Pro Evolution Soccer 4
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Si ricomincia, e ogni anno è la stessa storia. Cadono i governi, passano le stagioni, la nostra vita è scandita da momenti belli e brutti ma ogni anno, male o bene che vada, c'è sempre un nuovo campionato che ci aspetta. E poco male che la nostra squadra del cuore non sia arrivata prima, perché ogni anno il grande circo del calcio ricomincia, con le sue scommesse, i passaporti falsi, il doping e gli arbitri venduti. Ma, detto inter nos, in fondo è sempre calcio, reale o videoludico che sia. Così quest'anno siamo a quattro, e PES prima di spegnere le candeline, forte di una tradizione gloriosa e motivata da un'agguerrita concorrenza, per l'ennesima volta si mostra davanti ai nostri occhi in tutto il suo splendore. Che poi spesso e volentieri la versione europea di Winning Eleven risulti qualitativamente inferiore rispetto alla controparte nipponica, è un altro discorso. Dalle insidie di questo pregiudizio parte la nostra recensione, che se da un lato premia ancora una volta la qualità del titolo Konami, dall'altro mostra un pizzico di malcontento per alcune magagne che vanno a inficiare un titolo di indiscutibile valore.
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Anche stavolta il discorso è sostanzialmente analogo agli anni passati. E' un bel pensare. Anche perché, a conti fatti, finora la Konami non è riuscita a stemperare le nostre certezze di estrazione ottimistica circa il suo prodotto, capace in ogni sua uscita di rinnovarsi, ampliarsi, modificarsi e perfezionarsi, senza tradire le componenti simulative che l'han portato al successo. Qualche mese dopo l'immancabile versione nipponica, arriva anche a noi profani l'immancabile conversione, qualitativamente eccelsa per far gridare al miracolo i meno accorti, e un pizzico sotto le aspettative per far gridare allo scandalo i puristi del genere. Ma andiamo con calma. Rispetto a PES3, siamo dinnanzi a un altro calcio. Non giriamoci molto intorno: PES4 è più realistico, è più divertente, è più bello da giocare e sostanzialmente migliore. Anche tecnicamente, è più di un gradino avanti. Per quanto concerne l'online, purtroppo per gli utenti del monolite nero l'appuntamento è rimandato, ma ancora una volta stupisce la capacità dei programmatori di arricchire e perfezionare a tal punto un gameplay che già un anno fa riusciva ad annichilire la concorrenza, invero infima se confrontata dal punto di vista prettamente ludico.
Nessuna chiave di volta, nessun stravolgimento, solo perfezionamenti a un impianto ludico già di per se altissimo, qualitativamente parlando. Il sistema di controllo, riprende la stessa mappatura dei tasti vista nei precedenti capitoli (aggiungendo qualche combinazione), ma appena preso in mano il joypad si rimane spaesati, e ricomincia il calvario dell'apprendimento. Le differenze riguardano la fisica del pallone, rinnovata in meglio, i movimenti dei giocatori e l'interazione tra questi e la palla, nonché tutta la sfera riguardante passaggi, tiri e qualsivoglia azione fattibile. Il gioco calcio, è senz'ombra di dubbio il migliore finora riprodotto, infiorato di doppi passi, tocchi d'esterno o di tacco, veroniche, finezze in fase conclusiva e virtuosismi che si sprecano. Ma è allo stesso tempo il calcio degli errori, con giocatori che sbagliano malamente il passaggio o attaccanti che soli davanti alla porta riescono a mandare il pallone nel terzo anello. E i tifosi si fanno sentire, mentre Civoli e Sandreani continuano con la loro interminabile serie di stupide illazioni. Sicuramente più validi di Luca de Capitani e Massimo Tecca della versione precedente, ma è una mera consolazione.
L'implementazione di una maggiore velocità di gioco rappresenta l'atto di nascita di un calcio che, piuttosto che allargare i propri orizzonti verso un'azione di gioco ragionata, concede spazi prevalentemente all'istintività del giocatore, tarpando le ali alla logica delle azioni costruite, vero pregio di questa serie. Ne esce fuori un gameplay contraddittorio se paragonato al cugino nipponico: da un parte WE8 appare meglio bilanciato in quanto a velocità di gioco e possibilità di costruire azioni più o meno plausibili ed efficaci, dall'altra PES4 pone rimedio a una serie di piccoli errori che intaccavano il precedente prodotto con gli occhi a mandorla. La verità sta nel mezzo. Perché se in we8 il giocatore doveva assumere le sembianze di una personalità pensosa, riflessiva, in questo pes4 si identifica come un carattere istintivo, a tratti illogico per come siamo abituati a intenderlo. L'accentuata velocità di gioco, che in parte va a ostacolare i tentativi di porre in essere un gioco ragionato, con aperture, cambi di fasce e lanci lunghi, purtroppo è annoverabile come uno dei difetti di questa conversione.
