Recensione Dead Or Alive 6
Il sesto capitolo di una serie storica, più in forma che mai.
Prendere la situazione di petto per diventare mainstream
Nel panorama videoludico, il vasto assortimento del genere picchiaduro (puro, non parliamo dei Tie-In di varia natura) è andato gradualmente a impoverirsi. Senza voler andare troppo a ritroso nella storia, serie come Virtua Fighter, Battle Arena Toshinden o Bloody Roar, che potevano vantare più capitoli di buona qualità a cavallo tra gli anni ’90 e i primi del 2000, affiancavano “mostri sacri” come Tekken, Mortal Kombat e Street Fighter. Ad oggi, invece, sono poche le IP che, per diverse ragioni, hanno resistito allo scorrere del tempo: Soul Calibur di Bandai Namco, ad esempio, giunto al sesto capitolo, come quel Dead or Alive spesso ricordato solo per le forme generose dei seni delle protagoniste ma che, in realtà, nasconde molto di più (e non parliamo dei glutei). In un’intervista del lontano 2004, Tomonobu Itagaki, papà della serie, disse che il suo intento era di creare un gioco aggressivo e combattivo che gratificasse dal punto di vista della grafica e dell’animazione, offrendo un character design accattivante:
“Attraverso DOA, vogliamo raggiungere il numero massimo di persone, facendolo diventare un prodotto mainstream.”
Nato ispirandosi a Mortal Kombat e Fatal Fury, DOA è comunque rimasto per lo più un franchise di nicchia, vuoi per l’etichetta da “fan-service” non eccessivamente amata in occidente, vuoi per la maggior facilità di trovare altri player da sfidare su picchiaduro più “commerciali”.
Dalle sue prime apparizioni nei cabinati da sala (datate 1996) ad oggi, Dead or Alive, pur mantenendo fermamente la sua identità e le sue peculiarità (e perfino le sue morbidezze), ha continuato ad evolversi. Team Ninja e Koei Tecmo con DOA 6 hanno tentato di avvicinarsi ad un pubblico più ampio, pensando ad un fighting-game tanto accessibile quanto complesso da padroneggiare, in grado di divertire sia il giocatore occasionale sia il pro-player. Ci saranno riusciti?
C’è sempre da imparare, in qualsiasi modalità
Prima di parlarvi delle varie possibilità ludiche, è doveroso rilevare la presenza, pressoché costante, dell’invito al tutorial. In qualsiasi game-mode, attraverso la semplice pressione del comando adibito (suggerito nell’interfaccia), il giocatore può agilmente raggiungere le fasi di allenamento: si tratta di un trial immediato e funzionale in quanto sempre relativo allo specifico lottatore o ad un determinato set di mosse che poi saranno oggetto dell’effettiva missione/sfida.
La Modalità Storia di DOA 6 si articola in un puzzle i cui pezzi vanno a sbloccarsi progressivamente su una griglia X/Y. In questa, le varie missioni sono separate in verticale per ordine cronologico e in orizzontale in base ai personaggi coinvolti.
La trama non è molto longeva (completabile in una manciata di ore) e riprende il discorso laddove si era interrotto nel precedente capitolo. Ancora una volta vede contrapporsi la DOATEC “rinnovata” sotto la guida di Helena e la malvagia organizzazione M.I.S.T. con, ovviamente, il torneo Dead or Alive a fare da sfondo alle vicende. Sia dal modo in cui è strutturata la story-mode che dalla presenza di parti del suddetto mosaico proposte esclusivamente in forma di sequenze CGI, si evince la voglia dei ragazzi di Team Ninja di dare una maggiore importanza alla componente narrativa.
Il tutto riesce effettivamente ad intrattenere con piacere ma non c’è da aspettarsi grande profondità in una sceneggiatura che, nel complesso, si manifesta attraverso brevi e simpatici sketch d’introduzione al combattimento. Senza volervi spoilerare il breve racconto, sappiate che avranno un ruolo chiave la bella e ingenua Honoka, per via delle sue “particolari” abilità che le permettono di riprodourre con relativa semplicità le mosse appena osservate, e NiCO, Scienziata reclutata da Victor Donovan per dirigere l'ultimo progetto M.I.S.T. ed esperta di Silat (nonché una delle new-entry del roster, assieme a Diego). Anche Kasumi e gli altri ninja, Helena e Marie Rose saranno tra i personaggi più coinvolti nel percorso verso l’epilogo, mentre gli altri sono per lo più relegati a vicende di “contorno”.
