Project Zero
di
Giuseppe 'Sovrano' Schirru
videopzleft
Chi ha detto che i fantasmi non esistono?
Palazzo Himuro, una normalissima abitazione di periferia, un luogo dove la mitologia non e' tanto mitica, ma piuttosto tangibile... Normalissima, sempre se non fosse per qualche piccolo fattaccio accaduto negli anni passati. Essa era dimora di un grande signore che controllava vaste aree di territorio. Dicono che il luogo avesse un significato speciale, legato ai rituali Shinto della regione. L'ultimo signore della stirpe Himuro poi, massacrò tutti gli abitanti del palazzo e più tardi, una famiglia che tentò di abitare in quella casa, scomparve nel nulla. A causa di incidenti come questo, nessuno visita più il palazzo, ormai caduto in rovina. Questo è il motivo per cui non esiste nessun resoconto sui rituali Shinto, e perché non è segnalata da nessuna parte l'ubicazione esatta del luogo.
Purtroppo però, la povera Miku Hinasaki dopo aver perso prematuramente la madre, ora ha perso anche il fratello Mafuyu. Il suo unico indizio è palazzo Himuro, dove il fratello si era recato per cercare il romanziere Takamine, anch'egli scomparso. Toccherà quindi a lei recarsi nella magione e fare chiarezza su tutto. A breve capirà però che non è sola, e che la casa è abitata, anzi, strapopolata di creature soprannaturali, vittime di un trascorso poco felice. Ben presto gli verrà da chiedersi: "Chi ha detto che i fantasmi non esistono?"
Casa Himuro è la prigione di tante anime, di numerosi fantasmi: una prigione senza sbarre, senza muri che li ostacolino e senza catene che li fermino. Ma allora cosa li costringe a vagare lungo quei tetri corridoi per l'eternità. Questa e molte altre idee si annideranno nella vostra mente, fino a quando, risolta la vicenda, riuscirete a mettere insieme i pezzi del puzzle.
Accattivante quindi la trama, che vede come protagonista la giovane Miku. In lei c'è una particolare inclinazione nel credere ai fantasmi, fornitagli dalla madre.
Ma continuare con l'esporvi la storia sarebbe svantaggioso nei vostri confronti. Così, dopo avervi esposto i tasselli che andranno a comporre il puzzle del plot narrativo, vediamo più nello specifico che tipo di gioco abbiamo tra le mani.
Project Zero altri non è che la versione europea di Fatal Frame, così chiamato nella versione nippo-americana. Secondo le parole del producer del gioco, Zero sta a indicare un entità vacua, elemento da cui questo gioco prende avvio e su cui poggia le basi, e Project Zero altri non era se non il nome originale del progetto, utilizzato per l'appunto in questa versione europea.
Questo posto è più silenzioso di una cripta piena di mimi.
Giusto per definire il genere, diciamo subito che abbiamo tra le mani un survival horror, genere che conta tra i suoi maggiori esponenti titoli del calibro di Resident Evil, Silent Hill, Dino Crisis e anche Alone in the Dark, capostipite della categoria. PZ però da questi si distacca, offrendo un po' di originalità a un genere saturo di cloni: pur infatti prendendo spunto dalla "filosofia" di Silent Hill, battezzato da molti come un horror psicologico, da questo prende accenni ed elementi che nel contesto però, modificati a dovere, assumono nuova linfa vitale, forgiando una tipologia di horror diversa, che almeno in campo videoludico non era ancora stata espressa. I punti di somiglianza tra Silent Hill e PZ però sono unicamente il vedo-non vedo e l'aspettativa per l'orrido che sta per concretizzarsi. Niente altro.
Chi ha detto che i fantasmi non esistono?
Palazzo Himuro, una normalissima abitazione di periferia, un luogo dove la mitologia non e' tanto mitica, ma piuttosto tangibile... Normalissima, sempre se non fosse per qualche piccolo fattaccio accaduto negli anni passati. Essa era dimora di un grande signore che controllava vaste aree di territorio. Dicono che il luogo avesse un significato speciale, legato ai rituali Shinto della regione. L'ultimo signore della stirpe Himuro poi, massacrò tutti gli abitanti del palazzo e più tardi, una famiglia che tentò di abitare in quella casa, scomparve nel nulla. A causa di incidenti come questo, nessuno visita più il palazzo, ormai caduto in rovina. Questo è il motivo per cui non esiste nessun resoconto sui rituali Shinto, e perché non è segnalata da nessuna parte l'ubicazione esatta del luogo.
Purtroppo però, la povera Miku Hinasaki dopo aver perso prematuramente la madre, ora ha perso anche il fratello Mafuyu. Il suo unico indizio è palazzo Himuro, dove il fratello si era recato per cercare il romanziere Takamine, anch'egli scomparso. Toccherà quindi a lei recarsi nella magione e fare chiarezza su tutto. A breve capirà però che non è sola, e che la casa è abitata, anzi, strapopolata di creature soprannaturali, vittime di un trascorso poco felice. Ben presto gli verrà da chiedersi: "Chi ha detto che i fantasmi non esistono?"
Casa Himuro è la prigione di tante anime, di numerosi fantasmi: una prigione senza sbarre, senza muri che li ostacolino e senza catene che li fermino. Ma allora cosa li costringe a vagare lungo quei tetri corridoi per l'eternità. Questa e molte altre idee si annideranno nella vostra mente, fino a quando, risolta la vicenda, riuscirete a mettere insieme i pezzi del puzzle.
Accattivante quindi la trama, che vede come protagonista la giovane Miku. In lei c'è una particolare inclinazione nel credere ai fantasmi, fornitagli dalla madre.
