Recensione Days Gone
Storie di sopravvivenza nell'Oregon di Bend Studio
A distanza di sette anni dalla loro ultima produzione, gli autori della celebre saga Syphon Filter passano in prima linea arrivando sulla console ammiraglia Sony con Days Gone, action-adventure survival horror ambientato in un open-world post-apocalittico. Annunciato durante l’edizione 2016 dell’E3, con un’uscita inizialmente prevista per lo scorso febbraio, la nuova IP in esclusiva Playstation 4 si unisce finalmente ai titoli di punta della casa nipponica e si ricava il suo spazio con decisione nonostante il basso profilo mantenuto fino a pochi mesi fa. Il risultato del lavoro di Bend Studio è un’opera convincente, con un’identità ben definita, che si lascia alle spalle lo scomodo paragone con l’acclamato The Last of Us e offre un’esperienza ricca e sorprendemente longeva, ma non per questo esente da difetti.
Guerra quotidiana
La luce del mattino ha un valore diverso per i superstiti dell’Oregon. Quando il Sole sorge, le persone si dimenticano per qualche ora di quella terribile epidemia che due anni prima ha portato il genere umano sull’orlo dell’estinzione. Un misterioso virus si è diffuso rapidamente in tutto il mondo con conseguenze nefaste: gli infetti che non sono caduti vittima dei suoi letali effetti entro le prime ore dalla sua contrazione, si sono presto tramutati in Furiosi, creature il cui identikit attinge a piene mani dal film Io sono Leggenda del 2007: esseri dai rapidi movimenti, fotosensibili, che si muovono in colonie, in orde, e che presentano una totale regressione evolutiva. Bestiali, mossi dal solo istinto di nutrirsi, di giorno i furiosi si ritirano nelle profondità di caverne o nel buio di edifici abbandonati, lasciando agli abitanti della valle il tempo di avventurarsi alla ricerca di provviste e altre preziose risorse per sopravvivere.
Quando scende la notte però, le strade che serpeggiano tra le foreste e le cittadine in rovina, si popolano di ombre fameliche e urla disumane riecheggiano nel silenzio di un mondo che dorme trincerato dietro recinzioni fortificate. Le vicende di Days Gone prendono forma dentro questa cornice, in questo spaccato di territorio chiamato dai suoi abitanti Incubo, perché non esiste altro modo per definire quello che ti aspetta fuori dalle precarie difese del campo. Vivremo questa avventura attraverso gli occhi di Deacon St. John, centauro, ex-militare, Randagio: così vengono chiamati i raminghi di queste lande desolate. Deek è uno degli ultimi appartenenti al Mongrel Motorcycle Club, banda di motociclisti fuorilegge di cui continua ostinatamente a portare il vessillo, anche se quel simbolo di lotta contro il sistema ha perso di valore: non c’è più un sistema da sfidare.
La sua esperienza nella 10th Mountain Division gli permette di ritagliarsi il futuro un giorno alla volta: sfruttando le sue abilità con le armi sopravvive nell’incubo come cacciatore di taglie e mercenario. Deacon è un uomo spezzato: l’epidemia gli ha portato via la cosa più cara, Sarah, sua moglie. Dopo lo scoppio del contagio le loro vite si sono separate e la speranza di ritrovarla è lentamente appassita col propagarsi dell’apocalisse. Questi eventi hanno reso Deek feroce e rabbioso e, sebbene continui a rispettare un proprio codice di condotta morale, tutte le volte che si presenterà l’occasione di premere sul grilletto si getterà senza riserve nel conflitto. E noi con lui.
Mors tua vita mea
Sopravvivere in queste terre inospitali è una questione di mira e parsimonia. Le prime fasi di tutorial ci mostrano questi aspetti tradotti in meccaniche di gameplay, catapultandoci in un mondo violento dove le risorse scarseggiano e i più deboli soccombono. L’anima survival di Days Gone è percepibile in ogni angolo del variegato ecosistema dell’Oregon, che tra distese desertiche, foreste rigogliose, paludi e cime innevate, non smette mai di sussurrarci parole di prudenza. In questo mondo al collasso dove le tecnologie dell’uomo periscono in assenza di corrente elettrica, il vero oro sono le pallottole, la benzina e i rottami. Le prime ci occorrono per difenderci dalle minacce dell’Incubo. Days Gone è un’esperienza in terza persona le cui fasi di shooting adottano gli standard già collaudati di titoli come Uncharted, con un sistema di coperture forse più primitivo e analogico del gioco di avventura targato Naughty Dog, che tuttavia riesce nel conferire agli scontri a fuoco la giusta dinamicità.
