Prototype
di
Secondo voi, cosa significa essere un supereroe? Avere grandi poteri? Probabile. Utilizzarli per il bene comune? Forse. Prendersi le proprie responsabilità? Non solo. In realtà, ancora oggi, é difficile dare una risposta precisa. Vuoi perché é un quesito stupido, vuoi perché - in decenni di “meraviglie” di Stan Lee - non abbiamo visto altro che differenti pensieri dello stesso concetto. Se Peter Parker é diventato nell'amichevole ragnetto di quartiere per vendicare la morte dello zio, un certo Bruce Banner si trasforma in Hulk senza neanche volerlo. Se Iron Man si é messo al lavoro su una portentosa armatura per sventare la minaccia della multinazionale che lo teneva prigioniero, il Cavaliere Oscuro pattuglia Gotham per il solo gusto di punire i malviventi. Questa volta tocca ad Activision, con i suoi Radical Entertainment, dare forma alla propria visione del supereroe. In questo caso parliamo di un essere confuso, senza uno scopo preciso, che sfrutta le sue abilità per lottare contro il mondo intero. Nessuna fazione, nessun alleato. Stavolta, al centro di tutto, c'é un singolo uomo. E guai a chi prova a fermarlo.
Si chiama Alex Mercer. Detto così, non sembra chissà che spaventoso abominio. E in effetti non lo é, dato che fino a qualche settimana prima era una persona come tutte le altre. Cosa sia accaduto nel lasso di tempo che intercorre dalla sua morte al miracoloso risveglio su un tavolo d'obitorio, é ancora un mistero. Un mistero che lo stesso Mercer, privo di qualunque ricordo, ha intenzione di svelare. Parte così per un lungo viaggio verso la verità, tra società doppiogiochiste e piacevoli incontri, tra reminescenze del passato e letali poteri da tenere sotto controllo. Ben presto, però, ci renderemo conto di come la storia vada ben oltre il solo Alex. In men che non si dica, l'anti-eroe si ritroverà a fronteggiare un ceppo virulento che sembra essersi diffuso per l'intera New York, portando i cittadini alla pazzia, . É il solito cliché del mostro braccato sia dalle autorità che dai suoi simili, vero, ma non bisogna dare tutto troppo per scontato. Di metropoli in quarantena e attanagliate da orde di infettati ne abbiamo viste a migliaia, ma una sostenuta narrazione e qualche inaspettato colpo di scena nel finale riescono lo stesso a tenere vivo l'interesse del giocatore. Una gradevole rivisitazione del dramma già vissuto in Resident Evil; intrigante ma senza troppe pretese.
Come lecito aspettarsi, il gameplay girerà attorno ai poteri del protagonista. Completamente. Mercer é ora una macchina assassina? Allora ucciderà, niente più. Scattante, brutale e senza scrupoli: se lo potessimo paragonare a qualcuno, lo faremo al già citato Hulk. E non é affatto un nome a caso, considerando come i Radical abbiano già dimostrato l'amore per la “bestia verde” con un paio di titoli su licenza. Prototype non si allontana molto da quelle basi, a dirla tutta. Si gira per New York alla velocità della luce, si corre verticalmente sulle pareti dei grattacieli, si plana sulle teste delle persone spaventate, si accetta una missione, la si completa. E si distrugge tutto quello che c'é sul cammino, ovvio. Perfettamente nei canoni di un free-roaming. Purtroppo, la cura riposta nelle infinite abilità e nel carisma di Mercer non tiene il passo con l'offerta generale, da qui non si scappa. La più grande peculiarità del gioco, lo slashing nudo e crudo di qualunque cosa si muova, diventa infatti ben presto un'arma a doppio taglio; perché se é vero che tranciare a metà umanoidi di ogni tipo e far saltare in aria mezzi corazzati dà una certa soddisfazione, é altrettanto vero che - senza alcuna variazione alla norma - c'é il rischio di stufarsi prematuramente. Profondità e varietà non sono di certo il pezzo forte di Prototype, anche se un parco mosse di tutto rispetto ci permetterà di personalizzare l'esperienza quanto basta per non renderla troppo monotona.