D'altro canto arrivano i pregi. Il quasi totale annullamento dei rallentamenti dovuto alla semplificazione delle animazioni, da un lato si esplica brutalmente con alcune finte eseguite a velocità lampo, ma l'assenza di fastidiose scene da moviola di Biscardi, specie nei caldi d'angolo, migliora sensibilmente l'esperienza ludica. In questa versione i club presenti sono ben 138 e tra di essi segnaliamo gli interi campionati Italiano, Spagnolo, Inglese, Tedesco, Olandese e Francese, le componenti della Champion's League 2003/2004, e le sudamericane Boca, River e Cruzeiro (sebbene i nomi siano stati oppurtanamente modificati). Anche la questione licenze, che in PES 3 era stata affrontata in maniera superficiale con un pugno di squadre munite di nomi, marchi e divise originali, nel quarto episodio della serie risulta curata, sulla buona strada per raggiungere i fasti (almeno da questo punto di vista) della serie FIFA. Tutte le squadre dei campionati Italiano, Spagnolo e Olandese sono completamente licenziate, munite delle divise originali della stagione in corso. Oltre a ciò la Konami ha introdotto la possibilità di prendere parte ai campionati personalizzati e ufficiali delle suddette tre nazioni. Pur presentando ancora parecchi giocatori con nome e sembianze storpiate, la stragrande maggioranza dei giocatori europei, ma anche brasiliani e argentini, non solo presentano nomi originali, ma fanno sfoggio delle caratteristiche somatiche tipiche delle rispettive controparti reali. Tutte le restanti differenze sono lievi ma riscontrabili: tra queste annoveriamo il parziale aggiornamento del database alla stagione attuale, con le neopromosse di tutti i campionati presenti, le nuove divise per le squadre fornite di licenza e i trasferimenti aggiornati a metà agosto, fattore che alleggerisce di parecchio il lavoro degli operosi smanettoni dell'editor. Last but not least, una maggiore potenza che caratterizza i tiri e i calci di punizione (invero fiacchi nella versione jappo), ma anche, è doveroso citarlo, una maggiore perforabilità dei portieri dovuta ad una maggiore fermezza degli stessi.
Il nuovo PES è stato arricchito e abbellito a 360 gradi, non solo dal punto di vista del gameplay, ma anche sotto l'aspetto prettamente grafico. Maggiore pulizia visiva, nuove animazioni, maggior numero di poligoni, inserimento dell'arbitro in campo e una serie di abbellimenti più o meno funzionali per cui PES3 diventa solo un vecchio ricordo. Alla fine, valutando i pro e i contro, PES4 rimane un ottimo titolo. Anche se l'arbitro a volte si dimostra cieco nel non vedere rigori plateali, se il vostro giocatore viene fermato per un indubbio fallo di mano, se non vi viene data la regola del vantaggio mentre eravate pronti a fiondarvi in area, se la palla non vuole entrare nella porta avversaria nemmeno a pagarla e se il vostro portiere si lascia infilare da trenta metri con un tiro che anche vostra zia avrebbe parato in perfetto surplace. Perché lamentarsi, in fondo è questo il vero calcio...
Anche stavolta il discorso è sostanzialmente analogo agli anni passati. E' un bel pensare. Anche perché, a conti fatti, finora la Konami non è riuscita a stemperare le nostre certezze di estrazione ottimistica circa il suo prodotto, capace in ogni sua uscita di rinnovarsi, ampliarsi, modificarsi e perfezionarsi, senza tradire le componenti simulative che l'han portato al successo. Qualche mese dopo l'immancabile versione nipponica, arriva anche a noi profani l'immancabile conversione, qualitativamente eccelsa per far gridare al miracolo i meno accorti, e un pizzico sotto le aspettative per far gridare allo scandalo i puristi del genere. Ma andiamo con calma. Rispetto a PES3, siamo dinnanzi a un altro calcio. Non giriamoci molto intorno: PES4 è più realistico, è più divertente, è più bello da giocare e sostanzialmente migliore. Anche tecnicamente, è più di un gradino avanti. Per quanto concerne l'online, purtroppo per gli utenti del monolite nero l'appuntamento è rimandato, ma ancora una volta stupisce la capacità dei programmatori di arricchire e perfezionare a tal punto un gameplay che già un anno fa riusciva ad annichilire la concorrenza, invero infima se confrontata dal punto di vista prettamente ludico.
