Prince of Persia: Le Sabbie Dimenticate
di
Marco Modugno
Tradizione. Il porting di Le Sabbie Dimenticate su Nintendo DS, oltre a fare i conti con i limiti ben noti in termini di hardware della piattaforma portatile, che escludono a priori le mirabolanti grafiche e la spettacolare colonna sonora delle versioni per console da tavolo, pone questo problema in modo radicale. Sembra infatti che gli sviluppatori di Ubisoft, al momento di trasferire sulla piccola macchia da gioco giapponese l'ultima avventura del principe persiano, si siano sentiti in dovere di mettere al primo posto il fatto che l'utenza media del DS appartiene ad una fascia d'età piuttosto bassa, poco incline a cimentarsi con avventure eccessivamente macchinose e dotate di una curva d'apprendimento eccessivamente ripida.
Ecco allora che, a differenza di Legend of Zelda (che era difficile eccome, anche nella versione DS!) Le Sabbie Dimenticate approda ad un gameplay facilitato, fin troppo immediato e pilotato, che lascia l'amaro in bocca a chiunque possieda più di dieci anni, due dita di ciascuna mano ancora funzionali e abbastanza neuroni ancora attivi da essere in grado di superare il primo quadro di Space Invaders senza far comparire sul monitor la scritta game over.
L'aver scelto lo stilo, invece dei bottoni, come mezzo di controllo del personaggio, fa sì infatti che, per tutto il gioco, si abbia la sensazione di trascinarlo in giro appeso ad una corda invisibile, facendogli compiere praticamente in automatico le evoluzioni più spericolate e perfino gran parte dei combattimenti. Ammazzare nemici picchiettandogli sul capo gentili pacchette con la punta dello stilo vi farà sentire abbastanza stupidi, mentre gli enigmi, so sedicenti tali, vi porteranno a rimpiangere la valigia ad incastro del Professor Layton molto ma molto in fretta.
Infine la fotocamera. Prima che i possessori della versione DSi della console inizino a darsi delle arie, é bene mettere in chiaro che la presenza dell'appendice ottica non permette nessuna mirabilia, parte la possibilità di sostituire lo sfondo del quadro con una vostra foto. C'é sicuramente qualcuno là fuori che non vedeva l'ora di giocare utilizzando come quinta il muro graffitato della sua scuola o la folla in attesa alla fermata del bus davanti a casa. Non so perché, però, sospetto siano una sparuta minoranza, non sufficienti a giustificare lo sforzo della software house per implementare tale funzione, annunciata con incomprensibile orgoglio anche sul retro della confezione.
Chi segue il franchise del principe fin dal suo debutto su Apple IIe, é fiero di appartenere ad una compagine di giocatori d'elite, lucidi e sempre pronti ad affrontare sequenze di salti al millimetro senza checkpoint di salvataggio, o enigmi da strizzarsi le meningi con interminabili sequenze di leve, ingranaggi, trabocchetti e... ancora salti. Nulla di tutto questo é presente in questa versione super tascabile, che si limita a concedere una blanda avventura platform, intervallata da qualche combattimento caratterizzato dello stesso tasso di adrenalina di un pisolino su una panchina del parco dopo mangiato. Il gioco si gioca praticamente da solo, esaurendo in una manciata di ore il suo scarno contenuto e non lasciandovi altra scelta che tentare di rifilarlo a qualcuno per recuperare almeno in parte il prezzo pagato oppure collocarlo sullo scaffale come monumento a perenne memoria di un acquisto precipitoso e incauto.
L'assenza di un multiplayer di qualsiasi genere con costituisce che uno dei parecchi difetti del titolo, che nemmeno può essere rimproverato più di tanto per il livello grafico (la DS fa quel che può, anche se abbiamo visto di meglio in giochi di tre anni fa) e sonoro (niente voci o vere musiche, solo jingle da coin-op anni Ottanta, peraltro tutt'altro che spiacevoli, va detto). La tecnica avveniristica, sostiene sempre il mio amico Gus che tuttora passa ore attaccato a Civilization 2, vale poco quando il gameplay non gira e non riesce a coinvolgere.
