PRIM, Monkey Island incontra Tim Burton – Recensione PC

La recensione dell’avventura grafica punta e clicca di Common Colors, un'esperienza piacevole, ben congegnata e ricca di stile, sebbene un po’ breve

di Jacopo Retrosi

Thanatos, meglio conosciuto come Tristo Mietitore, o Morte se preferite, ha una figlia, avuta con un’umana in tempi non sospetti. Ora però che la donna è scomparsa in tragiche circostanze, è compito dell’inquietante genitore prendersi cura dell’adolescente Prim, portandola con sé (anche se sarebbe più opportuno parlare di rapimento) nel regno dei morti, dove potrà cominciare una nuova vita tra i defunti.

Prim però non ci sta e riesce a sgattaiolare di nuovo nel mondo dei vivi, dove incontra Tristan, suo amico d’infanzia. Tuttavia, essendo la figlia di Morte, poteri occulti annessi, lo accidentalmente uccide, e ora dovrà farsi in quattro per riportare l’anima di Tristan nel suo corpo prima che sia troppo tardi, e soprattutto senza farsi scoprire dal padre, con cui non gode esattamente di un rapporto idilliaco. 

Questa era la premessa narrativa di PRIM, di Common Colors e Application Systems Heidelberg, un’avventura grafica punta e clicca “inquietante ma adorabile”, dove il macabro si fonde con la commedia, proponendo tematiche piuttosto cupe condite da humor nero e un tono quasi sempre leggero, il tutto impreziosito da una veste grafica in bianco e nero che fa molto Tim Burton (e un po’ Famiglia Addams a dire il vero).

Dopo il preambolo iniziale, che costituisce la prima delle tre parti in cui si divide la storia, avremo modo di fare la spola tra le varie location dell’Oltretomba, come il fiume Stige e o la classica foresta proibita, interagendo con il colorito cast di comparse e risolvendo enigmi che ci vedranno analizzare l’ambiente circostante, combinare e utilizzare gli oggetti custoditi nell’inventario. 

Come tradizione del genere vuole, dovremo spesso ricorrere a soluzioni buffe o insolite per venire a capo dei problemi che ci si pareranno innanzi, come usare un bottone per svitare dei supporti o spalmare dell’ectoplasma per lubrificare le ruote arrugginite di una scala, ma a differenza del tranello in cui spesso cascano molte avventure grafiche, per svelare l’arcano raramente è necessario inventarsi chissà quale bizzarra connessione tra gli oggetti in proprio possesso e le schermate di gioco.

Ne consegue un’esperienza molto accessibile, ideale per chi non mastica troppo il genere, ma che non trascura sviluppi creativi e ingegnosi; basta affidarsi al proprio intuito e a usare un pizzico di fantasia, ma se proprio ci si ritrova spiaggiati è possibile consultare il diario di Prim per ricevere indizi e soluzioni. Non solo, con la barra spaziatrice si evidenziano tutti gli elementi cliccabili a schermo, rimuovendo la necessità di rastrellare ogni singolo pixel in cerca di interazioni. A tal proposito, i fondali sono tanto ricchi di dettagli quanto chiari e leggibili, nonostante il taglio stilistico potrebbe far pensare altrimenti. 

Nel corso dell’avventura trovano spazio inoltre una serie di minigiochi, obbligatori per proseguire ma molto semplici nelle meccaniche. In particolar modo, “Pallaferetro, una sorta di gioco di carte incentrato su duelli all’ultima bara, si ritaglia una discreta fetta dell’esplorazione, con tanto di carte da collezionare sparse in giro e diversi personaggi che potremo sfidare per ulteriori ricompense. È molto limitato come concept, e una volta che si passa in svantaggio è difficile recuperare terreno (visto che il giocatore attivo decide le sorti dell’incontro, l’altro è un passeggero), ma apprezziamo l’idea, un po’ meno l’esecuzione.

Tornando al cast, Prim è un’ottima protagonista, molto interessante da seguire nelle sue scorribande e nell’analisi di cose e persone, anche quando il controllo passa al suo animaletto, un ragno-occhio che vive all’interno della sua orbita. Il merito è di eccellenti dialoghi, abbinati ad un doppiaggio in inglese altrettanto valido (volendo c’è l’originale in tedesco), che donano vita ai vari personaggi con gusto, carattere e ironia, portando a schermo un discreto numero di attori, tutti ben particolareggiati, pure quando il loro ruolo si riduce a quello di macchietta. Gli scambi sono divertenti, mai troppo lunghi e si lasciano ascoltare con piacere. Da segnalare poi l’ottima localizzazione in italiano, che adatta molto bene nomi e giochi di parole senza far rimpiangere i testi originali. 

PRIM però non offre solo un setting intrigante, dialoghi ben scritti, e puzzle originali e soddisfacenti, ma anche una direzione artistica niente male. Modelli e scenari hanno quella nota da cartoon designato a mano che ben si sposa con l’atmosfera cupa ma non troppo del titolo, e la veste grafica in scala di grigi è caratterizzata da un uso sapiente di punti di luce e sfumature che accentuano dettagli e profondità, creando paesaggi davvero notevoli. Peccato siano in numero esiguo, con un numero di location che si conta sulle dita di una mano, mentre altre potenziali aree d’interesse vengono appena accennate (come il castello di Ade, oppure i Campi Elisi). PRIM dopotutto è un’avventura piuttosto breve, che vi porterà via intorno alle 5-6 ore per essere completata. Tempo ben speso, ma ammettiamo che non ci sarebbe dispiaciuto qualche sviluppo extra.

Molto buona anche la colonna sonora orchestrale, che si contraddistingue per brani dal piglio allegro, con giusto una punta di inquietudine, ideale per le atmosfere “dark” ma scanzonate messe in scena, con tonalità che si adattano alla narrativa senza mai prendere la luce dei riflettori, creando un ottimo sottofondo. Tra le chicche segnaliamo infine la collezione di vinili di Morte, tutti ascoltabili (sebbene solo per pochi secondi) e con tracce che simulano artisti e band realmente esistenti, solo adattati al contesto e storpiati con nomignoli ad hoc, come i Gore-illaz e gli AC-Deceased.