Nessuna chiave di volta, nessun stravolgimento, solo perfezionamenti a un impianto ludico già di per se altissimo, qualitativamente parlando. Il sistema di controllo, riprende la stessa mappatura dei tasti vista nei precedenti capitoli (aggiungendo qualche combinazione), ma appena preso in mano il joypad si rimane spaesati, e ricomincia il calvario dell'apprendimento. Le differenze riguardano la fisica del pallone, rinnovata in meglio, i movimenti dei giocatori e l'interazione tra questi e la palla, nonché tutta la sfera riguardante passaggi, tiri e qualsivoglia azione fattibile. Il gioco calcio, è senz'ombra di dubbio il migliore finora riprodotto, infiorato di doppi passi, tocchi d'esterno o di tacco, veroniche, finezze in fase conclusiva e virtuosismi che si sprecano. Ma è allo stesso tempo il calcio degli errori, con giocatori che sbagliano malamente il passaggio o attaccanti che soli davanti alla porta riescono a mandare il pallone nel terzo anello. E i tifosi si fanno sentire, mentre Civoli e Sandreani continuano con la loro interminabile serie di stupide illazioni. Sicuramente più validi di Luca de Capitani e Massimo Tecca della versione precedente, ma è una mera consolazione.
L'implementazione di una maggiore velocità di gioco rappresenta l'atto di nascita di un calcio che, piuttosto che allargare i propri orizzonti verso un'azione di gioco ragionata, concede spazi prevalentemente all'istintività del giocatore, tarpando le ali alla logica delle azioni costruite, vero pregio di questa serie. Ne esce fuori un gameplay contraddittorio se paragonato al cugino nipponico: da un parte WE8 appare meglio bilanciato in quanto a velocità di gioco e possibilità di costruire azioni più o meno plausibili ed efficaci, dall'altra PES4 pone rimedio a una serie di piccoli errori che intaccavano il precedente prodotto con gli occhi a mandorla. La verità sta nel mezzo. Perché se in we8 il giocatore doveva assumere le sembianze di una personalità pensosa, riflessiva, in questo pes4 si identifica come un carattere istintivo, a tratti illogico per come siamo abituati a intenderlo. L'accentuata velocità di gioco, che in parte va a ostacolare i tentativi di porre in essere un gioco ragionato, con aperture, cambi di fasce e lanci lunghi, purtroppo è annoverabile come uno dei difetti di questa conversione.
D'altro canto arrivano i pregi. Il quasi totale annullamento dei rallentamenti dovuto alla semplificazione delle animazioni, da un lato si esplica brutalmente con alcune finte eseguite a velocità lampo, ma l'assenza di fastidiose scene da moviola di Biscardi, specie nei caldi d'angolo, migliora sensibilmente l'esperienza ludica. In questa versione i club presenti sono ben 138 e tra di essi segnaliamo gli interi campionati Italiano, Spagnolo, Inglese, Tedesco, Olandese e Francese, le componenti della Champion's League 2003/2004, e le sudamericane Boca, River e Cruzeiro (sebbene i nomi siano stati oppurtanamente modificati). Anche la questione licenze, che in PES 3 era stata affrontata in maniera superficiale con un pugno di squadre munite di nomi, marchi e divise originali, nel quarto episodio della serie risulta curata, sulla buona strada per raggiungere i fasti (almeno da questo punto di vista) della serie FIFA. Tutte le squadre dei campionati Italiano, Spagnolo e Olandese sono completamente licenziate, munite delle divise originali della stagione in corso. Oltre a ciò la Konami ha introdotto la possibilità di prendere parte ai campionati personalizzati e ufficiali delle suddette tre nazioni. Pur presentando ancora parecchi giocatori con nome e sembianze storpiate, la stragrande maggioranza dei giocatori europei, ma anche brasiliani e argentini, non solo presentano nomi originali, ma fanno sfoggio delle caratteristiche somatiche tipiche delle rispettive controparti reali. Tutte le restanti differenze sono lievi ma riscontrabili: tra queste annoveriamo il parziale aggiornamento del database alla stagione attuale, con le neopromosse di tutti i campionati presenti, le nuove divise per le squadre fornite di licenza e i trasferimenti aggiornati a metà agosto, fattore che alleggerisce di parecchio il lavoro degli operosi smanettoni dell'editor. Last but not least, una maggiore potenza che caratterizza i tiri e i calci di punizione (invero fiacchi nella versione jappo), ma anche, è doveroso citarlo, una maggiore perforabilità dei portieri dovuta ad una maggiore fermezza degli stessi.
Il nuovo PES è stato arricchito e abbellito a 360 gradi, non solo dal punto di vista del gameplay, ma anche sotto l'aspetto prettamente grafico. Maggiore pulizia visiva, nuove animazioni, maggior numero di poligoni, inserimento dell'arbitro in campo e una serie di abbellimenti più o meno funzionali per cui PES3 diventa solo un vecchio ricordo. Alla fine, valutando i pro e i contro, PES4 rimane un ottimo titolo. Anche se l'arbitro a volte si dimostra cieco nel non vedere rigori plateali, se il vostro giocatore viene fermato per un indubbio fallo di mano, se non vi viene data la regola del vantaggio mentre eravate pronti a fiondarvi in area, se la palla non vuole entrare nella porta avversaria nemmeno a pagarla e se il vostro portiere si lascia infilare da trenta metri con un tiro che anche vostra zia avrebbe parato in perfetto surplace. Perché lamentarsi, in fondo è questo il vero calcio...