A nostra disposizione nel menù rapido di selezione avremo sempre un’arma a corto, medio e lungo raggio, tutte e tre con possibilità di essere silenziate, feature da utilizzare con ingegno per avere la meglio sul nemico. Completano l’arsenale esplosivi, diversivi, trappole di varia natura e la nostra arma per il corpo a corpo, che alternativamente al nostro onnipresente e inossidabile coltello da caccia può essere sostituito con altri oggetti contundenti come mazze o asce. La benzina è rara tanto quanto le pallottole. Sebbene le taniche possano trasformarsi in una bomba pronta all’uso in caso di estrema necessità, la benzina al suo interno è fondamentale per i nostri spostamenti: le ore di luce scorrono veloci e il mondo di Days Gone è sorprendentemente vasto per essere esplorato a piedi. Meglio quindi adoperarla per rifornire la nostra due ruote, mezzo di locomozione agile e veloce a metà tra un chopper e una dirt bike.
La nostra moto gioca il ruolo essenziale di savepoint: potremo infatti salvare i nostri progressi solo nei pressi del mezzo. Farete bene quindi ad averne cura, soprattutto perché richiede costante manutenzione: beve carburante a profusione, motivo per il quale occorre contenersi con l’acceleratore e utilizzare le pendenze a nostro vantaggio per sfruttare le discese in folle, è soggetta a rottura a causa delle collisioni e il suo motore teme l’acqua per cui è bene prestare attenzione alla profondità dei corsi che si decide di guadare. Prestazioni e resistenza della moto sono opportunamente modificabili così come i suoi danni facilmente riparabili, occorrono solo dei rottami. Sotto i cofani delle carcasse di auto abbandonate lungo le autostrade, tra gli scaffali impolverati di negozi e officine fatiscenti, possiamo trovare consumabili di vario genere: i rottami generici oltre alla riparazione di moto e armi da mischia, aprono a un elementare menù di crafting dove, combinati ad altri oggetti come dischi di seghe circolari, chiodi, polvere da sparo e inneschi elettronici, permettono di dare forma ad asce bipenni estremamente letali ed esplosivi artigianali.
Stracci e disinfettanti combinati insieme creano le bende, principale curativo per compensare i danni subiti. A seconda del tipo di auto depredata possiamo trovare inoltre filtri dell’olio da usare come silenziatori per le nostre armi da fuoco e antifurti con i quali creare speciali diversivi. Tutto è gestito dalla ruota di menù attraverso due grilletti dorsali coi quali creare automaticamente un oggetto non appena gli ingredienti risultino disponibili. Con queste conoscenze Deacon si fa strada in un mondo ostile, dove non mancheranno scene cruente, momenti di efferata brutalità e di crudele pietà (capirete il senso di questo ossimoro giocando, niente spoiler!). Si, i furiosi sono nemici formidabili, ma la vera minaccia continua ad arrivare dall’uomo.
Quel che resta della società
Per sopravvivere all’Incubo bisogna unire le forze e i sopravvissuti del Pacific Northwest lo sanno bene. Nel territorio che da Belknap scende a sud verso le paludi di Lost Lake, i superstiti si sono riorganizzati in campi all’interno dei quali le persone possono ancora vivere in una parvenza di società. La vita al loro interno è dura, perché tutti devono contribuire al sostentamento della collettività, senza sconti. Il campo di Tucker, ad esempio, in cambio di protezione, cibo e alloggio chiede che si lavori alle colture per tutto il tempo in cui il sole fornisce luce, il campo/casa sull’albero di Copeland invece richiede ai suoi abitanti andare in missione alla ricerca di provviste ogni giorno, qualsiasi siano le condizioni meteo, anche se la pioggia offre ai furiosi l’occasione per uscire dai loro nidi anche al mattino. Lost Lake è un mix di entrambi.
