Recensione Degrees of Separation

Il potere dell'unione tra gli opposti

di Simone Rampazzi

Uno dei pensieri più ricorrenti che spesso compare in vari discorsi recita testualmente che gli opposti si attraggono tra loro. L’incontro tra elementi profondamente diversi tra loro è capace di generare reazioni, in natura come anche in filosofia, spettacolari quanto pericolose, capaci di rivelare come ogni “incontro” può produrre risultati diversi a seconda delle situazioni.

Degrees of Separation cerca di far suo questo concetto, adattandolo per l’occasione a una storia d’amore che vede come protagonisti due elementi opposti chiamati Ember e Rime. Uno il fuoco e l’altro il ghiaccio, queste due realtà trasformate in uomo e donna sembrano vivere perfettamente in equilibrio tra loro a patto però che stiano a debita distanza poiché, anche arrivando molto vicino, sono incapaci di unirsi per diventare una cosa sola.

Questa dualità cardine del progetto e della storia accompagna noi giocatori per tutto il corso dell’avventura immaginata da Moondrop, sfruttando per l’occasione le meccaniche del puzzle platform bidimensionale che strizza l’occhio (soprattutto nel gioco cooperativo) a produzioni similari come Unravel 2 o Another Sight. Questa storia prevederà un lieto “e vissero felici e contenti”?


L’INCONTRO IDILLIACO TRA DUE OPPOSTE META’

Come accennato nell’articolo di hands on pubblicato sulle nostre pagine qualche tempo fa, due eroi dimenticati si svegliano dal loro sonno irrequieto e vengono attirati, come calamite, da una forza misteriosa che li spinge a incontrarsi nello stesso luogo. Una volta giunti a un castello abbandonato in un reame dall’aspetto fiabesco, i due cominciano la loro avventura in queste lande dimenticate, cercando chi o cosa abbia ridotto in questo stato il reame.

L’aspetto intrigante che salta subito all’occhio nella produzione è la composizione della scenografia disegnata alle spalle dei due protagonisti, perché cambia di aspetto a seconda del passaggio di ognuno di loro.

Ember con la sua natura calda e radiosa influenza il terreno facendolo rifiorire mentre Rime, forte del suo potere contrario, ne gela ogni superficie. Non potendosi mai unire definitivamente, i due eroi camminano vicini l’uno all’altra separati da una potente barriera che in qualche modo ne delimita le capacità, lasciandoci così un minimo spazio di manovra necessario alla risoluzione degli enigmi ambientali presentati nel corso della nostra avventura.

La collaborazione tra i due personaggi emerge proprio grazie alle loro caratteristiche distintive: capiterà infatti spesso che per raggiungere determinate location i due dovranno unire le forze, magari ghiacciando le feritoie di alcuni geyser al fine di permettere il passaggio del compagno.


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Nessuno dei due è in grado di superare autonomamente gli ostacoli posti sul cammino, ed è proprio grazie a questo stratagemma che il gioco riesce nell’intento di rendere protagonista la collaborazione tra i due, a patto che si comprenda prima di tutto la base di risoluzione dell’enigma del momento. La costruzione dei livelli è molto intrigante e la difficoltà degli enigmi aumenta procedendo avanti nel gioco, magari arricchendosi con la presenza di ulteriori abilità che i due possono utilizzare per eliminare un ostacolo oppure superarlo. Lo scopo del gioco, per farla breve, è incentrato sul fatto che i due dovranno compiere un lungo viaggio raccogliendo dei lembi di tessuto disseminati nel mondo da un importante re del passato, cercando magari di scoprire chi o cosa si nasconde dietro le sembianze dell’unico altro essere vivente incontrato nel gioco: un drago.

Non essendoci alcun tipo di nemico all’interno dell’opera, il giocatore può godersi lo storytelling senza pressioni, occupandosi soltanto di trovare la soluzione migliore utile a risolvere gli enigmi ambientali. Il game over non viene quindi minimamente contemplato nell’avventura e trattandosi di un puzzle game questa caratteristica sorprende con piacere, lasciandoci intuire che gli sviluppatori si sono concentrati sul confezionare un’opera pensata per tirare fuori l’abilità del giocatore nel risolvere enigmi piuttosto che nel combattere contro qualcuno.


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La fruibilità del gioco migliora tantissimo se affrontato in cooperativa, se non altro perché raggiungere alcune sciarpe posizionate in luoghi ostici dello scenario richiede un timing d’azione abbastanza preciso, difficile da ottenere in solitaria affidandosi agli automatismi del richiamo del compagno tramite l’apposito tasto. Durante l’esplorazione di questo mondo desolato sarà possibile apprendere nuove abilità, come l’esplosione, che però potranno essere utilizzate soltanto in alcuni scenari che compongono l’intero mondo di gioco. A completare gli elementi di questo gameplay basico quanto efficace sono le stazioni di viaggio rapido, in pratica dei piccoli monoliti che saranno attivati al nostro passaggio e che ci permetteranno, a nostro piacimento, di percorrere lunghe distanze senza alcuna fatica.

Il tema fiabesco della produzione emerge grazie all’utilizzo di un motore grafico perfettamente adatto allo scopo, visto che sulla nostra configurazione di prova (prima PC e poi PlayStation) il cambio di ogni elemento dello scenario avviene in modo istantaneo e naturale, senza risentire del minimo problema di lag o calo di framerate. Anche se può sembrare banale per un titolo bidimensionale, troviamo che il lavoro alle spalle di Degrees of Separation sia stato minuzioso e ragionato. La colonna sonora forse soffre un po’ a livello di ripetitività, ma a ravvivarla interviene spesso la voce narrante del gioco, che in qualche modo smorza l’accompagnamento di sottofondo per raccontarci parte della storia in merito agli scorci che stiamo esplorando.


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