Il numero di combo utilizzabili rasenta l'assurdo, con centinaia di tecniche potenziabili suddivise in offensive, difensive, di movimento e così via. Ce n'é davvero per tutti i gusti, e la libertà di evolvere Mercer nel guerriero che più si adatta alle nostre esigenze é totale. Grazie ai suoi poteri da mutaforma, Alex potrà persino plasmare a piacimento le proprie braccia, trasformandole nell'arma che più desidera. Se in principio dovrà farsi strada a mani nude, in seguito potrà affidarsi ad affilati artigli, possenti martelli, versatili fruste e persino a spadoni sventra-carroarmati. Come immaginabile, però, padroneggiare alla perfezione questo ben di Dio non é così facile. Per giunta, ogni attacco é deputato alla solita coppia di tasti e ricordarli tutti a memoria é altamente improbabile. Un'occasione sprecata, sì, anche perché - nel caos totale - si finirà sempre per sferzare fendenti a destra e a manca senza alcun piglio tattico. In pratica, la profondità c'é, ma a causa di errori di bilanciamento non la si riesce a notare.
Interessante la possibilità di camuffarsi dalle vittime sterminate, siano esse soldati o civili. Infatti, assorbire un personaggio non giocante non solo ci ricaricherà di un tratto di energia, ma ci permetterà anche di assumerne le fattezze, così da non dare nell'occhio. Perché persino Mercer, nonostante la furia omicida intrinseca, preferirà talvolta passare inosservato e non ritrovarsi un intero esercito sulle proprie tracce ogni due passi. Ma non parliamo di un semplice cambiamento d'aspetto, attenzione. Assimilare qualcuno significherà anche rubargli il codice genetico, i pensieri, le esperienze. Divenire tutt'uno con il morto, in sostanza. Questo si tradurrà con il raggiungimento della patente di guida di svariati veicoli (sia d'aria che di terra), oppure con la licenza d'utilizzo delle armi più comuni, da mitragliatrici a lanciarazzi. Per di più, risucchiare un certo tipo di bersaglio ci farà anche avere accesso a curiosi retroscena della trama. Trama un po' confusionaria se ci si basa esclusivamente sull'aspetto delle informazioni principali, ma che inizierà a guadagnare un senso solo nel momento in cui si andranno a mettere assieme tutti i tasselli secondari del puzzle.
L'avventura in singolo non é chissà quanto lunga, purtroppo. Anzi, a dirla tutta si attesta ben al di sotto della media, con circa 6 o 7 ore necessarie per arrivare ai titoli di coda. Fortunatamente, la situazione viene risollevata dal grande numero di missioni (o faremo meglio a chiamarle “sfide”) secondarie, star indiscusse di ogni free-roaming che osi definirsi tale. Avere la meglio sull'ultimo boss é solo l'inizio: una volta portato a termine il gioco ci verranno spalancate le porte per un'esplorazione più libera, così da permetterci di riprovare tutte le sub-quest che avevamo accantonato al primo giro. Di roba con cui tenersi occupati ce n'é, e tanta. Potremo ripulire la città dagli infetti rimasti, impegnarci nella ricerca di tutti gli obbiettivi da assorbire, oppure cercare di battere i migliori punteggi delle gare sparse in giro per New York, e tanto altro ancora. Potete stare certi che, acquistato Prototype, due o tre assidue settimane di gioco non ve le toglierà nessuno.
La creazione di Radical Entertainment deve gran parte del suo successo ai massacri supremi generati da ogni incarico, e l'abbiamo ripetuto allo sfinimento. Sembra anche che gli sviluppatori abbiano costruito il motore grafico tenendo a mente questo concetto. É ovvio che, quando esplosioni, smembramenti e centinaia di nemici su schermo sono la base del gameplay, allora vada creato un cuore portante che possa reggere il tutto nel migliore dei modi. Prototype centra il bersaglio? Sì e no. Da un lato, uno stabile frame-rate gestisce fluidamente un caos a schermo senza precedenti, tra sangue, migliaia di persone in movimento, e chi più ne ha più ne metta. Ottima anche la pulizia a schermo, capace di regalare scorci privi di aliasing o pop-up di sorta. Dall'altro, invece, non si possono non notare i duri compromessi presi per controbilanciare questa nitidezza. Se chiudere un occhio sulle episodiche texture in bassa risoluzione non é peccato, é invece impossibile sorvolare allo stesso modo sulla poverissima massa poligonale. Davvero triste che una metropoli “viva” come la Grande Mela arrivi a ridursi ad uno sfondo piatto e cartonato senza alcun spessore. Particolari ridotti all'osso, neanche fosse una città giocattolo.
