Rainbow Six: Rogue Spear
di
Redazione Gamesurf
I movimenti perciò dovranno compiersi silenziosamente nell'ombra, in modo coordinato per ciascuna delle due squadre (di cui la scelta dei componenti si rivelerà fondamentale), e ogni nemico dovrà essere reso inoffensivo nel modo più rapido e meno evidente possibile.
Impersonando uno dei quattro agenti in missione avrete a disposizione un inventario di armi piuttosto fornito, che comprende articoli di vario tipo come fucili di precisione (utili quando uno dei vostri uomini avrà compiti da cecchino), occhiali ai raggi infrarossi, pistole, Uzi e bombe fumogene. Tutte le armi da utilizzare ovviamente dovranno essere scelte e distribuite ai vari elementi del gruppo di attacco al momento del briefing.
Ciò che davvero stupisce di questo gioco, specie all'inizio, è soprattutto la cura con cui devono essere affrontate le varie campagne. Ogni decisione presa, infatti, influisce realmente sullo svolgimento degli eventi, creandovi spesso non pochi problemi; pertanto in fase iniziale, quando non si è ancora raggiunta una certa dimestichezza e quindi il fallimento delle campagne si verifica con una certa frequenza, il livello di frustrazione potrebbe essere elevato. Oltre a questo va considerato il fatto che gli uomini che eventualmente periscono in battaglia non saranno più disponibili per le missioni successive. Tuttavia con il trascorrere del tempo e delle partite e con l'approfondimento delle conoscenze sui vari ambienti nonché sulla più vantaggiosa organizzazione degli uomini a disposizione, la vostra resa migliorerà progressivamente, e alla fine riuscirete a portare a termine le varie missioni con disinvoltura e con notevole soddisfazione.
Per quanto riguarda i nemici che incontrerete nel corso delle varie missioni, bisogna dire che la loro intelligenza artificiale è stato notevolmente migliorata rispetto al primo capitolo. Oltre infatti ad insospettirsi al primo rumore sospetto, in "Rogue Spear" essi sono in grado di dare l'allarme, ad esempio quando notano la presenza di un cadavere. Ne consegue che l'accostamento alla realtà risulta notevolmente migliorato, tant'è che, come spesso accade nelle vere missioni, talvolta sarete costretti a cambiare il vostro piano di attacco per adattarvi alle situazioni impreviste che vi capiteranno.
Dal punto di vista grafico "Rogue Spear" risente inevitabilmente del passaggio da sistemi di calcolo superiori come il PC o la Dreamcast ad una consolle a 32 bit come la PSX, che oramai mostra inevitabilmente i segni del tempo. Se infatti il motore grafico è stato in grado di mantenere il Game Play sostanzialmente inalterato rispetto alle altre piattaforme, lo stesso non si può dire dell'aspetto prettamente estetico, soprattutto per quanto riguarda lo skinning dei personaggi: tutti le figure che si possono incontrare nel gioco risultano infatti carenti sotto il profilo del numero di poligoni utilizzati, così da apparire confuse e blocchettose, e anche le texture utilizzate non migliorano più di tanto la situazione.
Rainbow Six: Rogue Spear
Rainbow Six: Rogue Spear
Volendo dare un giudizio complessivo al gioco in esame (distribuito in Italia da Ubi Soft), se proviamo a paragonare la versione di "Rogue Spear" per PSX con quelle disponibili per le altre piattaforme, a mio avviso si dimostra all'altezza della situazione, anche se l'impostazione realistica propria dei giochi strategici non ha subìto particolari variazioni (e il merito di ciò va senz'altro a chi si è occupato di questo porting, considerando le capacità tutt'altro che illimitate della PSX). La stessa considerazione purtroppo non si può fare per ciò che concerne l'aspetto prettamente grafico, che risulta un po' spoglio e non esente da evidenti difetti. Per chi ama i giochi di questo tipo, dunque, probabilmente sarebbe poco gratificante acquistare "Rogue Spear" dopo "Rainbow Six"; al contrario un titolo come questo potrebbe essere consigliabile per chi si vuole avvicinare al genere dei giochi di strategia, anche se va detto che in tal senso il capolavoro "Metal Gear Solid" di Hideo Kojima continua ad essere a tutt'oggi l'unico vero 'must'.