Prey
“BioPrey o PreyShock ?”
Un semplice gioco di parole che ha tenuto banco nel corso di questi ultimi giorni sui gruppi di discussione dedicato all’ultima fatica degli Arkane. Un pensiero comune, in effetti, perché è praticamente impossibile non associare il nostro passaggio su Talos I con quanto già vissuto anni fa su Rapture e poco importa se questa volta l’avventura si svolgerà all’interno di una immensa base spaziale invece che sui fondali marini immaginati da Ken Levine.
Anche qui saremo chiamati a compiere un dedalo di missioni dettate da personaggi che ci contatteranno direttamente sul nostro comunicatore e saremo continuamente messi in guardia dal non fidarci dei nostri interlocutori. Ma se è vero che le prime ore di gioco saranno continuo rovistare tra mille cassetti, cestini e recuperare password e codici, altrettanto vero è che quando Prey riesce a prendere la sua strada mette sul piatto una profondità di gioco e di approccio al nemico davvero eccezionale.
I Typhon che infestano Talos I sono ben altra cosa rispetto ai ricombinanti di Rapture e il grado di difficoltà, anche se giocato a livello medio, ci ha spesso costretto a ripartire daccapo. Quelli immaginati da Arkane sono infatti avversari molto complessi da affrontare non solo per la loro capacità iniziale di sapersi mimetizzare assumendo la forma di comuni oggetti dello scenario, ma anche per la loro capacità di attarci in gruppo, accerchiarci se necessario e battere in ritirata nel momento opportuno. Ed ecco quindi che se su Rapture il nostro nemico era tangibile e facile da riconoscere, su Talos le cose non sono così semplici e vanno ad aggiungere una costante tensione sotterranea che ci accompagnerà praticamente lungo tutte le fasi del gioco.
Ovviamente anche noi saremo muniti di armamentario in grado di controbattere agli attacchi avversari, ma la nostra lenta raccolta del materiale da combattimento ci costringerà, almeno per la primissima parte del gioco, a ripiegare anche su metodi più strategici e meno diretti. E qui la mano di Arkane si fa sentire tantissimo, dal momento che il suo approccio alle meccaniche stealth sono state ben collaudate nelle due esperienze fatte sugli ottimi episodi di Dishonored. Anche qui potremo cercare un approccio più conservativo, cercando di aggirare l’ostacolo piuttosto che scontrarci direttamente con lui e Talos I è naturalmente pieno di ripari, passaggi segreti o strade alternative da cercare, sbloccare o creare. Si, perché una delle armi in nostro possesso, e se si esclude la chiave inglese di “Gordoniana” memoria sarà proprio la prima in nostra dotazione, ci permetterà di creare dei veri e propri passaggi per raggiungere locazioni altrimenti irraggiungibili o, al contempo, creare un bagno di schiuma solida dove imprigionare momentaneamente i nostri avversari per poi terminarli con comodo a colpi di chiave inglese (giocate al risparmio, dateci retta).
Ecco: giocare al risparmio è una delle regole di vita su Talos, perché per quanto avrete la possibilità di raccogliere e riciclare praticamente tutto quello che troverete in giro per riconvertirlo poi in materiale utile, vi troverete molto spesso in deficit di munizioni. E non perché siete degli spreconi che amano dare il colpo di grazia con lo shotgun anziché con la chiave inglese, ma perché il sistema di shooting, soprattutto nelle prime fasi, non è proprio il migliore mai visto in un videogioco. I movimenti del vostro personaggio sono piuttosto lenti e impacciati e questo farà sì che la vostra precisione nelle fasi di attacco non sarà da provetto cecchino. Niente paura, però, perché grazie agli immancabili kit di modifica armi e quelli che infonderanno nel vostro DNA capacità al limite dell’umano, riuscirete a prendere le giuste misure anche a questo problema e anche se non andrete in giro con la stessa naturalezza vista in altri titoli, sarete perfettamente in grado di fronteggiare qualsiasi tipo di avversario.
In realtà quando parliamo di “limiti umani”, diciamo solo parte della verità perché su Talos I potremo addirittura andare oltre, immettendo nel nostro sistema, anche parti di DNA alieno, dandoci quindi modo di assimilare alcune delle caratteristiche principale di nostri avversari. Potremo anche noi assumere le forme degli oggetti circostanti per risolvere alcune situazioni critiche, oppure attaccare il nostro nemico con le sue stesse armi, analizzando i suoi punti deboli e andando ad incidere proprio dove avremo la possibilità di creare il maggior danno possibile. Tutte funzioni che potremo comandare grazie alla classica griglia “alla System Shock” oppure attraverso un geniale menù rapido “a spirale” da cui poter richiamare al volo armi e poteri a nostra diposizione.
In mezzo a tutto questo c’è la triste storia di Talos I, un universo ucronico, dove saremo impotenti testimoni della devastazione creata non solo dall’incontro con una specie ostile, ma dalla natura umana bramosa di controllare una forza così devastante solo per il proprio interesse. Le storie dei suoi abitanti ci saranno raccontante con i soliti appunti che potremo trovare praticamente ovunque, dal lavoro che osserveremo sui loro computer o direttamente dalle loro stesso voci, grazie alle registrazioni vocali che ci guideranno negli orrori vissuti nella stazione spaziale. Quello che ci troveremo a percorrere sarà un ambiente molto vasto e non certo claustrofobico come potrebbe essere facile immaginare, immerso totalmente della desolazione e nella morte.
Un mondo ben ricostruito da Arkane grazie all’ottimo utilizzo del Cry Engine, ma che almeno su Xbox One conosce qualche problema di stabilità che in almeno un paio di occasioni ci ha addirittura costretto al riavvio della console per alcuni inspiegabili freeze di sistema. Non mancano poi tutta una serie di imprecisioni estetiche legate ai ritardi di caricamento delle texture e un frame rate davvero instabile in svariate occasioni. Dispiace dover annotare queste problematiche, soprattutto perchè è tangibile il grande impegno profuso da Arkane su tutto il versante artistico del gioco, a partire da quello visivo che in parte richiama Bioshock per la costruzione degli ambienti e dall’altra ha i caratteristici tratti somatici di Dishonered, per concludere con un comparto audio che è probabilmente una delle migliori sentite negli ultimi anni e che chi vi scrive sta giusto ascoltando in cuffia.
Magagne tecniche a parte, l’avventura su Talos I è una di quelle cose che meritano davvero di essere vissute. Se si eccettua qualche passaggio a vuoto nella gestione del ritmo di gioco, Prey è un titolo che merita di essere giocato e approfondito in ogni sua missione primaria e laterale, che vale la pena di esplorare e di sperimentare, grazie soprattutto alle ottime possibilità date al giocatore di poter variare il metodo d’approccio al gioco. Una perla rara che forse ha forse il suo peggior difetto nell’essere facilmente riconducibile ad altri titoli davvero ancora troppo freschi nella nostra memoria, ed è un peccato perché la ricerca di una nuova strada avrebbe sicuramente creato qualcosa di veramente unico e originale.