Project Zero 2: Crimson Butterfly
di
Giuseppe 'Sovrano' Schirru
Una leggenda narra della presenza di un villaggio maledetto, perduto, scomparso dalle mappe. Le statue delle divinità gemelle, nella foresta, conducono al villaggio, ma una volta superato il cancello si è perduti: non si fa ritorno. Un massacro dopo una cerimonia e il mistero comincia: il villaggio rivive eternamente quella notte di morte, scandita da una nenia cerimoniale per un rituale che si ripete in eterno. Dal diario di una donna si legge: massacri, fiumi di sangue, gente perduta, una donna in un kimono insanguinato, risate folli e due gemelle che urlano di non essere uccise. Mayu e Mio sono malauguratamente entrate nel villaggio. Due gemelle. Il loro incubo, scandito dalla scia di alcune farfalle purpuree, è appena cominciato. Che il terrore abbia inizio.
Miti, leggende, rituali demoniaci e due sorelle predestinante a un oscuro destino. Il nuovo survival horror made in Tecmo non risparmia di elargire spasimi e salti dalla sedia attingendo a piene mani dal patrimonio horror giapponese, ancora una volta sdoganato e giunto a noi senza remore, filtrato attraverso gli occhi di Mio, protagonista di questa macabra avventura insieme alla sorella Mayu. L'incipit è questo, col dubbio che qualcosa di orrendo stia per compiersi, o che in qualcosa di orrendo ci siamo addentrati, inconsapevoli di un destino avverso e catapultati laddove non avremmo mai dovuto mettere piede. Pochi secondi ed ecco la conferma che le paure delle due protagoniste hanno ragione di esistere. Project Zero 2 non è Alien, e non dobbiamo aspettare la fine del film per vedere in faccia il mostro, qua siamo in un videogioco e i tempi sono più rapidi, concisi. La regia non è nemmeno quella di Ridley Scott, ma è efficace: alcune scene e via, eccoci dinnanzi a orrende presenze. Ma il terrore non finisce qua, non si esaurisce una volta percepito un fantasma. Anzi, accresce.
Non siamo soli. Così si segue il classico tragitto propedeutico che porta dalla paura alla conoscenza: si va dall'ipotesi alla constatazione fino al completo concretizzarsi di presenze metafisiche (supponendo che i fantasmi lo siano), ben lontane dalla materializzazione positiva di The Eye e non certo frutto della fantasia eccitata delle due protagoniste. O di noi giocatori. Fanno sul serio e la loro presenza caustica è quasi tangibile, non potrebbe essere altrimenti per qualcosa portatrice di morte. Il marchio che troneggia in bella vista nella copertina (e che consiglia almeno i 16 compleanni trascorsi) è segno di come i bambini facciano bene ad andare a letto, piuttosto che assistere a uno spettacolo in grado di far accapponare la pelle.
Il terrore che si sprigiona dalla creatività audiovisiva dei programmatori è macabro e raccapricciante, quasi affascinante nella sua studiata armonia. La stretta osservanza delle regole dell'horror e le potenzialità espressive del videogioco, qua portate ai massimi livelli, sembrano essere state sviscerate e poi ricomposte in una sintesi levigata e perfetta. L'organizzazione e l'impalcatura della macchina del terrore è sempre sapientemente costruita: la mancanza di periodi di tranquillità, in cui momenti con l'animo in tensione s'alternano sfiorando istantanee di puro terrore, culminano fino a toccare vertici altissimi di paura, in un crescendo di panico che non si arresta fino alla conclusione dell'avventura. Anche l'aspetto sonoro concorre al raggiungimento di quel terrore macabro che pervade il titolo Tecmo. Una risata sardonica riecheggia per le case del villaggio. E' come avere dietro le spalle il soffio gelido della morte che ci sussurra qualcosa di incomprensibile, mentre si è in un contesto audio\visivo che porta ad avere diffidenza di tutto, anche di noi stessi.
