Recensione Serial Cleaners: quattro criminali e uno scopettone
La maggior parte delle volte in cui prendiamo parte a un’avventura, a prescindere da quale medium si tratti, ci piace pensare di essere i protagonisti della storia. Quei personaggi spesso cazzuti, i cavalieri senza macchia e senza paura, i John Wick della situazione capaci di trasformare anche una matita in una vera e propria arma letale.
Ogni tanto però capita anche qualche piacevole imprevisto, ritrovandoci magari a essere i personaggi secondari della vicenda: chi è l’eroe senza la spalla comica o senza il guaritore sempre pronto a curarlo? E chi sono i supercriminali senza una squadra di pulitori professionisti pronti a ripulire la scena del crimine dopo l’avvenuto misfatto?
Quest’ultima opzione possiamo viverla grazie a Serial Cleaners, l’ultimo titolo di Draw Distance sotto l’editore 505 Games, pronto un po’ a replicare opere cinematografiche come il Cleaner di Renny Harlin, quello avente come protagonista l’intramontabile Samuel L. Jackson. I ripulitori professionisti del videogioco di Draw Distance non avranno lo stesso carisma dell’attore, ma ognuno saprà intrattenervi grazie al proprio background e allo stile di gioco proposto.
Cenerella in da house
Serial Cleaners è ambientato durante la vigilia del capodanno dell’anno 2000, anno in cui i quattro pulitori professionisti si ritrovano a bere e ricordare il loro passato, grazie a quelle rimpatriate storiche volte a capire da dove si è partiti ma anche dove si vuole andare.
La riunione ha il semplice scopo di presentare i personaggi e parte dei loro tratti distintivi, un elemento che sicuramente farà piacere a tutti quelli che hanno bisogno di un minimo di trama per sentirsi parte della storia: questo quartetto squinternato offre personaggi molto diversi tra loro, amalgamati per forze di causa maggiore ma ognuno ben predisposto al lavoro che si trova a svolgere durante la pulizia di ognuna delle scene del crimine proposte.
Interessante la scelta di creare per ognuno uno stile di gioco unico, sicuramente pensato per diversificare il succedersi delle missioni, che grazie a un’intercalare ben connesso dalle cutscene, ci spiega il passato dei personaggi grazie a dei flashback. La riunione iniziale funge da tutorial per il sistema di comandi scelto al fine di muovere i personaggi all’interno dell’ambientazione, ma andando avanti ogni missione garantisce al giocatore la possibilità di conoscere meglio i tratti distintivi dei propri alter ego digitali: V1p3r è bravissima ad hackerare i dispositivi elettronici, oltre che a passare per i condotti dell’aria, Hal può smembrare i corpi con una motosega (con uno splatter che sembra quasi omaggiare Tarantino) mentre Lati e Bob sono forse quelli più bilanciati tra i quattro.
Durante le cutscene create col motore di gioco sarà possibile effettuare alcune scelte di dialogo, ma è un peccato constatare che non hanno alcun tipo di impatto con la storia, o con qualsiasi tipologia di finale proposto.
Attiva il senso del ripulitore!
Arrivando al fulcro del discorso, cosa cambia tra Serial Cleaners e il suo predecessore? Sicuramente la grafica, che riprende la visuale isometrica ricreando però per l’occasione delle piacevoli ambientazioni 3D ben strutturate, capaci inoltre di vantare un discreto level design se viste con l’ottica dei mezzi in mano allo studio di sviluppo.
L’obiettivo del gioco resta sempre quello di ripulire la scena del crimine al meglio delle proprie possibilità, elemento che spesso viene tradotto nella rimozione di prove e cadaveri, insieme alla fantastica possibilità di passare un’aspirapolvere in giro per il mondo di gioco con lo scopo di aspirare un certo quantitativo di sangue richiesto per completare il livello.
Ad aiutarci nell’opera ci pensa il nostro Senso da Ripulitore (pensavate che fosse una battuta, e invece!), una feature pensata per evidenziare i punti di interesse presenti nella mappa, comprensivi appunto delle chiazze di sangue che dovremo aspirare. L’elemento che più stona con l’intero indirizzo dell’opera è l’Intelligenza Artificiale dei poliziotti, che offre un tasso di sfida davvero troppo basso, incapace di offrire al giocatore un minimo di brio durante l’esplorazione di ogni livello.
Per dire, è possibile chinarsi e nascondersi dietro ad alcuni ostacoli, ma alla fine non se ne senti quasi mai la necessità, a meno che non si vogliano effettuare le missioni in pieno stile stealth. Il mondo di gioco offre anche alcuni oggetti da raccogliere, come chiavi per aprire le porte, però anche queste caratteristiche non sembrano in alcun modo impensierire durante lo scorrere della missione.
Oltre a questo è un peccato non poter intercambiare i personaggi durante le missioni, oppure attingere a qualche missione secondaria, elemento che in qualche modo avrebbe dilungato la longevità del titolo, che così finisce per ancorarsi troppo al semplice avanzamento della storia, che offrire un senso di rigiocabilità solo nel caso in cui si vogliano completare al cento per cento gli achievement dedicati.
Diciamo che come stealth game non riesce pienamente nello scopo, attestandosi invece a un videogioco d’azione ben strutturato, che poteva avere tutte le carte in regola per emergere qualora fossero stati considerati gli elementi esposti poco sopra. I checkpoint sono abbastanza generosi se si fa attenzione a fare le cose per bene, altrimenti in alcuni casi finiscono per essere pure un po’ frustranti.