Nulla da segnalare in ambito sonoro. Doppiaggio nella media e colonne sonore adrenaliniche al punto giusto che accompagnano la frenetica azione di gioco. Piuttosto scontate, ad essere sinceri, ma svolgono comunque il proprio lavoro.
Si chiama Alex Mercer. Detto così, non sembra chissà che spaventoso abominio. E in effetti non lo é, dato che fino a qualche settimana prima era una persona come tutte le altre. Cosa sia accaduto nel lasso di tempo che intercorre dalla sua morte al miracoloso risveglio su un tavolo d'obitorio, é ancora un mistero. Un mistero che lo stesso Mercer, privo di qualunque ricordo, ha intenzione di svelare. Parte così per un lungo viaggio verso la verità, tra società doppiogiochiste e piacevoli incontri, tra reminescenze del passato e letali poteri da tenere sotto controllo. Ben presto, però, ci renderemo conto di come la storia vada ben oltre il solo Alex. In men che non si dica, l'anti-eroe si ritroverà a fronteggiare un ceppo virulento che sembra essersi diffuso per l'intera New York, portando i cittadini alla pazzia, . É il solito cliché del mostro braccato sia dalle autorità che dai suoi simili, vero, ma non bisogna dare tutto troppo per scontato. Di metropoli in quarantena e attanagliate da orde di infettati ne abbiamo viste a migliaia, ma una sostenuta narrazione e qualche inaspettato colpo di scena nel finale riescono lo stesso a tenere vivo l'interesse del giocatore. Una gradevole rivisitazione del dramma già vissuto in Resident Evil; intrigante ma senza troppe pretese.
Come lecito aspettarsi, il gameplay girerà attorno ai poteri del protagonista. Completamente. Mercer é ora una macchina assassina? Allora ucciderà, niente più. Scattante, brutale e senza scrupoli: se lo potessimo paragonare a qualcuno, lo faremo al già citato Hulk. E non é affatto un nome a caso, considerando come i Radical abbiano già dimostrato l'amore per la “bestia verde” con un paio di titoli su licenza. Prototype non si allontana molto da quelle basi, a dirla tutta. Si gira per New York alla velocità della luce, si corre verticalmente sulle pareti dei grattacieli, si plana sulle teste delle persone spaventate, si accetta una missione, la si completa. E si distrugge tutto quello che c'é sul cammino, ovvio. Perfettamente nei canoni di un free-roaming. Purtroppo, la cura riposta nelle infinite abilità e nel carisma di Mercer non tiene il passo con l'offerta generale, da qui non si scappa. La più grande peculiarità del gioco, lo slashing nudo e crudo di qualunque cosa si muova, diventa infatti ben presto un'arma a doppio taglio; perché se é vero che tranciare a metà umanoidi di ogni tipo e far saltare in aria mezzi corazzati dà una certa soddisfazione, é altrettanto vero che - senza alcuna variazione alla norma - c'é il rischio di stufarsi prematuramente. Profondità e varietà non sono di certo il pezzo forte di Prototype, anche se un parco mosse di tutto rispetto ci permetterà di personalizzare l'esperienza quanto basta per non renderla troppo monotona.
Il numero di combo utilizzabili rasenta l'assurdo, con centinaia di tecniche potenziabili suddivise in offensive, difensive, di movimento e così via. Ce n'é davvero per tutti i gusti, e la libertà di evolvere Mercer nel guerriero che più si adatta alle nostre esigenze é totale. Grazie ai suoi poteri da mutaforma, Alex potrà persino plasmare a piacimento le proprie braccia, trasformandole nell'arma che più desidera. Se in principio dovrà farsi strada a mani nude, in seguito potrà affidarsi ad affilati artigli, possenti martelli, versatili fruste e persino a spadoni sventra-carroarmati. Come immaginabile, però, padroneggiare alla perfezione questo ben di Dio non é così facile. Per giunta, ogni attacco é deputato alla solita coppia di tasti e ricordarli tutti a memoria é altamente improbabile. Un'occasione sprecata, sì, anche perché - nel caos totale - si finirà sempre per sferzare fendenti a destra e a manca senza alcun piglio tattico. In pratica, la profondità c'é, ma a causa di errori di bilanciamento non la si riesce a notare.