Il nostro status di Randagio ci permette di muoverci tra queste tre realtà sociali eludendo gli oneri della sedentarietà, ma se vogliamo interagire con i campi dobbiamo guadagnarci comunque la loro fiducia. Sviluppata su tre livelli, la fiducia di un campo si ottiene in molti modi. Andare a caccia di selvaggina per poi venderla alle cucine del posto è una possibilità: oltre alle piante commestibili che si possono trovare lungo il nostro viaggio, la carne di cervi, lupi, puma e orsi rappresentano un dono più che apprezzato. Le taglie, che altro non sono che orecchie mozzate di furioso, possono essere cedute per dimostrare il nostro impegno nel ripulire la zona. Ci sono infine gli incarichi offerti dal capo del campo di turno che spaziano dal salvataggio di un membro della comunità, all’annientamento degli avamposti dei predoni, nomadi senza scrupoli che si muovono in gruppo e assaltano opportunisticamente campi e persone in ricognizione.
Tutte queste azioni aumentano la fiducia del campo e producono un corrispettivo in crediti da spendere al suo interno in potenziamenti per la nostra moto dal meccanico, tra i quali il NOS, turbo utile per gli inseguimenti su strada, e dal mercante di armi per acquistare munizioni e strumenti di morte più letali. In base al livello di fiducia avremo accesso a determinati prodotti. Peculiarità di questo sistema di crescita è che i crediti maturati in un campo non sono spendibili altrove, aspetto che impone di gestire i rapporti con tutti in modo saggio e uniforme. I campi hanno inoltre specializzazioni diverse e requisiti di fiducia differenti: c’è chi ad esempio ha un mercanti d’armi più fornito ma che per venderti le armi migliori richiede maggiore fiducia. Altri permettono invece di accedere a determinati pezzi per customizzare la nostra moto con un livello di fiducia minimo rispetto a concorrenti con requisiti più restrittivi. Tenere a mente questi vantaggi muove l’economia e la crescita delle nostre capacità alle quali si aggiungono dei punti esperienza da spendere per attivare speciali abilità che vanno a influenzare combattimento corpo a corpo, scontro a fuoco e abilità di sopravvivenza.
Cronache dall’Oregon
Le terre del Pacific Northwest, non fanno semplicemente da sfondo alle vicende di Deacon St. John, ne sono parte integrante: sono il racconto di una quotidianità faticosa, della difesa di quel flebile lume di umanità ancora acceso, logorato dalla ferocia dei Furiosi e dalla brutalità di chi rigetta le regole della civiltà. Bend Studio ha saputo creare una narrazione incredibile in questi interstizi tra protagonista e ambientazione, tratteggiando co-primari dalla forte identità e imbastendo una progressione della trama che intreccia senza soluzione di continuità main quest e missioni secondarie in un organico sistema di avventure. Questa struttura ha permesso agli sviluppatori di narrare più storie contemporaneamente e di creare i presupposti per valorizzare tutte le dimensioni del gameplay offerte da Days Gone. E’ il caso delle vicende legate alla NERO, l’organizzazione federale che è intervenuta immediatamente subito lo scoppio dell’epidemia: parte delle vicende a lei legate ci vedrà dare fondo a tutte le nostre capacità stealth quando ci sarà da spiarne le azioni, tenendo attentamente l’occhio sugli indicatori di rumore e di visibilità di Deacon mentre ci muoviamo accovacciati e nascosti tra i cespugli per celare la nostra presenza.
I loro avamposti disseminati lungo la mappa, celano al loro interno preziose registrazioni che sviluppano la trama legata al contagio e speciali siringhe che incrementano a vostra discrezione la barra della salute, quella del vigore/stamina (al quale è associata la vostra durata di corsa) e di concentrazione, un bullet time di pochi istanti che permette di prendere la mira per letali headshot. Per accedere a queste strutture dovrete prima rimettere in moto il generatore a benzina che teneva acceso l’intero impianto. State attenti, però: riattivando la corrente, gli altoparlanti riprenderanno a strillare messaggi di avvertimento attirando su di voi tutti i furiosi della zona. Ci sono poi le vicende legate alle Orde, sciami di furiosi che infestano l’Oregon senza dare pace ai suoi abitanti, da sconfiggere con ingegno: con questi veri e propri mini-boss dovremo dare il meglio in uno scontro a fuoco senza esclusioni, sfruttando l’ambiente intorno a noi per rallentarne l’avanzata e decimarla un po’ per volta.
