Recensione Blood & Truth
L'action movie in versione PS-VR di London Studio
Action “Move”
Il Cinema d’Azione è un punto fermo del panorama Hollywoodiano: da Mel Gibson in Arma Letale a Bruce Willis in Die Hard, da Trappola in Alto Mare con Steven Seagal ai The Bourne, ai Mission Impossible, passando per le varie peripezie su schermo di The Rock e Jason Statham, senza dimenticare i turbinii di botte e pallottole di John Wick (franchise che ha attualmente in proiezione il suo terzo capitolo “Parabellum”). Che si tratti di mera vendetta, di incarichi governativi o di gesti eroici finalizzati a salvare una persona cara, queste opere manifestano dei tratti iconici: ritmi sostenuti supportati da musiche coinvolgenti, sequenze adrenaliniche, spettacolari inseguimenti, combattimenti acrobatici, e, soprattutto, tante, tantissime pallottole.
Nel 2016, London Heist, incluso nel pacchetto PlayStation VR Worlds, tentava di portare tali elementi caratteristici del genere sul visore per la realtà virtuale di Sony, riuscendoci… per pochi minuti. Si trattava, infatti, di una dimostrazione delle potenzialità della periferica e di come fosse possibile godersi le meccaniche shooter con un visore in testa e i PS-Move in mano. Era soltanto un piccolo assaggio di come il giocatore sarebbe potuto divenire il protagonista di un action-movie e non più un semplice spettatore. Su tali presupposti s’inserisce Blood & Truth, intendibile proprio come sequel spirituale di London Heist.
Artefici di questo “porting-VR” del Cinema d’Azione sono i ragazzi di London Studio che, dopo essersi dilettati in vari generi ai tempi della prima PlayStation, hanno quasi esclusivamente lavorato a forme d’intrattenimento ludico non convenzionali, tra i vari SingStar e i prodotti per PlayStation Eye e PS Move.
Sì, la Realtà Virtuale ha ospitato shooter a più riprese, come dimostra la nostra recente analisi di Immortal Legacy: The Jade Cyper, ma Blood & Truth sfrutta il genere in modo diverso, proponendo una frenetica e scriptata avventura che, lasciando ora da parte il cinema e focalizzandoci sul panorama videoludico, ricorda le esperienze in sala giochi su un Cabinato Arcade dotato di gun-controller in stile Time Crisis.
Ciak, AZIONE
Il racconto che fa da sfondo al dispensare proiettili su Blood & Truth non è certo quanto di più emozionante e originale si possa trovare nel medium. Non esiste, in questo caso, il problema del “poteva osare di più”: London Studio ha palesemente voluto proporre un infuso delle situazioni tipiche di un action-movie, un genere che raramente si discosta dai suoi stereotipi e che, salvo eccezioni, non viene giudicato per una sceneggiatura poco profonda o perché spari, esplosioni e inseguimenti occupano la maggior parte della pellicola.
Il giocatore veste i panni (o meglio le mani) di Ryan Marks, soldato britannico che, richiamato a casa da una missione per via della morte del padre, si trova subito immischiato in loschi affari e nella faida tra le due principali famiglie “malavitose” dell’East London Cockney: la sua, i Marks, e gli Sharp del boss Tony.
Il tutto è raccontato tramite l’espediente dei flashback: Ryan, per via del caos creatosi in quel di Londra, è, infatti, sotto la custodia dell’agente Carson che lo sottopone ad interrogatorio, ricostruendo così, “di stage in stage” (sparatoria dopo sparatoria, in circa venti setting differenti), le vicende che l’hanno coinvolto.
L’avventura del ragazzo procede spedita per circa cinque-sei ore e rallenta occasionalmente solo nei momenti di dialogo e nelle situazioni in cui il team di sviluppo si è voluto divertire con le interazioni ambientali: c’è, ad esempio, una sezione che si svolge all’interno di una galleria d’arte nella quale non si fa utilizzo di bocche da fuoco ma ci si può sbizzarrire ugualmente utilizzando gli oggetti presenti sulla scena.
Sebbene il susseguirsi degli eventi risulti abbastanza prevedibile, London Studio sfoggia un sapiente utilizzo dei tropi cinematografici e non mancano, inoltre, alcuni colpi di scena (nella seconda metà dell’opera).
È su binari, scorre veloce… non è un treno
Pur giocabile anche con il DualShock 4, è sicuramente pensato proprio per sfruttare al meglio le funzionalità dei controller di movimento Sony, periferiche sopravvissute senza “aggiornamenti” a dieci anni di progresso e nuovamente impugnabili grazie alla compatibilità con PS VR.
Come vi abbiamo accennato sopra, Blood & Truth è uno shooter su binari nel quale il movimento non è libero ma è gestito attraverso spostamenti in punti di copertura prestabiliti e ben segnalati. Questo espediente, che in un primo approccio potrebbe rendere perplessi, è, in realtà, funzionale e si sposa perfettamente con il tipo d’intrattenimento che la software house ha voluto offrire: al di là di un minimo effetto chinetosi, il moto automatizzato consente di avere totale libertà nelle fasi shooting, vero fulcro del gameplay.