Interessante la possibilità di camuffarsi dalle vittime sterminate, siano esse soldati o civili. Infatti, assorbire un personaggio non giocante non solo ci ricaricherà di un tratto di energia, ma ci permetterà anche di assumerne le fattezze, così da non dare nell'occhio. Perché persino Mercer, nonostante la furia omicida intrinseca, preferirà talvolta passare inosservato e non ritrovarsi un intero esercito sulle proprie tracce ogni due passi. Ma non parliamo di un semplice cambiamento d'aspetto, attenzione. Assimilare qualcuno significherà anche rubargli il codice genetico, i pensieri, le esperienze. Divenire tutt'uno con il morto, in sostanza. Questo si tradurrà con il raggiungimento della patente di guida di svariati veicoli (sia d'aria che di terra), oppure con la licenza d'utilizzo delle armi più comuni, da mitragliatrici a lanciarazzi. Per di più, risucchiare un certo tipo di bersaglio ci farà anche avere accesso a curiosi retroscena della trama. Trama un po' confusionaria se ci si basa esclusivamente sull'aspetto delle informazioni principali, ma che inizierà a guadagnare un senso solo nel momento in cui si andranno a mettere assieme tutti i tasselli secondari del puzzle.
L'avventura in singolo non é chissà quanto lunga, purtroppo. Anzi, a dirla tutta si attesta ben al di sotto della media, con circa 6 o 7 ore necessarie per arrivare ai titoli di coda. Fortunatamente, la situazione viene risollevata dal grande numero di missioni (o faremo meglio a chiamarle “sfide”) secondarie, star indiscusse di ogni free-roaming che osi definirsi tale. Avere la meglio sull'ultimo boss é solo l'inizio: una volta portato a termine il gioco ci verranno spalancate le porte per un'esplorazione più libera, così da permetterci di riprovare tutte le sub-quest che avevamo accantonato al primo giro. Di roba con cui tenersi occupati ce n'é, e tanta. Potremo ripulire la città dagli infetti rimasti, impegnarci nella ricerca di tutti gli obbiettivi da assorbire, oppure cercare di battere i migliori punteggi delle gare sparse in giro per New York, e tanto altro ancora. Potete stare certi che, acquistato Prototype, due o tre assidue settimane di gioco non ve le toglierà nessuno.
La creazione di Radical Entertainment deve gran parte del suo successo ai massacri supremi generati da ogni incarico, e l'abbiamo ripetuto allo sfinimento. Sembra anche che gli sviluppatori abbiano costruito il motore grafico tenendo a mente questo concetto. É ovvio che, quando esplosioni, smembramenti e centinaia di nemici su schermo sono la base del gameplay, allora vada creato un cuore portante che possa reggere il tutto nel migliore dei modi. Prototype centra il bersaglio? Sì e no. Da un lato, uno stabile frame-rate gestisce fluidamente un caos a schermo senza precedenti, tra sangue, migliaia di persone in movimento, e chi più ne ha più ne metta. Ottima anche la pulizia a schermo, capace di regalare scorci privi di aliasing o pop-up di sorta. Dall'altro, invece, non si possono non notare i duri compromessi presi per controbilanciare questa nitidezza. Se chiudere un occhio sulle episodiche texture in bassa risoluzione non é peccato, é invece impossibile sorvolare allo stesso modo sulla poverissima massa poligonale. Davvero triste che una metropoli “viva” come la Grande Mela arrivi a ridursi ad uno sfondo piatto e cartonato senza alcun spessore. Particolari ridotti all'osso, neanche fosse una città giocattolo.
Nulla da segnalare in ambito sonoro. Doppiaggio nella media e colonne sonore adrenaliniche al punto giusto che accompagnano la frenetica azione di gioco. Piuttosto scontate, ad essere sinceri, ma svolgono comunque il proprio lavoro.