Project Altered Beast

di Antonio Norfo
La mamma di Sonic non disdegna di destare dal sonno della gloria alcune delle sue meritevoli icone.
A priori e considerate le leggi del mercato non vi sarebbe nulla di opinabile, purché, unica imprescindibile richiesta, lo sviluppo offra il giusto rispetto a quei mostri sacri. Una cura che evidentemente non ha contraddistinto l'ultima "operazione ripescaggio", questa volta operata dagli Wow Studios. Jyuouki: Project Altered Beast, semplicemente noto come Altered Beast in quel dell'Europa, è la trasposizione tridimensionale dell'omonimo classico ed oltre ad aver sancito un grigio inizio anno per la grande S, alla prova del joypad esso mostra il perché le controparti di fine anni ottanta (Arcade e Megadrive) continuino ad essergli di gran lunga preferibili. Scomparsa quell'aurea ellenico-latino-mitologico-splatter, sì discutibile per l'accostamento ma quantomeno simbiotica al concept di gioco, il nuovo esponente si avvale della sola ultima componente citata, strizzando l'occhio a quell'horror classificato genericamente tra le serie C e B. Abbondanza di salsa rossa a parte, zombie e pseudo-tali, topi mutanti ed altre alienanti creature simili bastano le prime sedute per comprendere gli anelli deboli dell'arrugginita catena. A problemi storici del genere beat'em up, e però non dei suoi migliori esponenti, quali inquadrature assai traballanti ed una linearità nel progredire, si aggiungono alcune pecche strutturali tutt'altro che felici.

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Va detto che la telecamera è gestibile dal giocatore, ma quest'ultimo può dedicargli l'appropriata attenzione solo al di fuori dell'azione, azione che com'è intuibile occupa la quasi totalità del tempo trascorso. Nell'offendere più che nel muoversi e saltare, la risposta dei comandi è apprezzabile, ciononostante sono la mancata varietà e ricerca dell'alternativa a sollevare gran parte dei dubbi e delle problematiche. Com'è logico attendersi dalla nomenclatura e dall'albero genealogico sono ancora le metamorfosi animalesco-antropomorfe (il cui numero, questo sì, è soddisfacente) a prevalere all'interno dell'avventura. Come ai tempi dei 16 bit, così oggi lo status umano dà poca garanzia alla vittoria (ed indubbiamente gli dona poca celerità); nelle vesti di lupo o chi per lui, invece, si acquistano le giuste dosi d'irruenza e forza fisica, arricchite da un sistema di combinazioni che per quanto presenti fanno poco per emergere in spettacolarità ed interesse (complici anche i nemici comuni, ben lungi dall'essere provetti fisici nucleari). La maggior magagna nasce quando, alla pressione del tasto cerchio, si accede proprio alla modalità bestiale la quale è infatti preceduta da un filmato e dalla sua conseguente interruzione (a meno che non risulti piacevole la continua visione): tutte mansioni che minacciano ed interferiscono al raggiungimento dell'euritmia, così fondamentale per il buon esito della giocabilità e dell'apprezzamento dell'esperienza (la rigiocabilità è del resto seriamente messa in discussione, pur considerando alcuni extra accessibili a gioco ultimato).


Di stanza in stanza, comunque, si artiglieranno e faranno spirare le mostruosità di cui sopra, generose nel cedere con la virtua-vita sostanze rosse e verdi necessarie per lenire ed incrementare sia la vitalità sia la capacità di usufruire degli attacchi speciali (le suddette sostanze sono prendibili, da umani, anche da nemici vivi). Che poi la salute pian piano s'affievolisca nel rinnegare la stirpe d'Adamo ha poco conto, proprio in virtù del frequente ritrovamento di elementi rigenerativi. L'atmosfera dominante risulta frastagliata da filmati in computer grafica, spesso ospitanti l'onnipresente figura femminile del gioco ed aventi per lo più lo scopo di introdurre i prossimi luoghi e/o scopi. Infine, graficamente, la texturizzazione è sottotono, mentre cali di frame rate sono denotabili specie negli scontri contro i boss di turno. A decretare l'insufficienza sul campo estetico, tuttavia, sono più le scelte stilistiche che le mancanze tecniche (non che quest'ultime, come appena detto, siano assenti). Medesimo commento è effettuabile al reparto sonoro, orfano di una recitazione che intrattenga e garante, ahinoi, di un accompagnamento musicale assolutamente anonimo (per lo più preferibile nei momenti di umanità: visto lo spazio occupato dalle trasformazioni è facile comprenderne il risultato finale). Per giunta, ultima nota analitica, Altered Beast è orbo d'una modalità multigiocatore cooperativa, autentica forza motrice dell'illustre capostipite. Alla luce di quanto esposto riesumare dal passato sembrerebbe non bastare, semmai occorrerebbe adattare il "vecchio" ai nuovi linguaggi e tener conto della necessità dell'innovazione ludica. Di cloni mal riusciti ve ne sono a sufficienza (è una triste certezza), ma che i grandi mettano da parte la propria creatività è uno spettacolo decisamente poco auspicabile.