Prinny: Can I Really Be the Hero?

di Luca Luperini
Da sciagurata comparsa a sfortunato protagonista
Da videogiocatori più o meno navigati, se ci fosse stato chiesto quale personaggio secondario avrebbe potuto trarre giovamento da un proprio spin off, difficilmente avremmo fatto il nome di Prinny, il bistrattato pinguino esplosivo di Disagea. Nippon Ichi evidentemente non la pensa così e prova a far cambiare idea anche a noi con la sua ultima, inconsueta, creazione per PSP.

Prinny: Can i Really be the Hero? condivide con il ruolistico Disagea solamente lo stesso universo narrativo assieme al medesimo, giapponesissimo, sense of humor. Il tutto per narrare una storia semplice quanto deliziosamente strampalata. Attraverso le due dimensioni tipiche dei platform d'altri tempi, verremo immersi nella realtà di Prinny. Un'esistenza anonima e colma di soprusi da trascorrere all'interno di un villaggio assieme ad un ingente numero di nostri simili, tutti trasformati in sorta di pinguini per espiare le colpe di una vita precedente.



Si suol dire “mal comune, mezzo gaudio”, peccato che al nostro amico color glicine non capiti neanche questa fortuna. Si troverà infatti da solo a dover espiare una terribile colpa, tentando di salvare l'intera comunità dalla furia dell'iracondo Etna (altra vecchia conoscenza di Disagea). A scuotere l'armonia nel Netherworld non é stato altro che il furto del pranzo di Etna, il quale per sopperire al misfatto pretende niente meno che l'ultra dessert: un dolce dal sapore sopraffino che si contraddistingue per l'estrema rarità degli ingredienti.
E' così che iniziano le avventure di Prinny: cercando di reperire uno per volta gli elementi utili ad assemblare la divina pietanza, location per location, demone per demone, facendo al contempo luce sul giallo del furto culinario.

Piccoli Prinny muoiono
Con il suo aspetto colorato e tenerone, da platform per famiglie, Prinny può trarre facilmente in inganno il giocatore. In realtà bastano pochi salti per rendersi conto della particolarità del titolo, la quale traspare in primis da alcune scelte ben precise di gameplay.

Certo, Can i Really be the Hero? é un platform nel senso più stretto del termine: livelli lineari, boss di fine livello, ed una pressoché nulla progressione narrativa nel corso dello stage. Tale classicismo sfocia nel puro citazionismo al momento di trattare il sistema di gestione degli attacchi, il quale si presenta come un pourpurry di tutte le soluzioni paradigma del genere. C'é il salto che tramortisce alla Mario, il colpo frontale secco e non combinabile modello Alex Kidd, il lancio degli oggetti stile Donkey Kong , ed infine fanno la loro comparsa perfino un carro armato ed un piccolo aeroplano che sembran la versione hippy di quelli già visti in Metal Slug. Il gusto per il demodé viene spezzato soltanto dalla variante aerea dell'attacco singolo il quale, oltre a comportare un seppur breve cambio di visuale capace di mettere in evidenza la profondità tridimensionale dei fondali, consente di effettuare delle mini combo tanto utili quanto visivamente appaganti.

Fin qui tutto molto convenzionale vero!? Niente paura, a rendere l'esperienza di gioco atipica di pensa una difficoltà complessivamente alta -con picchi rasentanti il diabolico negli scontri con di fine livello- capace di anestetizzarci totalmente, o quasi, di fronte alla morte del nostro alter ego.
Perché morire, in Prinny, é letteralmente parte del gioco. Ed é qui che la caratterizzazione del personaggio, sciagurato, bistrattato e, nonostante il suo pacioccoso aspetto, meritevole di tutte le pene di cui é soggetto, si incrocia con il frangente prettamente giocoso del titolo. Le mille vite messe a disposizione per compiere la campagna non sono altro che un altro sberleffo al protagonista.



L'umorismo di fondo, nero e pungente, non termina dopo l'ennesimo annichilente scambio di battute, ma prosegue durante il compimento di ogni singola azione. Azione che in Prinny, come in ogni altro platform che si rispetti, la maggior parte delle volte corrisponde ad un salto. Proprio nel gesto più naturale che si possa pensare in questa tipologia di gioco, si riversa la vena sadica dei Nippon Ichi, i quali ci tolgono del tutto la possibilità di modificare la traiettoria di salto “in volo”, costringendoci così a spiccare con precisione balistica ogni singolo balzo, sapendo fin dal momento in cui stacchiamo le pinne dal suolo che qualunque errore di calcolo verrà pagato a duro prezzo. E se la situazione non vi pare ancora abbastanza “calda”, in qualsiasi momento potrete sempre abbandonare la difficoltà Standard per quella Hell's Finest, dove per far esplodere il vostro Prinny basterà un unico, fatale, impatto indesiderato.

La marcia dei pinguini
Anche dal punto di vista prettamente estetico Can i Really be the Hero? si difende egregiamente. Le due dimensioni all'interno delle quali si muove il protagonista si rivelano presto più di quanto lo scorrimento orizzontale lasci intravedere. I colorati ed azzeccatissimi sprite si sovrappongono lasciando percepire un senso di profondità che va ben oltre le due dimensioni. L'arcano é svelato non appena intavoliamo una sequenza di attacco volante. Basta infatti che la telecamera vada fuori asse durante l'offensiva per accorgersi che in realtà ci stiamo muovendo all'interno di un contesto tridimensionale. Un accorgimento utile a spettacolarizzare le frequenti fasi di combattimento aereo, oltre che a dare al titolo un impatto visivo piacevolmente ricco e sfaccettato.

C'é però da dire che non basta certo un lieve spostamento di inquadratura a giustificare la funzione di salvataggio video -con la possibilità di condividere successivamente le sequenze registrate- di cui Nippon Ichi ha dotato Prinny. In particolare, il parco animazioni non é abbastanza ricco e coreografico da invogliare il giocatore a far sfoggio delle proprie gesta, rendendo così inespresso il potenziale dell'interessante feature di video recording.

Bocciato il tentativo di buttarsi nell'avveniristico mercato del file sharing videoludico, il titolo da senz'altro il meglio di se quando si tratta di tornare sul collaudato campo d'azione del platform vecchio stampo. Ed é soprattutto nel raccontare la storia cornice che l'estro di Prinny trova la giusta collocazione. I dialoghi sono spumeggianti e mai banali. L'impeccabile caratterizzazione dei personaggi trova manforte sia nel doppiaggio che nella realizzazione artistica. Insomma, vi meraviglierete voi stessi di quanto un plot apparentemente sempliciotto possa catturare la vostra attenzione attraverso l'acume dei testi e delle soluzioni scenografiche adottate.
Certo, il tutto a condizione che mastichiate un inglese più che decente, considerata la totale assenza di localizzazione italiana.
Ad ogni modo vi accorgerete ben presto di come il pittoresco vocabolario di Prinny, con le sue irresistibili espressioni feticcio, entrerà a far parte del vostro parlare quotidiano dopo appena un paio d'ore di gioco, per la felicità di amici e parenti, Dood!