Per regalare all'utenza appassionata di Prince of Persia, e magari rivitalizzata dalla recente uscita del film Disney, tutt'altro che deprecabile specie se paragonato alla mediocrità di alcuni titoli auto incensati come l'agghiacciante Robin Hood di Scott (é evidente che Crowe e la Blanchett avevano rate di mutuo in scadenza, se hanno accettato un copione in grado di far appannare le glorie di Massimo Meridio e Dama Galadriel molto a lungo), bastava tornare alle origini. E cioé sviluppare la trama del gioco (esilina a dire il vero, nonostante l'inserimento quasi a forza dell'ormai famigerato meccanismo di riavvolgimento temporale ottenibile mediante le Sabbie del Tempo) con un motore che ricordasse, magari in meglio, il primo Prince of Persia. Il titolo non avrebbe perso le sue caratteristiche hardcore, attirandosi quanto meno la simpatia di tutti gli appassionati, senza nessun bisogno di grafiche next-gen o dolby surround. Niente che non fosse alla portata degli abili sviluppatori Ubisoft e della piccola ma ben equipaggiata console Nintendo. Ovvio che questo avrebbe richiesto una scelta radicale per quanto riguarda il sistema di controllo.
Lo stilo doveva restare nel suo comparto, lasciando le luci della ribalta, almeno per questa volta, ai gloriosi pulsanti e all'altrettanto amato d-pad.
Sono convinto che sarebbe stata tutta un'altra musica. Invece si é preferito tradire l'impostazione “dura e pura” del marchio e generare una specie d'ibrido con i giochi destinati ai giocatori giovanissimi. Con il risultato inevitabile, però, che questo principe bonsai non é né kebab né felafel. E finirà, come merita, per rimanere sullo scaffale.
Ecco allora che, a differenza di Legend of Zelda (che era difficile eccome, anche nella versione DS!) Le Sabbie Dimenticate approda ad un gameplay facilitato, fin troppo immediato e pilotato, che lascia l'amaro in bocca a chiunque possieda più di dieci anni, due dita di ciascuna mano ancora funzionali e abbastanza neuroni ancora attivi da essere in grado di superare il primo quadro di Space Invaders senza far comparire sul monitor la scritta game over.
L'aver scelto lo stilo, invece dei bottoni, come mezzo di controllo del personaggio, fa sì infatti che, per tutto il gioco, si abbia la sensazione di trascinarlo in giro appeso ad una corda invisibile, facendogli compiere praticamente in automatico le evoluzioni più spericolate e perfino gran parte dei combattimenti. Ammazzare nemici picchiettandogli sul capo gentili pacchette con la punta dello stilo vi farà sentire abbastanza stupidi, mentre gli enigmi, so sedicenti tali, vi porteranno a rimpiangere la valigia ad incastro del Professor Layton molto ma molto in fretta.
Infine la fotocamera. Prima che i possessori della versione DSi della console inizino a darsi delle arie, é bene mettere in chiaro che la presenza dell'appendice ottica non permette nessuna mirabilia, parte la possibilità di sostituire lo sfondo del quadro con una vostra foto. C'é sicuramente qualcuno là fuori che non vedeva l'ora di giocare utilizzando come quinta il muro graffitato della sua scuola o la folla in attesa alla fermata del bus davanti a casa. Non so perché, però, sospetto siano una sparuta minoranza, non sufficienti a giustificare lo sforzo della software house per implementare tale funzione, annunciata con incomprensibile orgoglio anche sul retro della confezione.