L'impiego sistematico di filmati in fmv porta a pensare a una sorta di film interattivo. Project Zero 2 ha coscienza di esserlo e la denominazione ci può stare. I programmatori Tecmo si improvvisano grandi registi e conducono il gioco con mano ferma e sicura, alternando sapientemente fasi di esplorazione, scontri contro fantasmi e piccoli enigmi. Il tutto col solito denominatore, figlio della nuova tendenza videoludica che antepone la forma alla sostanza, il raccontare al giocare. Anche PZ2 si adegua al vento che tira e il giocatore ha la sensazione di essere partecipe di una storia, dove tutto è già scritto e dove aspettare che il racconto giunga alla sua completezza. Non è lui a viverla, è lui a guardarla. Il senso è quello di stare davanti alla tv ad assistere a un film horror, ma sarebbe stato diversamente se il livello di difficoltà fosse stato più elevato, o i livelli difficili sbloccati fin da subito. La semplicità degli enigmi e degli scontri contro i nemici ha del disarmante, per uno spettacolo che può essere portato a termine in una decina d'ore scarse. Eppure come le storie del terrore incute paura, tanta, e il senso di insicurezza che accompagna il giocatore sin dalle prima fasi di gioco è impagabile. Come un film si ha quasi l'impressione che l'importanza risieda nell'immedesimazione e nell'atmosfera, e qua PZ2 convince appieno. E' questo il suo punto di forza. Non certo un gameplay legato a vecchi canoni oramai superati (Forbidden Siren docet), di cui comunque la Tecmo dimostra di averne una perfetta padronanza, con l'idea della camera obscura che si dimostra quantomeno originale. Una buona variazione sul tema, non certo un caposaldo della creatività nel genere dei survival horror.
Eccezion fatta per la macchina fotografica, utile per uccidere le presenze che infestano il villaggio, la Tecmo monta con astuzia un impianto di gioco classico che non si discosta tanto dal primo capitolo, con la sola aggiunta dei potenziamenti della camera oscura e poc'altro nemmeno meritevole di una storia a parte. Così il due del titolo comporta, più che sconvolgimenti strutturali nella meccanica del gameplay, un'atmosfera funerea ben più curata e un senso di inquietudine altissimo, in modo molto più libertino che nel primo capitolo. Al giocatore non è risparmiato niente, suggestionato da decapitazioni, morti truculente e immagini spaventose. I programmatori giocano bene le proprie carte, poggiandole su un impianto di gioco collaudato e potendo mettere in scena uno spettacolo horror di primissimo livello. E' già la storyboard a creare sgomento, ma la tensione è innestata soprattutto dalla sfera audiovisiva. Graficamente Project Zero 2 abusa di filmati in fmv (di qualità sopraffina) e propone un carnevale d'immagini, che grazie ai vari filtri applicati risultano di notevole impatto. Ovviamente dominano i colori scuri, con la penombra a farla da padrone e le due protagonista avvolte nell'oscurità. Un contesto dove i tocchi di classe si sprecano e si rasenta la perfezione in ogni frangente, nel taglio cinematografico di alcune inquadrature, nei modelli poligonali delle protagoniste o nella cura riposta nella realizzazione dei fondali. Anche il reparto sonoro non è da meno: voci perfettamente digitalizzate e rumori di sottofondo da brivido, musiche evocative e una risata malefica donano un senso di terrore che non regala sconti a nessuno, nemmeno allo spettatore agnostico.
Project Zero 2: Crimson Butterfly
8
Voto
Redazione
Project Zero 2: Crimson Butterfly
Tremendo, agghiacciante, angosciante. Si ha a che fare con fantasmi, è vero, ma questi sono fantasmi che uccidono. Impossibile non avere paura, sia perchè pur nella loro forma metafisica sono dotati di materialità e consistenza, sia perché quello imbastito dai programmatori è uno spettacolo dell'orrore di prima categoria. Le due sorelle camminano vicine, una di seguito all'altra. E come Mayu viene a mancare, Mio (il giocatore) cammina mano nella mano con la paura, che l'attanaglia facendole raggelare il sangue. La paura di aprire una porta, di girare l'angolo o del cambio di inquadratura si ritualizza secondo dopo secondo, in un crescendo di tensione che non cala dall'inizio fino alla fine della (dis)avventura. E' qua che il titolo Tecmo si dimostra veramente grande. Project Zero 2 però ci da la sensazione di essere figlio del nuovo costume video-ludico, dove il vedere viene prima del giocare, e si racconta tanto ma si gioca poco. Almeno lo spettacolo però è di primissimo livello.