Pikmin 4 e le gioie del Dandori – Recensione Switch 

La recensione di Pikmin 4, finalmente disponibile su Nintendo Switch dopo un decennio dall’uscita terzo capitolo. Un’attesa ben ripagata? 

di Jacopo Retrosi
Dieci anni. Tanto è trascorso del debutto di Pikmin 3 su Wii U. Poi il nulla, se non sporadiche conferme prive di fondamento, fino a pochi mesi fa, con il tanto agognato primo trailer di Pikmin 4, che ha aperto i cancelli al mondo del nuovo capitolo della serie.
 
Il titolo Nintendo ci ha graziato dapprima con una corposa demo lo scorso mese sull'eShop di Nintendo Switch, lasciandoci positivamente colpiti, nonostante qualche dubbio, e ora possiamo finalmente mettere le mani sulla versione completa. Di seguito il verdetto definitivo. 

Buona la demo, ma...

Dopo la conclusione della demo, in pratica un biglietto d’ingresso per l’area introduttiva, liberamente esplorabile fino all’ottenimento di abbastanza carburante per lo sblocco di quella successiva, due punti aleggiavano ancora senza risposta, che a nostro dire avrebbero potuto compromettere non poco l’esperienza di gioco: il livello di difficoltà, a malapena percepito nel corso della prova, e la quantità di interruzioni a cui il giocatore sarebbe stato soggetto, tra tutorial invasivi e chiacchiere a vuoto. Ebbene, tempo qualche ora e ogni dubbio è stato prontamente dissipato. 

In merito alla storia, come avevamo già anticipato all’epoca, la frequenza e il volume dei dialoghi diminuisce sensibilmente dopo le battute iniziali, lasciando campo libero su dove e come procedere. La trama non raggiunge mai chissà quale complessità, ma vanta di sicuro più sfaccettature rispetto ai capitoli passati, e numerosi personaggi con cui interagire, vuoi per parlarci delle loro circostanze o affidarci missioni secondarie.  

Nulla di epocale, ma si arriva ad apprezzare la compagnia della squadra di soccorso e dei loro buffi commenti, e c’è un sacco di materiale per approfondire l’ecosistema del pianeta PNF-404, la fauna che lo popola e le sue bizzarre strutture “aliene”, tra diari di bordo, un nuovo catalogo dei tesori e una rinnovata Piklopedia, più dettagliata che mai (anche se avremmo aggiornato alcune voci, riciclate dal 2). Pikmin è fatto di routine, e passare in rassegna le novità dell’accampamento diviene presto un’altra piacevole attività mattutina a cui è difficile rinunciare. 

Per quanto riguarda il livello di sfida invece, un buon termine di paragone è Pikmin 2: mediamente facile, con picchi improvvisi quando meno lo si aspetta (leggasi “traumi” NdR); un’esperienza dai toni perlopiù rilassati, ma che non ammette distrazioni. Si può tranquillamente proseguire sparati anche nelle aree avanzate senza perdere una singola unità, tuttavia basta sottovalutare una qualunque bestiaccia, o non vigilare adeguatamente sulle varie rotte intraprese dai Pikmin, per vederli cadere come mosche. 

Come tradizione della serie, Pikmin 4 premia consapevolezza e pianificazione; i Pikmin diventano sempre più svegli dopo ogni iterazione, ma continuano ad aver bisogno di costante supervisione e di una catena di comando solida, o diventano completamente inermi. Vero, si potrebbe abusare di tutti nuovi gingilli a disposizione per bypassare le loro lacune e svolgere gran parte del lavoro per fatti nostri, ma non sarebbe efficiente; e questo il Dandori non lo accetta. 

You're pretty good... nel Dandori

Il Dandori è una filosofia di vita, l’arte di organizzare le proprie mansioni in modo strategico e lavorare al massimo dell’efficienza per raggiungere rapidamente gli obiettivi preposti. Pikmin 4 lo ripete in continuazione, tutte le volte che può, a più riprese. L’universo gravita intorno al Dandori, e il Dandori è intorno a noi. Ormai respiro Dandori; vedo Dandori dietro ogni angolo; la semplice ripetizione del concetto è diventata imprinting, o terrorismo psicologico se preferite. 

Scherzi a parte, è curioso come Nintendo dopo oltre 20 anni abbia deciso di calcare così tanto la mano su uno specifico vocabolo per racchiudere la formula di gioco della serie; forse per renderla più “riconoscibile”? In effetti Pikmin viene spesso descritto come uno strategico in tempo reale, ma non ha davvero molto da spartire con gli stilemi del genere. Tornando al Dandori (ok la smetto NdR), suddividere le proprie truppe in modo equo e pratico, assegnando il giusto numero di elementi alle varie attività e coprire così la più vasta superficie nel minor tempo possibile, è un po' il mantra di Pikmin, sin dagli albori su GameCube, ma il 4 compie un ulteriore step evolutivo in tal senso. 

