue un tema particolare, ma non tutte sono memorabili come una Cucina, una Sala da Bagno o un Castello Sommerso a caso, e spesso si fa fatica a ricordare quale ospiti cosa, ad eccezione degli spettacolari scontri con i colossali boss di fine livello.
Eppure, dopo tutti questi anni le memorie rievocano con nostalgia le scorribande sotterranee, i traumi provocati da alcuni frangenti e gli espedienti adottati per contenere i danni, quel piacevole contrasto tra la vita “pacifica” in superficie e le avversità dei dungeon, la gratificazione nel giungere ammaccati al termine di un viaggio durato apparentemente ore, intascare la ricompensa e passare in rassegna le nuove voci della splendida Piklopedia, piena di informazioni utili, note e approfondimenti, passaggi ironici, slogan pubblicitari e ricette di cucina. Sensazioni che riaffiorano rigiocando oggi Pikmin 2 su Switch, segno che tutto funziona ancora alla grande. Non comprendiamo perché mai Nintendo decise di fare terra bruciata nel terzo capitolo, ma è un piacere vedere molti elementi del 2 tornare prepotentemente nel 4 (presto l’analisi della demo NdR), e sono convinto che in molti apprezzeranno lo spirito del titolo e le novità introdotte.
Quanto al remaster, valgono le stesse considerazioni di Pikmin 1. Si tratta di un porting senza fronzoli: output in alta definizione, 30 frame stabili, giroscopio per rimpiazzare il puntatore del Wii Remote, interfacce scalate e aggiornate, ma i testi appaiono un po' “schiacciati”. Al debutto di Pikmin 2 però l’hardware del GameCube era più maturo, a vantaggio di una veste grafica che ha decisamente retto meglio lo scorrere del tempo, dalle texture ai modelli poligonali; i filmati in CGI poi sembrano girare nativamente in HD e non appaiono affatto male. Ineccepibile la colonna sonora, con una scaletta più ampia e variegata rispetto all’originale, con dozzine di brani che descrivono alla perfezione le atmosfere altrettanto mutevoli, e i Pikmin canticchiano pure.
Versione Testata: Switch
Voto
Redazione
Pikmin 2
Un classico senza tempo, un seguito eccellente e ricco di personalità, oggi più che mai. Se volete prepararvi adeguatamente al debutto di Pikmin 4 tra poche settimane, non c’è terreno di prova migliore di Pikmin 2. Sono passati 19 anni, eppure il titolo Nintendo per GameCube rimane un’esperienza magnifica, che merita di entrare a far parte della vostra collezione, o di essere rigiocata ancora una volta. Abbiamo espresso diversi dubbi sui dungeon nel corso dell’articolo, e si potrebbe obiettare di nuovo sul prezzo in relazione all'opera di restauro abbastanza elementare, ma tutto lascia il tempo che trovano non appena si impugna il pad e si parte all'avventura, immergendosi nel magico mondo dei Pikmin