Ma continuare con l'esporvi la storia sarebbe svantaggioso nei vostri confronti. Così, dopo avervi esposto i tasselli che andranno a comporre il puzzle del plot narrativo, vediamo più nello specifico che tipo di gioco abbiamo tra le mani.
Project Zero altri non è che la versione europea di Fatal Frame, così chiamato nella versione nippo-americana. Secondo le parole del producer del gioco, Zero sta a indicare un entità vacua, elemento da cui questo gioco prende avvio e su cui poggia le basi, e Project Zero altri non era se non il nome originale del progetto, utilizzato per l'appunto in questa versione europea.
Questo posto è più silenzioso di una cripta piena di mimi.
Giusto per definire il genere, diciamo subito che abbiamo tra le mani un survival horror, genere che conta tra i suoi maggiori esponenti titoli del calibro di Resident Evil, Silent Hill, Dino Crisis e anche Alone in the Dark, capostipite della categoria. PZ però da questi si distacca, offrendo un po' di originalità a un genere saturo di cloni: pur infatti prendendo spunto dalla "filosofia" di Silent Hill, battezzato da molti come un horror psicologico, da questo prende accenni ed elementi che nel contesto però, modificati a dovere, assumono nuova linfa vitale, forgiando una tipologia di horror diversa, che almeno in campo videoludico non era ancora stata espressa. I punti di somiglianza tra Silent Hill e PZ però sono unicamente il vedo-non vedo e l'aspettativa per l'orrido che sta per concretizzarsi. Niente altro.
Project Zero
7
Voto
Redazione
Project Zero
Non si può salire sul ring contro Cassius Clay solo perché si ha la convinzione di saper combattere. Questo i programmatori della Wanadoo lo sanno bene, e perciò hanno sfornato un buon prodotto, capace di fronteggiare e rimanere a testa alta di fronte alla miriade di survival horror finora usciti, anzi, capace di distinguersi da questi e di portare nuova linfa a un genere saturo di cloni.
Un survival horror particolare, in cui l'azione sarà ridotta ai minimi termini e l'esplorazione e la risoluzione degli enigmi avranno un ruolo fondamentale. Ma cos'è effettivamente Project Zero? Un viaggio onirico verso un mondo surreale, un piccolo tragitto verso le paure più profonde del sub-inconscio, quelle paure capaci di prendere forma ed attaccarci, atterrirci e terrorizzarci. Con la sua atmosfera da incubo vi catturerà. PZ infatti è un buon titolo, ma ad una realizzazione tecnica di primo livello e a una buona ambientazione, contrappone un gameplay lineare e a tratti davvero troppo scontato. L'idea però rimane buona, e anche l'utilizzo della macchina fotografica per catturare i fantasmi, è una discreta alternativa alle miriadi di armi proposte in più titoli.
E' tutto già visto, si, ma la suspense è efficace, almeno finchè non ci si abitua a girare per la magione, almeno fino a quando non si capisce che da aver paura c'è poco o niente. Perché è proprio questo uno dei punti dove PZ va a fallire: la mancanza di colpi di scena; tutto è troppo lineare, prevedibile e scontato. E' questo il fattore che lo limita non moltissimo ma abbastanza, abbastanza da farci capire che siamo ormai troppo navigati per poter essere intimoriti da un horror psicologico, troppo allenati per aver paura d'indossare i panni di una fanciulla indifesa, racchiusa nella sua corazza di virtù, armata di sola macchina fotografica, ma ancora capaci di apprezzare un gioco dove la voglia di scoprire il finale avrà la meglio sull'effettivo divertimento... e già questo non è poco.
Se il buon giorno si vede dal mattino la Wanadoo può stare tranquilla che il futuro sarà veramente roseo. Un buon titolo quindi, che pur con i suoi pregi e difetti, riuscirà anche qui in Europa a ritagliarsi una bella fetta di mercato. Promosso.
Un survival horror particolare, in cui l'azione sarà ridotta ai minimi termini e l'esplorazione e la risoluzione degli enigmi avranno un ruolo fondamentale. Ma cos'è effettivamente Project Zero? Un viaggio onirico verso un mondo surreale, un piccolo tragitto verso le paure più profonde del sub-inconscio, quelle paure capaci di prendere forma ed attaccarci, atterrirci e terrorizzarci. Con la sua atmosfera da incubo vi catturerà. PZ infatti è un buon titolo, ma ad una realizzazione tecnica di primo livello e a una buona ambientazione, contrappone un gameplay lineare e a tratti davvero troppo scontato. L'idea però rimane buona, e anche l'utilizzo della macchina fotografica per catturare i fantasmi, è una discreta alternativa alle miriadi di armi proposte in più titoli.
E' tutto già visto, si, ma la suspense è efficace, almeno finchè non ci si abitua a girare per la magione, almeno fino a quando non si capisce che da aver paura c'è poco o niente. Perché è proprio questo uno dei punti dove PZ va a fallire: la mancanza di colpi di scena; tutto è troppo lineare, prevedibile e scontato. E' questo il fattore che lo limita non moltissimo ma abbastanza, abbastanza da farci capire che siamo ormai troppo navigati per poter essere intimoriti da un horror psicologico, troppo allenati per aver paura d'indossare i panni di una fanciulla indifesa, racchiusa nella sua corazza di virtù, armata di sola macchina fotografica, ma ancora capaci di apprezzare un gioco dove la voglia di scoprire il finale avrà la meglio sull'effettivo divertimento... e già questo non è poco.
Se il buon giorno si vede dal mattino la Wanadoo può stare tranquilla che il futuro sarà veramente roseo. Un buon titolo quindi, che pur con i suoi pregi e difetti, riuscirà anche qui in Europa a ritagliarsi una bella fetta di mercato. Promosso.