Con i tasti Move ci si sposta scivolando di nodo in nodo (i frontali X e Cerchio consentono talvolta il moto laterale), usando i grilletti si interagisce con gli oggetti o, impugnando un’arma, si spara. I due controller sono, così, interamente adibiti alla gestione delle due mani e questo consente funzionalità intriganti, più o meno utili: la ricarica manuale delle bocche da fuoco, la loro estrazione dalle fondine laterali (pistole impugnabili a una mano) o da quelle dietro la schiena (armi più pesanti impugnabili anche a due mani), la possibilità di realizzare il trick facendole ruotare sul dito. Ah, sì, potete anche fare le corna, il dito medio, l’ok e il gesto della vittoria in qualsiasi momento.
Con la pressione simultanea dei due tasti Move si attiva una sorta di bullet-time: il tempo rallenta e, oltre al suo effetto scenografico, è utile soprattutto contro i nemici corazzati che possono essere mandati a terra più rapidamente colpendo in successione tre precise parti del loro corpo.
L’impostazione su binari, inoltre, ha permesso al team londinese di arricchire le zone prestabilite con elementi interagibili, tra collezionabili e oggetti che servono da mero pretesto per evidenziare la fisica in-game: serrature da scassinare, circuiti da bypassare, esplosivi da piazzare e attivare, tazze e bottiglie che si rompono, palline di carta con cui far canestro nei cestini, sigarette elettroniche per gli amanti dello svapo, palloni da rugby, occhiali da sole da indossare, console DJ per scratchare, slot-machine e altro ancora.
Questo tipo di setting, infine, permette al giocatore di pensare esclusivamente alla propria posizione dietro ad un riparo, con una totale libertà di gestione delle mani che impugnano le bocche da fuoco.
Purtroppo, però, il tracking dei Move non è sempre ottimale: ribadiamo che, pur sfruttata a dovere, la tecnologia dei controller di movimento è datata, si avverte ed è un peccato.
Per quanto concerne le armi utilizzabili c’è una discreta varietà: dalle più semplici pistole a 9mm, ai revolver, dalle mitragliatrici agli shotgun, passando per i fucili da cecchino e le granate. All’interno del rifugio della famiglia Marks è possibile modificarne l’estetica verniciandole, e le prestazioni munendole di silenziatori e mirini sbloccabili con la spesa di “Punti Stella”, accumulabili sparando determinati bersagli all’interno dell’ambientazione o raccogliendo i collezionabili.
In realtà, abbiamo provato a potenziarle per bene appurando che le variazioni in termini di gun-play sono minime e che la nostra preferenza è andata sempre verso le armi più leggere, per via di un caricatore più ampio e di una maggiore maneggevolezza: ad esempio, impugnare un fucile da cecchino con mirino ottico, a due mani, è bello da vedere ma risulta davvero scomodo, soprattutto per il suddetto discorso di un tracking del movimento non precisissimo.
Non mancano sezioni che sfruttano il level-design, prevalentemente impostate su dinamiche di “arrampicata”.
Infine, sono presenti delle fasi di inseguimento in auto e altre in cui non ci si sposta nemmeno su nodi: il moto è completamente automatico, si procede su un percorso impostato per tutta la spettacolare sequenza scaricando sugli avversari (e sugli elementi esplosivi presenti nell’area) il maggior numero di proiettili.
Last Action Hero
Avete presente il celebre film di Arnold Schwarzenegger in cui il giovane Danny Madigan si ritrova all’interno dell’ultima impresa del suo eroe action preferito, Jack Slater? È vero, In Blood & Truth non entriamo personalmente nella sceneggiatura ma nei panni di Ryan Marks. Ciò nonostante, un buonissimo lavoro di regia, motion-capture, recitazione e animazione permette di immedesimarsi e di sentirsi al centro della scena. Il cast, che vede la presenza di Colin Salmon nel ruolo dell’Agente Carson, è ben caratterizzato e il lavoro degli attori è uno dei migliori visti sul panorama dei titoli VR (stesso discorso per un ottimo doppiaggio in lingua italiana). I dettagli di ambientazioni e vestiario, la palette cromatica azzeccata e una riuscita gestione dell’illuminazione consentono al titolo di London Studio di godere di un pregevole impatto visivo.
Certo, siamo comunque nei limiti del PS VR: in termini di risoluzione e filtri, tra sfocature e scalettature, non ci possiamo aspettare la medesima qualità offerta dai prodotti fruibili su uno schermo tradizionale.
Peccato, inoltre, per la presenza delle sole mani del protagonista e non del suo intero modello: ci consola il fatto che, almeno in questo modo, si esclude la vista di braccia che si piegano in modo totalmente innaturale, o del proprio corpo “in terza persona” completamente distaccato da quello che dovrebbe essere il capo (problematiche riscontrate in altri colleghi FPS in VR).
Il tutto è accompagnato da un sound-design ottimo: oltre alla buona effettistica, sono presenti ben 25 tracce che potrebbero benissimo accompagnare l’azione di un 007 (ma anche un Fast & Furious), tra pezzi strumentali realizzati da Joe Thwaites e Jim Fowler e altri cantati in stile gangsta-rap di Zdot ft. JME, Eyez, Kamakaze e Ocean Wisdom (sì, le stiamo ascoltando mentre vi scriviamo questo pezzo e sono capaci di dare una carica degna di nota -NdR-).