Con ogni capitolo della saga si è sempre cercato di ottimizzare gli spostamenti del giocatore aumentando il numero di capitani controllabili, in modo da avere più fronti attivi in contemporanea, con la possibilità di saltare dall’uno all’altro in un istante, ma non si è mai riusciti a venire a capo di quei momenti “morti” in cui fare la ronda per recuperare i dispersi o coloro che hanno finito il lavoro. Fino ad ora.  

Nonostante questa volta ci troviamo infatti alla testa di un solo comandante “e mezzo”, Pikmin 4 riesce tanto a semplificare quanto ad espandere le dinamiche tradizionali del franchise, grazie a una serie di accorgimenti e istruzioni che ispessiscono il gameplay senza snaturarlo o renderlo più macchinoso, ma che anzi agevolano non poco l’esplorazione e la componente strategica del titolo. 

Possiamo indicare una posizione sulla mappa a uno dei capitani (attivo o meno) da raggiungere, segnalare un punto di raduno dove i Pikmin “scarichi” convergeranno, oppure di indirizzarli verso la Cipolla, ordinare a Occin di tornare da noi o di radunare gli scansafatiche prima di ricongiungersi con il gruppo; in men che non si dica il panorama si tinge di un flusso costante di Pikmin all’opera, vuoi per abbattere un muro, costruire un ponte, consegnare gettoni, materiali e carcasse alla Cipolla, oppure di ritorno al fronte per altri incarichi, senza interruzioni, dall’alba al tramonto, a gran vantaggio del rimo di gioco.  

Le nuove variabili vengono inoltre introdotte con garbo, così da metabolizzarle al meglio, e l’inedita meccanica dei Fioragli (che incrementano il numero massimo di Pikmin in campo da 20 misere unità fino alle classiche 100) abitua sin da subito i novelli condottieri a sfruttare con efficienza le risorse a disposizione, alzando gradualmente il tiro. La cura e lo studio della curva di apprendimento è davvero encomiabile, e non è che l’inizio. 

Il level design si è evoluto di conseguenza, proponendo mappe enormi e dense di contenuti, che si sviluppano anche in verticale, con scorciatoie, enigmi ambientali, checkpoint dove spostare l’accampamento, piattaforme e scalini, aggiungendo un ulteriore dimensione grazie a Occin, grande sorpresa dell’esperienza, utilissimo in numerose circostanze e protagonista di sviluppi e tattiche altrimenti impossibili, eppure tutt’altro che centralizzante.  

L’avatar del giocatore (per il quale avremmo gradito qualche opzione di personalizzazione extra, l’editor è assai limitato) e il suo fedele segugio vantano abilità esclusive che donano a Pikmin 4 una nota quasi da puzzle-platform; sbloccare il percorso non è mai troppo complicato con i Pikmin giusti al seguito, ma stimola a ricercare la soluzione più efficiente e il processo è molto divertente. 

Anche le cave sono state “ristrutturate” per offrire maggiore varietà e funzionalità; i livelli sono più elaborati e interessanti da navigare, sia in termini di design che dal punto di vista prettamente estetico, in generale ci sono meno piani, più curati, ognuno con un piccolo rompicapo da risolvere, e la presenza di uscite secondarie aiuta a integrarle con il mondo esterno. L’enfasi è sull’esplorazione, quindi non si tende a menare le mani come in passato, ma non mancano le solite orde di creature ostili a infestare i cunicoli sotterranei, con tanto di sporadici boss, tra vecchie glorie e new entry niente male. 

Come se non bastasse, ci sono le Battaglie e le Sfide Dandori, dove competere nella nobile arte contro il cronometro o un altro capitano, comandato dalla CPU, per aggiudicarsi i naufraghi trasformati in “Fogliolini”. In realtà limitarsi a vincere è una bazzecola, ma se si punta alle medaglie di platino c’è da sudare parecchio, studiando il layout del livello e senza perdere un secondo, soprattutto nelle prove avanzate. 

Parlando di modalità alternative, lamentiamo l’assenza di un multiplayer degno di questo nome. La finta “co-op” della campagna, con il secondo giocatore circoscritto a tirare ciottoli con un cursore quando avrebbe potuto impersonare Occin, è abbastanza triste, e non comprendiamo come mai dal menu principale sia presente il duello competitivo ma nessuna mappa cooperativa; non c’è neanche l’online. Aggiornamento postumo? DLC? In ogni caso, è un peccato restare sguarniti al day one. 