Le schermaglie coi Ripugnanti compongono un altro tassello importante della vicenda, rappresentando la quarta fazione in gioco negli equilibri all’interno dell’Incubo: questa setta di deviati, vaga per l’Oregon convertendo le persone al loro culto, un incubo nell’incubo per chiunque abbia la sfortuna di incrociarli. Abbiamo poi eventi minori che però impattano grandemente sull’esperienza di gioco come gli accampamenti dei predoni ai quali, oltre alla già menzionata missione di sterminio, è spesso associato un racconto di rapimento o furto. Per metterci sulle tracce dei poveri malcapitati e delle refurtive, sfrutteremo una feature simile all’occhio dell’aquila di Assassin’s Creed, che ci permetterà di ricostruire scene investigative in speciali zone segnalate sulla mini-mappa. Liberare gli avamposti ci permetterà di accedere ai bunker dei predoni nei quali conservano informazioni preziose sull’area che verranno trasferite istantaneamente sulla nostra mappa principale.
Ci sono infine le vicende legate ai Nidi di furiosi, covi rudimentali costruiti dalle creature prevalentemente nei centri abitati abbandonati. Possiamo decidere di darli alle fiamme di giorno, sfruttando il vantaggio della luce del sole ma preparandoci a risvegliare tutti mostri al suo interno, oppure potremo decidere di sostare in uno dei campi di superstiti, dormire su una branda per far scorrere rapidamente il tempo e agire durante la notte mentre i furiosi vagano famelici, per eliminare con rapidità le loro tane e costringerli a rintanarsi altrove alle prime luci dell’alba. Liberando le zone infestate apriremo inoltre le rotte dei viaggi rapidi, utili per passare rapidamente da una missione all’altra. Condite questa offerta con uno spruzzo di narrativa emergente generata dagli eventi procedurali che puntellano la mappa, come le imboscate su strada a opera dei predoni, il salvataggio all’ultimo secondo di malcapitati in balia di mostri e delinquenti (da indirizzare poi verso un campo a nostra scelta per guadagnare fiducia), le fughe in moto dai velocissimi lupi mannari e otterrete un mondo coinvolgente che vi apparirà assurdamente vivo, specialmente quando avrete occasione di vivere queste situazioni combinate tra loro.
Incubo senza fine
Quando inizierete le avventure di Days Gone, saranno passati due anni dallo scoppio dell’epidemia, 750 giorni, e il loro contatore continuerà a scandire il tempo via via che il ciclo dinamico giorno-notte farà il suo corso. Se come me arriverete a circa 860 giorni, la vostra esperienza con il titolo di Bend Studio si aggirerà intorno alle 45 ore. Per essere un open world creato da “sole” 130 persone il risultato ottenuto è notevole, tuttavia la nuova creatura di Bend Studio presta il fianco ad alcune criticità tutt’altro che trascurabili, complici le incognite di sperimentazione tipiche dei progetti inediti.
Relativamente al comparto grafico, ad esempio, è evidente la volontà da parte degli sviluppatori di rifarsi alle avventure di Nathan Drake dalle quali hanno tratto preziosi insegnamenti con il lavoro su PS Vita (Uncharted: Golden Abyss, 2011. ndr), ma il nuovo engine proprietario fatica a tenere il passo con le ambizioni del team: spiacevoli glitch visivi disturbano l’immersività con caricamenti singhiozzanti di elementi poligonali e texture, che culminano in vistosi pop-up, sfigurando protagonisti e ambienti, in-game e durante le cutscene.
L’intelligenza artificiale dei nemici umani, almeno con difficoltà settata su normale, non è sufficientemente reattiva e risulta facilmente eludibile, mentre quella degli alleati potrebbe condannarci a obbligatori restart nelle poche occasioni in cui devono farci strada. Il problema più evidente tuttavia risiede nell’impianto narrativo: la storia di Days Gone è scandita da ritmi dilatati e intenzionalmente sofferti, volti a dipingere uno scenario tremendo, che mira a trasmetterci tutta la fatica di chi sopravvive nelle terre dell’Oregon. Questa formula nelle battute finali dell’avventura subisce una brusca accelerazione, il racconto si fa più debole, con espedienti che forzano gli avvenimenti e rubano spazio ai momenti più catartici. Ciononostante è davvero difficile non riconoscere il merito di Bend Studio di aver creato un mondo dalle grandi atmosfere, contemporaneamente capace di scuoterci, farci commuovere e terrorizzarci.