La seconda modalità “principale” è “Missioni DOA”. Si tratta di una lista di 96 sfide in ognuna delle quali è richiesto al giocatore di completare tre determinati obbiettivi (stelle) come, ad esempio, realizzare una particolare combo, infliggere un determinato danno, terminare l’incontro entro un tempo limite e così via.
Il premio per il completamento delle quest è una quota variabile di Valuta In-Game, Parti dei Costumi e Titoli. A dir la verità, però, la vera ricompensa è risiede nel miglioramento dell’abilità del giocatore: anche in questo caso, infatti, è proposto, di volta in volta, il tutorial specifico per la realizzazione delle mosse richieste (non obbligatorio per chi è già esperto delle meccaniche). Inoltre, in questa modalità l’IA nemica è gestita in modo tale da incentivare l’utilizzo delle skill adatte alla sfida: viene domandato di eseguire una presa/contromossa di tot. “Calci Medi”? Bene, l’avversario attaccherà quasi esclusivamente con un calcio medio così chela mossa di risposta possa andar a buon fine.
Il nostro provato ci ha visti completare 50 delle 96 sfide disponibili; abbiamo così notato che le richieste diventano gradualmente più complesse, offrendo al player la possibilità di percorrere una curva di apprendimento ideale.
Le altre game-mode sono sostanzialmente quelle standard dei picchiaduro.
COMBATTIMENTO che include i vari Scontro (offline contro l’IA o un compagno in locale), il classico percorso Arcade, sfida sul tempo e Soppravvivenza.
ALLENAMENTO suddiviso in Allenamento Libero, Tutorial (sulle meccaniche generali), Allenamento Comandi (permette di apprendere l’elenco delle mosse dei singoli personaggi) e Sfida Combo.
ONLINE per sfidare avversari "umani" in rete.
Vi è, infine, DOA CENTRAL, dove è possibile sbloccare ulteriori costumi per i lottatori, consultare i collezionabili ottenuti, riosservare i propri match (quelli salvati) o far da semplice spettatore a nuovi incontri, con tanto di modalità fotografica.
Per quanto riguarda i combattimenti online, il net-code sembra non soffrire di particolari problemi: nei match disputati (connessione “Blu/Verde”) non abbiamo riscontrato fenomeni di input-lag. Il match-making, a causa dei pochi utenti online, è piuttosto lungo. Ovviamente, per capire meglio quanto DOA 6 e i suoi server reggano le sfide in rete sarà necessario un test più approfondito post-lancio.
Il triangolo no… e invece sì… ma con novità
In merito al sistema di combattimento anche il nuovo capitolo si basa, con orgoglio, su quel Triangle System marchio di fabbrica della serie. Per chi non ne fosse a conoscenza si tratta di meccaniche in stile Carta/Forbici/Sasso: i colpi hanno la meglio sulle prese, le prese sulle parate e le parate/controprese sui colpi. Si tratta di un sistema funzionale che nelle diverse edizioni è andato gradualmente ad approfondirsi offrendo al giocatore un ventaglio di stili e opzioni tattiche più complesso e ricco di quello che può apparire ad un primo approccio.
Dead or Alive 6, infatti, è tanto accessibile al neofita che vuole dar due “cazzotti” senza particolari velleità, quanto articolato e tecnico per chi vuol padroneggiarlo al meglio.
Tra combo complesse, mosse che sfruttano il juggling, proiezioni prolungabili, contromosse direzionali, colpi critici, fasi di stordimento, variazioni della “fisica” in funzione alla categoria di peso dei lottatori, analisi del modo ideale per sfruttare gli stage a proprio favore e altro ancora, c’è veramente tanto da imparare.
Questo non implica che un giocatore occasionale possa trovare il tutto frustrante, anzi. Questo capitolo, ancora più dei precedenti si avvicina ad un pubblico più ampio grazie all’introduzione di alcune manovre “Speciali” facilmente eseguibili e visivamente spettacolari collegate, per la prima volta nella serie, ad un meter (suddiviso in due parti):
Special: consuma tutto l’indicatore Break Gauge ed è eseguibile con la pressione del direzionale destro e di R1/RB.