Chi segue il franchise del principe fin dal suo debutto su Apple IIe, é fiero di appartenere ad una compagine di giocatori d'elite, lucidi e sempre pronti ad affrontare sequenze di salti al millimetro senza checkpoint di salvataggio, o enigmi da strizzarsi le meningi con interminabili sequenze di leve, ingranaggi, trabocchetti e... ancora salti. Nulla di tutto questo é presente in questa versione super tascabile, che si limita a concedere una blanda avventura platform, intervallata da qualche combattimento caratterizzato dello stesso tasso di adrenalina di un pisolino su una panchina del parco dopo mangiato. Il gioco si gioca praticamente da solo, esaurendo in una manciata di ore il suo scarno contenuto e non lasciandovi altra scelta che tentare di rifilarlo a qualcuno per recuperare almeno in parte il prezzo pagato oppure collocarlo sullo scaffale come monumento a perenne memoria di un acquisto precipitoso e incauto.
L'assenza di un multiplayer di qualsiasi genere con costituisce che uno dei parecchi difetti del titolo, che nemmeno può essere rimproverato più di tanto per il livello grafico (la DS fa quel che può, anche se abbiamo visto di meglio in giochi di tre anni fa) e sonoro (niente voci o vere musiche, solo jingle da coin-op anni Ottanta, peraltro tutt'altro che spiacevoli, va detto). La tecnica avveniristica, sostiene sempre il mio amico Gus che tuttora passa ore attaccato a Civilization 2, vale poco quando il gameplay non gira e non riesce a coinvolgere.
Per regalare all'utenza appassionata di Prince of Persia, e magari rivitalizzata dalla recente uscita del film Disney, tutt'altro che deprecabile specie se paragonato alla mediocrità di alcuni titoli auto incensati come l'agghiacciante Robin Hood di Scott (é evidente che Crowe e la Blanchett avevano rate di mutuo in scadenza, se hanno accettato un copione in grado di far appannare le glorie di Massimo Meridio e Dama Galadriel molto a lungo), bastava tornare alle origini. E cioé sviluppare la trama del gioco (esilina a dire il vero, nonostante l'inserimento quasi a forza dell'ormai famigerato meccanismo di riavvolgimento temporale ottenibile mediante le Sabbie del Tempo) con un motore che ricordasse, magari in meglio, il primo Prince of Persia. Il titolo non avrebbe perso le sue caratteristiche hardcore, attirandosi quanto meno la simpatia di tutti gli appassionati, senza nessun bisogno di grafiche next-gen o dolby surround. Niente che non fosse alla portata degli abili sviluppatori Ubisoft e della piccola ma ben equipaggiata console Nintendo. Ovvio che questo avrebbe richiesto una scelta radicale per quanto riguarda il sistema di controllo.
Lo stilo doveva restare nel suo comparto, lasciando le luci della ribalta, almeno per questa volta, ai gloriosi pulsanti e all'altrettanto amato d-pad.
Sono convinto che sarebbe stata tutta un'altra musica. Invece si é preferito tradire l'impostazione “dura e pura” del marchio e generare una specie d'ibrido con i giochi destinati ai giocatori giovanissimi. Con il risultato inevitabile, però, che questo principe bonsai non é né kebab né felafel. E finirà, come merita, per rimanere sullo scaffale.
Prince of Persia: Le Sabbie Dimenticate
4.5
Voto
Redazione
Prince of Persia: Le Sabbie Dimenticate
La maledizione del tie-in é arrivata fino in Persia. La versione super tascabile (ne esiste anche una, completamente differente, per PSP) dell'ultima fatica videoludica di Ubisoft associata allo storico franchise scivola sulla buccia di dattero dell'ovvietà e della necessità di rendere un prodotto tradizionalmente hardcore accessibile a tutti, inclusi i più piccini. Si divertiranno solo quelli che, al momento, non hanno ancora raggiunto l'età minima stabilita invece dalla classificazione PEGI (12 anni). A tutti gli altri, se proprio hanno voglia di avventure fantasy sul DS, suggeriamo di tirare piuttosto fuori dal cassetto Legend of Zelda!