Dandori issue

In tutto ciò ancora non menzioniamo i Pikmin. Per la prima volta, abbiamo a disposizione qualcosa come 9 specie diverse, sebbene per evitare confusione è possibile schierarne solo 3 per volta; dispiace non potersi portar dietro l’intero arcobaleno, ma cambiare assetto è questione di un attimo, grazie anche al nuovo selettore che consente di aggiustare la composizione dell’esercito prima dell’ingresso in ciascun dungeon. Il bilanciamento del roster è pura utopia, con i viola in grado di demolire qualunque cosa, specie dopo un giro di Spray Ultra-piccante, ma gli sviluppatori si sono prodigati per cercare di dare a tutti i colori un posticino sotto i riflettori. Per ovvi motivi però a rubare la scena sono principalmente il trittico originale e i nuovi arrivati: i Pikmin Gelidi e quelli Iridescenti. 

I primi sono in grado di congelare i mostri in pochi colpi (o dall’interno se mangiati), rimpiazzando a tutti gli effetti lo Spray Ultra-amaro di Pikmin 2; e come avviene lì, un bersaglio frantumato non può essere raccolto, trivializzando quindi il combattimento ma privandoci della ricompensa (da tenere a mente, soprattutto durante le Sfide Dandori). La loro capacità di congelare gli specchi d’acqua poi è a dir poco geniale, e apre le porte a numerose soluzioni logistiche creative per farsi strada lungo i livelli. La loro presenza infine non fa passare in sordina i Blu, per via di tesori sommersi e intere sezioni subacquee. 

I secondi sono invece i protagonisti di una modalità a loro dedicata, le esplorazioni notturne. In questi frangenti saremo chiamati a difendere uno o più depositi di nettare dagli assalti di creature inferocite, in cui la formula di gioco assumerà dei connotati quasi action, con una punta di tower defense e un pizzico di “survival horror” (la colonna sonora non ha alcun diritto di caricare così tanto la tensione). I Pikmin Iridescenti sono immuni a qualunque elemento e si materializzano direttamente nel gruppo di testa a compito ultimato, lasciando al giocatore il solo compito di trincerare l’area ed eliminare gli invasori nella maniera più rapida possibile. Un diversivo intrigante, ma forse avrebbe beneficiato di maggior diversità in termini di gameplay. 

Anche così però di carne al fuoco ce n’è veramente tanta, per un’avventura dal ritmo sempre frizzante che vi porterà via tra le 20 e le 30 ore, a seconda della vostra abilità nel Dandori. L’assenza di vincoli temporali incentiva a prendersela con comodo, ma sfido chiunque una volta entrato nei meccanismi a non volersi mettere alla prova; Pikmin 4 non ha alcun interesse a ostacolare il giocatore, anzi fa di tutto per agevolarlo nella sua impresa, ma esprime il meglio di sé quando è il giocatore stesso a prendere l’iniziativa e a sfidare i propri limiti, giorno dopo giorno (come nei trascorsi episodi, del resto). C’è anche un buon margine di rigiocabilità, vuoi per migliorare il proprio record personale, o per puro diletto; non temete le prime ore di tedio, i filmati si possono sempre saltare. 

Sul versante tecnico, la resa visiva dell’opera Nintendo è notevole: gli ambienti sono enormi, molto dettagliati e vantano un’ottima illuminazione; il frame rate è granitico, privo di incertezze o problemi di pacing, seppur limitato a 30 fotogrammi al secondo. Un pittoresco quadro ricco di fascino in cui sguazzano centinaia di creaturine in perenne movimento. Unico neo i tempi di caricamento tra una transizione e l’altra, un po' lunghi ma non così frequenti da venire a noia. 

E non sarebbe Pikmin senza una sontuosa colonna sonora, che per l’occasione riprende la filosofia modulare del terzo capitolo, con una base ambient su cui il gioco posiziona dozzine di “strati” a seconda del contesto, rimanendo sempre in secondo piano ma al tempo stesso sul pezzo, e riuscendo in qualche modo a descrivere alla perfezione l’attimo senza mai farsi davvero notare, visto che sale d’intensità di pari passo all’azione (salvo qualche traccia volutamente sopra le righe, come il tema del Longopede “Disco”, o i remix dei classici del passato). Sulla carta è un gioiellino, tuttavia a nostro avviso mancano un paio di brani iconici, quelli da ricordare con nostalgia da qui ai prossimi anni; l’insieme è magnifico, ma non c’è nulla che mi porti a esultare come quando i Pikmin iniziano a canticchiare i motivetti di un tempo.