Recensione Ghost Recon Breakpoint

I Fantasmi devono decidere cosa fare da grandi...

L’arrivo sul mercato di Wildlands rappresentava un punto di svolta per la saga dei “fantasmi”, che si apriva a meccaniche più open e, con gli aggiornamenti successivi, introduceva interessanti orizzonti multiplayer. L’annuncio di Breakpoint ha subito evidenziato interessanti update ad un sistema di gioco interessante e con enormi potenzialità non sfruttate nella sua prima uscita. Un rinnovato motore fisico, ora capace di restituire in modo più credibile l’andatura del nostro personaggio all’interno di terreni sconnessi o scivolosi, unitamente ad un approccio orientato quasi ad un sistema ruolistico per sviluppare al meglio le caratteristiche fisiche e attitudinali del nostro personaggio.


Il tutto all’interno di un mondo di gioco più grande rispetto a Wildlands e, soprattutto, più variegato. E in effetti i primi istanti restituiscono un’impressione positiva: trama avvincente, andamento quasi da “survival” nel nostro doverci arrangiare con quel poco recuperato dallo schianto dell’elicottero, un mondo ostile ma ricco di possibilità da sfruttare ad ospitare la nostra avventura. Il problema arriva quando ci si addentra nel cuore di Breakpoint, per capire che se da una parte Ubisoft ha aggiunto diverse features interessanti, dall’altra sembra aver tolto alcune importanti prerogative per avere un buon livello di divertimento. In primis, l’intelligenza artificiale avversaria che risulta essere fin troppo accessibile e davvero troppo morbida e propensa a farsi "gabbare" da meccaniche stealth che meriterebbero un sistema di coperture più preciso, magari come quello implementato su The Division.

Il rimando non è casuale, perché Breakpoint appare come una commistione di tanti altri titoli Ubisoft. Se conoscete i prodotti della software house transalpina non farete fatica a trovare riferimenti a Far Cry, ad Assassin’s Creed e Watch Dogs. Il problema è che tante delle meccaniche inserite sembrano essere state inserite forzatamente e senza un vero riscontro nel gameplay. Avere per le mani elementi del vestiario di livello superiore o armi potenzialmente devastanti, sembrano avere un impatto davvero minimo sulle operazioni sul campo. Tanto più che spesso ci si trova di fronte a scelte davvero strane anche da un punto prettamente estetico. Non sembra davvero plausibile dover scegliere tra un berretto di livello 10 e un casco corazzato di livello 4, per esempio. E di incongruenze come queste ce ne sono davvero tante all’interno del gioco, che portano Breakpoint ad allontanarsi dalle velleità di un tactical shooter quantomeno credibile per arrivare invece sulle sponde di un gioco meno consistente di quanto avrebbe dovuto essere.


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E qui arriva il punto: tutto questo costrutto, una volta trasposto in gameplay, ha una sua funzionalità? Purtroppo, la risposta è un secco no. Intendiamoci, Breakpoint non è quel disastro completo di cui si legge in giro in questi ultimi giorni, ma è evidente che troppe cose non hanno funzionato a dovere nelle idee di ubisoft. Più in generale si avverte una grande incertezza sulla sua stessa natura che, in ultima analisi, sembra essere un enorme "pastiche" di tanti elementi senza un vero elemento di spicco. Un pò di survival, un pò di RPG, un pò di stealth e un pizzico di tactical shooter, senza che però nessuno di questi elementi sia approfondito a dovere. Sembra quasi che Ubisoft li abbia piazzati lì più per fare volume che non per incidere realmente sul gameplay per dargli una forte caratterizzazione.

Soprattutto, sono evidenti le contraddizioni presenti quasi continuamente nel corso della nostra avventura. Che senso ha, per esempio, dare un'apparenza di credibilità ai movimenti del nostro personaggio, quando poi questo ha nel suo zaino l'equivalente di 200 kili di armi, visto che può portarne dietro una quantità oggettivamente irrealistica? Inoltre, pur non essendo di fronte ad un simulatore militare come Arma, ci troviamo pur sempre di fronte ad un titolo che mira ad una certa veridicità. Corretto? Ecco, allora perchè il nostro personaggio, una volta accampato, può "evocare" addirittura un elicottero che appare a qualche metro di distanza dalla nostra postazione? Sono soluzioni che si possono accettare in un titolo come Far Cry, dove la sospensione dell'incredulità è sicuramente molto più labile, ma soluzioni come questa in un gioco come Ghost Recon hanno l'effetto di "sgonfiare" quel poco di immersività regalata dal contesto.


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In più, esattamente come in Wildlands, Ubisoft esagera con il numero di missioni e piste da seguire. Troppe, eccessivamente segmentate e spesso inutilmente complesse. Quasi un pretesto per scorrazzare in lungo e in largo la vasta mappa di gioco. E, lo ripetiamo, è davvero un gran peccato perchè un buon sistema di shooting, un armamentario variegato a dovere e un approccio molto libero sul come avere ragione dei nostri avversari erano davvero elementi di pregio che, purtroppo, non sono stati approfonditi a dovere per essere invece annacquati nel mare magnum di cose da fare, gestire e organizzare senza avere mai la sensazione che queste incidano realmente sul vostro stile di gioco. A tutto questo unite anche un lato tecnico che non si segnala per particolari picchi di qualità e caricamenti a volte estenuanti (almeno su Xbox One X) e un certo numero di bug che a volte fanno scomparire l’audio dei nostri avversari, alternati ad alcuni momenti dove le texture di alcuni elementi sono sostituito da placeholder viola.

Dove Breakpoint riprende quota è sicuramente sul versante multiplayer, dove mette in campo l’esperienza acquisita nell’ultima parte dello sviluppo di Wildlands e riesce a mettere in scena un contesto davvero divertente e sfidante il giusto per tenere incollato il giocatore allo schermo. Sarà sufficiente per tenere in piedi l’intera struttura e dare un vero senso ad un prodotto che mirava sicuramente a ben altri risultati?


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