Rayman
di
Redazione Gamesurf
Unendo la questione cui sopra alla situazione del Game Boy, console il cui cuore hardware conta ormai ben undici anni sulle spalle e che ha goduto di una rinfrescatina solo un paio di anni or sono, i risultati possono essere perlomeno sconfortanti. E invece, dopo aver abbassato l'interruttore del Game Boy Color ed essersi sorbiti perlomeno una decina di minuti di gioco, ci si rende conto che é successo qualcosa al di fuori del normale. La risoluzione, le animazioni (!!!), l'utilizzo dei colori e la maestria con cui sono ricreate l'ambientazioni, fanno pensare a una produzione tipica delle migliori annate a 16 bit. O quasi
Tutte le tipiche movenze dell'anello mancante tra gli ortaggi e i videogiochi (Rayman é una melanzana, lo sanno tutti ormai, manca unicamente l'ufficializzazione di Monsieur Ancel) sono state meticolosamente riportate in questa riduzione (termine decisamente fuori luogo) di Rayman. Vediamo quindi il cosetto pixelloso camminare mostrando orgoglioso il suo ciuffo à la rock-a-billy, abbassarsi mettendo in bella posa il suo piede, saltare e aggrapparsi, planare sorridendo e allargando le braccia, il tutto nel più fluido e naturale dei moti
La grande ricerca e realizzazione dei fondali di ogni schema, oltretutto, si dimostra assolutamente all'altezza della situazione, non deludendo affatto gli amanti del primo episodio (se consci delle limitazioni dell'8 bit Nintendo). Chiude il panorama il già citato scrolling senza il benché minimo indugio, la palette cromatica di prim'ordine e un commento sonoro di pari dignità (sebbene neanche lontanamente, per le ridotte capacità audio del GBC, paragonabile alla sontuosa colonna sonora della versione originale del primo Rayman)
E' TUTTO ORO QUEL CHE LUCCICA
Ma la situazione di Rayman per Game Boy Color é destinata a migliorare ulteriormente se si passa all'esame del gioco vero e proprio. Per portare un esempio di facile impatto si pensi alla versione per GBC di Tonic Trouble: per quanto discretamente (anzi, ottimamente) realizzata dal punto di vista tecnico, il gioco si rivela piuttosto deludente per quel che riguarda la risposta dei comandi e l'interazione tra gli sprite, due elementi importantissimi nell'economia di un videogioco e semplicemente fondamentali nel caso di un gioco di piattaforme. Sotto entrambi questi aspetti (sistema di controllo e interazione con gli elementi di gioco) Rayman si presenta in maniera eccellente. I due tasti del GBC vengono utilizzati per colpire (Rayman lancia il suo solito pugno) o per saltare, nel caso si utilizzi in volo, si può inoltre planare come nella migliore delle tradizioni dell'omino-raggio. E' stata riportata anche la possibilità di appendersi ai cigli delle piattaforme e agli anelli sospesi in aria, insomma, tutto quanto già sperimentato con successo nel primo capitolo di Rayman per console a 32-bit (e per Jaguar, aggiungerei)
Tutte le tipiche movenze dell'anello mancante tra gli ortaggi e i videogiochi (Rayman é una melanzana, lo sanno tutti ormai, manca unicamente l'ufficializzazione di Monsieur Ancel) sono state meticolosamente riportate in questa riduzione (termine decisamente fuori luogo) di Rayman. Vediamo quindi il cosetto pixelloso camminare mostrando orgoglioso il suo ciuffo à la rock-a-billy, abbassarsi mettendo in bella posa il suo piede, saltare e aggrapparsi, planare sorridendo e allargando le braccia, il tutto nel più fluido e naturale dei moti
La grande ricerca e realizzazione dei fondali di ogni schema, oltretutto, si dimostra assolutamente all'altezza della situazione, non deludendo affatto gli amanti del primo episodio (se consci delle limitazioni dell'8 bit Nintendo). Chiude il panorama il già citato scrolling senza il benché minimo indugio, la palette cromatica di prim'ordine e un commento sonoro di pari dignità (sebbene neanche lontanamente, per le ridotte capacità audio del GBC, paragonabile alla sontuosa colonna sonora della versione originale del primo Rayman)
E' TUTTO ORO QUEL CHE LUCCICA
Ma la situazione di Rayman per Game Boy Color é destinata a migliorare ulteriormente se si passa all'esame del gioco vero e proprio. Per portare un esempio di facile impatto si pensi alla versione per GBC di Tonic Trouble: per quanto discretamente (anzi, ottimamente) realizzata dal punto di vista tecnico, il gioco si rivela piuttosto deludente per quel che riguarda la risposta dei comandi e l'interazione tra gli sprite, due elementi importantissimi nell'economia di un videogioco e semplicemente fondamentali nel caso di un gioco di piattaforme. Sotto entrambi questi aspetti (sistema di controllo e interazione con gli elementi di gioco) Rayman si presenta in maniera eccellente. I due tasti del GBC vengono utilizzati per colpire (Rayman lancia il suo solito pugno) o per saltare, nel caso si utilizzi in volo, si può inoltre planare come nella migliore delle tradizioni dell'omino-raggio. E' stata riportata anche la possibilità di appendersi ai cigli delle piattaforme e agli anelli sospesi in aria, insomma, tutto quanto già sperimentato con successo nel primo capitolo di Rayman per console a 32-bit (e per Jaguar, aggiungerei)
Rayman
Rayman
Volete un consiglio appassionato, decisamente poco professionale e sinceramente di parte? Bene, comprate Rayman, due pile ricaricabili e decidetevi a utilizzare i mezzi pubblici, perché guidare mentre si gioca con un GBC non è consigliabile. Se invece quello che cercate è un'opinione perlomeno più pacata e riflessiva, allora non posso che consigliarvi comunque l'ultima fatica Ubi Soft. Certo, non si tratta di un titolo in grado di rivoluzionare il panorama dei videogiochi o comunque con qualche pretesa di assoluta rivoluzione, ma, per carità, qual è il problema? Rayman riporta alla mente i più riusciti e radicali esempi di giochi di piattaforme degli anni '80, arricchito da una realizzazione grafica di tutto rispetto. Ogni elemento necessario alla buona riuscita di un gioco di piattaforme è qui ottimamente riproposto: concept, struttura dei livelli, sistema di controllo, livello di difficoltà, fattore di rigiocabilità (le gabbie nascoste). Unico appunto, la sottile sensazione di ripetitività che si può provare alla lunga (ma proprio lunga). Per il resto, è tutto grasso che cola.