Project Rub

di Antonio Norfo
Project Rub, denominato nei territori nipponici ed americani "Feel The Magic XX/XY", altro non è che la raccolta di alcuni minigiochi mascherata dalla storia di un innamoramento. Sonic Team ha all'uopo optato per un particolare tocco estetico, avvalendosi musicalmente di motivetti e stridii stile anni 60 (ahinoi ripetitivi e ben presto insopportabili) e servendosi per la veste grafica di scelte cromatiche riuscite e di un uso predominante della silhouette per tutti i personaggi (chi più chi meno). Unici particolari saranno dunque abbozzati capi d'abbigliamento, una barba, qualche ricamo sulla maglietta o al massimo delle orecchie da coniglio su alcune teste decisamente calde. Il tratto è pertanto ben definito nella sua semplicità e plasma tanto per umani, animali ed ambienti un effetto visivo paragonabile (per immediatezza sul fruitore) ad una indefinita, carismatica pubblicità.

Il la narrativo è presto dato: un ragazzo, invaghitosi fatalmente della fanciulla più bella che i suoi occhi abbiano mai visto, è pronto al tutto: anche a unirsi ad un folle gruppo circense col quale comportarsi letteralmente da buffone. Ciascuna mansione, ciascuna pazzia non avrà altro mezzo di contatto con la console (mai termine, con-tatto, fu più azzeccato) che lo stilo ed il microfono (ecco svelati i nostri "terzi" attori) e non avrà altro fine al di fuori del rendersi appariscenti e di soddisfare le aspettative femminili (indicate, per ogni "missione", dal riempimento in percentuale di un cuore). Una mandria di tori minaccia l'incolumità della nostra bella? Nessun timore, basterà picchiettare su schermo il centinaio di bovini in corsa ed evitare qualche eventuale, pacifico sciatore su display. L'oggetto dei nostri pensieri, sogni e desideri è in acqua, minacciata da flutti e squali? Sarà sufficiente soffiare sul microfono per governare una barchetta e condurre la nostra donna-angelo nella sicurezza di salde braccia virtuali.


O ancora, ingoiati accidentalmente dei pesci rossi occorrerà trascinarli dallo stomaco all'esofago mediante il pennino e, in bilico su dei grattacieli, si verrà chiamati ad affrontare il pericolo della traversata in monociclo o perché no, di pitturare grandi, medi e piccoli cuori facendo attenzione a dei bonzi plananti (l'avviso iniziale è illuminante e modello "Jackass": non fatelo a casa). Certo, non mancheranno momenti per così dire di consuetudinario romanticismo (sulla spiaggia davanti al fuoco, in un parco mano nella mano) o di insolito eroismo (dentro la pancia di un serpente, contro un'immensa pianta carnivora), ma l'ironia, o meglio, la bizzarria delle vicissitudini inglobate nel codice del gioco renderanno il tutto un mero orpello, un semplice pretesto per dar vita ad un concentrato di immediatezza e di fruizione (in fin dei conti non si tratta di un simulatore d'appuntamenti).

Come accade in simili titoli (dove i tempi vengono ridotti, stringati e sfaccettati) così in Project Rub la longevità potrebbe essere un fattore da tenere in stretta considerazione. Se giocato come un titolo canonico, magari in generose "apnee" interattive, la manciata d'ore richiesta dallo ';Story Mode' potrebbe lasciare con l'amaro in bocca i più pretenziosi. Se invece dosato, concepito e voluto sin dal principio come una serie di esperienze fugaci, allora esso si dimostrerà ben più dignitoso. Peccato che, a parere di chi scrive, sia risultato poco propenso alla rigiocabilità, benché vadano a tal proposito citati taluni extra sbloccabili nelle maniere più disparate (vestiti e capigliature per personalizzare la propria lei, selezionabili a loro volta nella modalità ';Maniac'). Che il titolo analizzato non faccia parodia di sé stesso risultando duraturo quanto un colpo di fulmine? Scherzi a parte, il vero tallone d'Achille non è tanto il rapido procedere delle lancette o il particolare ritmo ludico, semmai lo sono la cura e l'ingegno che non tutti i minigiochi vantano. Ad un discutibile scemare creativo degli ultimi livelli-scena (ciascuno dei quali, dal primo all'ultimo, è preceduto da stringhe illustrative ed informazioni pratiche), si sommano infatti alcune sessioni tutt'altro che appaganti, sessioni che in definitiva precludono all'integrità del titolo di Yuji Naka di contraddistinguersi per lode.

I meriti beninteso ci sono ed in quanto tali vanno riconosciuti, primi fra tutti la buona volontà espressa dal papà di Sonic nello sfruttare le peculiarità della macchina ideando un progetto a sé stante ed ex novo (laddove hanno fallito molti titoli di lancio così non fa Project Rub). I limiti sono parimenti presenti, con una sopraccitata incostanza qualitativa ed una formula, quella del minigioco, che per quanto a tratti esaltante non risulti esattamente apprezzabile da parte di tutte le fasce videogiocanti.