Assalto Fatale: combo automatica attivabile con la pressione ripetuta del dorsale destro e che, al consumo dell’intera Break Gauge, si conclude con la Special.
Presa Devastante: consuma una barra dell’indicatore e permette di ribaltare l’Assalto Fatale.
L'Assalto Fatale, inoltre, rappresenta il metodo più comodo per indurre l'avversario in fase di Stordimento Fatale, lo stato in cui non può usare prese né bloccare, di fatto garantendo una combo.
L'aggiunta delle super fattibili con estrema semplicità e, in generale, la facilitazione degli input e meccaniche a favore dei “casual” è una cosa che si sta diffondendo sempre più nei picchiaduro per ridurre la ripidità della curva d'apprendimento e coinvolgere un numero maggiore di giocatori.
Come detto sopra, però, non aspettatevi di gettarvi nella mischia di DOA 6 e di avere vita semplice contro un giocatore esperto: giusto per fare qualche esempio, la serie Assalto Fatale finisce con un launcher a muro ed elimina, se fatta al centro dello stage, ogni tipo di pressione fattibile dopo di essa. Inoltre è sempre un attacco alto, evitabile e punibile stando abbassati; le stesse “super”, se bloccate, lasciano esposti ad un contrattacco.
In sostanza, ce n’è per tutti i livelli di abilità visto che DOA 6 si affaccia anche nel mondo dell’eSport con un roster di 26 combattenti piuttosto bilanciato (24 a cui si aggiungono Nyotengu e Phase 4, ottenibili rispettivamente prenotando il gioco e acquistando la Digital Deluxe Edition).
Un’altra peculiarità dell’IP di Team Ninja è rappresentata dalle Danger Zone, aree “interattive” degli stage che si attivano quando un avversario vi è scagliato sopra, arrecandogli un ulteriore danno. Presenti anche in questo nuovo capitolo, oltre ad avere risvolti tattici, danno vita a sequenze “fuori di testa”, con alcune animazioni esaltanti e visivamente spettacolari.
Morbido ma non troppo: belle TE… xture
Dead or Alive 6 sul lato estetico è un bel vedere e non solo per l’abbondanza di splendide fisicità (maschili e femminili). Il colpo d’occhio, nel complesso, è davvero buono, con una miglior gestione di illuminazione e ombre.
Alcuni modelli dei personaggi sono stati ottimizzati sulle basi dei precedenti capitoli, altri sono stati completamente ricreati; ognuno di essi appare in grande spolvero e ben caratterizzato.
Per quanto riguarda la fisica dei corpi, Team Ninja ha abbandonato l’eccessivamente “rimbalzante” Soft Engine a favore di un nuovo motore capace di gestire i movimenti dei lottatori e delle loro parti (seni, glutei, capelli e vestiti) in modo più realistico. Il moto dei décolleté, inoltre, varia in base al tipo di costume selezionato: ad esempio quello ninja Standard di Kasumi è più rigido e “comprime” le sue abbondanze meglio di quanto possa fare una semplice t-shirt.
Infine, durante la lotta l’estetica di ogni combattente viene modificata da sudore, ferite, costumi lacerati e altre piccole ma apprezzabili variazioni.
Alti e bassi, invece, per quanto riguarda gli stage, alcuni più ispirati e interattivi (addirittura composti da due location diverse e arricchiti con le Danger-Zone), altri, come il ring del torneo DOA, un po’ anonimi e di qualità visiva inferiore.
Sul piano tecnico il gioco permette di scegliere tra l’impostazione che privilegia la grafica e quella che offre maggior stabilità. In entrambi i casi, ad essere sinceri, non abbiamo notato cali di frame-rate apprezzabili: le prestazioni di Dead or Alive 6 sono ottime.
Il comparto sonoro si attesta sui buoni livelli della serie, con musiche ritmate e incalzanti, discreto doppiaggio in lingua inglese e nipponica e un’effettistica senza infamia e senza lode.
Versione Testata: PS4
Voto
Redazione