Prisoner of war

di Redazione Gamesurf
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E' bene dire subito una cosa: chi cerca azione frenetica e scontri a fuoco può tranquillamente guardare da un'altra parte. Chi, invece, si muove a suo agio nei sotterfugi e possiede una discreta dose di pazienza si faccia avanti: potrebbe trovare PoW di suo gradimento. Posta questa premessa si può accennare alla storia. PoW ci mette nei panni dei protagonisti di un grande film di guerra (con uno strepitoso Steve Mc Queen) dal titolo "La grande fuga". Per chi non lo conoscesse basti dire che racconta la storia del tentativo di evadere di alcuni soldati alleati da un campo di prigionia tedesco durante la Seconda Guerra mondiale.

Naturalmente non interpretiamo il personaggio di Steve Mc Queen ma, mutato ciò che deve mutare, il risultato non cambia. In PoW decidiamo le sorti di Lewis Stone, un capitano dell'intelligence aeronautica, abbattuto durante una missione di spionaggio proprio ad alcuni campi di concentramento e, ironia della sorte, internato guarda caso in uno di essi. Qui farà la scoperta che qualcosa di molto più importante di un luogo di detenzione si nasconde dietro al filo spinato: il campo è il mascheramento di un centro di sviluppo di armi e questa informazione deve essere riportata al comando per rovesciare le sorti della guerra.

Ormai si è intuito dal titolo e dall'antefatto che lo scopo di Stone è quello di evadere dal campo. Se lo scopo può essere riassunto in poche parole, la via per raggiungerlo e l'ambiente in cui il capitano si muove necessitano di una descrizione approfondita. Innanzi tutto l'originalità del gioco si basa sulla riproduzione il più reale possibile della vita in un campo di prigionieri di guerra. Allora la vita di Stone nel campo è scandita da precise regole che disciplinano la routine di ogni giorno (nella finzione del gioco corrisponde a circa mezzora): naturalmente deve rispondere agli appelli del mattino e della sera, deve attenersi agli orari dei pasti e a quelli delle ore di libertà.



E sempre naturalmente mancare a uno di questi appuntamenti forzati comporta una sgradita attenzione delle guardie. La domanda successiva riguarda il motivo per cui si può mancare all'appello: perché si è impegnati nella ricerca di una via di fuga. Questo, in sostanza, è il possibile andamento della vita quotidiana nel campo per il nostro capitano.
Scendendo nei particolari si può dire che il protagonista si muove in una prospettiva in terza persona alla ricerca, nel perimetro del campo, di oggetti e aiuto per tentare la fuga.

La ricerca degli oggetti, chiavi per accedere ad aree chiuse o il classico piede di porco per farsi largo in alcuni sbarramenti, si divide in tante missioni ciascuna scandita dai propri tempi. Se la raccolta di strumenti utili allo scopo è essenziale anche la raccolta di informazioni non è da meno. Stone non è l'unico prigioniero nel campo e proprio dagli sfortunati compagni di sventura si può venire a conoscenza dei luoghi in cui sono nascosti gli oggetti oppure, più semplicemente, dei consigli migliori sui metodi di fuga o sui percorsi di sorveglianza delle guardie.