Recensione The Dark Pictures: Man of Medan

Pronti per salire a bordo di una nave fantasma?

Con Man of Medan, i Supermassive iniziano la loro serie antologica basata su storie e leggende ormai consolidate nella narrativa “popolare”. Ancora non sappiamo quanti episodi sono previsti nella saga “Dark Pictures”, ma non c’è niente di meglio che iniziare con una vecchia nave fantasma, non trovate? La leggenda della Medan è una di quelle che si tramanda di generazione in generazione anche se, come spesso accade, la realtà dei fatti è decisamente meno affascinante rispetto a quella “romanzata” dalla tradizione orale.

Ad ogni modo, l’avventura dei nostri cinque personaggi (preceduta da un breve preambolo che funziona da tutorial) inizia a bordo di una piccola imbarcazione impegnata in una missione di esplorazione in pieno Oceano. I turisti a bordo sono semplicemente alla ricerca del relitto di un bombardiere della Seconda guerra mondiale inabissatosi nella zona ma, complice una tempesta e l’assalto di una imbarcazione pirata, saranno costretti a vivere buona parte della loro avventura a bordo della Medan, con tutto il suo carico di mistero, e di morte.


Il gameplay di Man of Medan è derivativo di quanto già visto in Until Dawn, e vede il giocatore prendere alternativamente il comando di ciascuno dei protagonisti, in base ai tempi di narrazione. Nei panni di ogni singolo personaggio dovrà compiere azioni e prendere decisioni che andranno a influire pesantemente sullo svolgersi dell’avventura e sulla vita stessa dei compagni d’avventura. In Man of Medan le ramificazioni sulla trama e i rapporti tra i personaggi sono ancora più fitti e strutturati rispetto a Until Dawn, creando una ragnatela di eventi che fin da subito farà provare al giocatore un profondo senso di responsabilità su quanto accade sullo schermo.

Soprattutto perché si avverte fin da subito che ogni decisione presa andrà a creare un nuovo percorso nell’albero narrativo che lo condurrà fino al termine dell’avventura. I ritmi della narrazione sono dettati dal sistema, che ci affiderà alternativamente i comandi di questo o quel personaggio, senza avere possibilità di scelta. Il ritmo è serrato e la progressione sul peso delle proprie scelte segue una linea che va’ in crescendo, passando dal decidere se portare o meno le birre a bordo dell’imbarcazione, a quelle che invece decideranno la vita stessa dei personaggi in gioco.

Ogni decisione, o reazione, dei protagonisti creerà anche una ragnatela di rapporti psicologici tra i vari partecipanti, che potremo esplorare meglio all’interno dei menù di gioco. A seconda dei rapporti tra due o più personaggi in gioco ci troveremo davanti diversi ventagli di scelte, variando di conseguenza la direzione che prenderà l’intera avventura. E’ ovvio, quindi, che i Supermassive intendano mettere interamente nelle mani del giocatore il completo controllo sull’andamento del gioco, e questa sensazione di responsabilità si percepisce con l’incedere delle operazioni, soprattutto quando si tratterà di prendere decisioni di un certo peso. Esattamente come in Until Dawn, i personaggi in gioco possono morire, e vi possiamo assicurare che la sensazione di “perdita” è davvero molto forte e coinvolgente.


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Se quindi da un punto di vista prettamente emozionale, Man of Medan dimostra di funzionare davvero molto bene, abbiamo ancora qualche dubbio in merito ad un gameplay che, gioco-forza, vi costringe a fare azioni e prendere decisioni sulla base di schemi pre-impostati, non importa quanto articolati o ramificati. Dovrete quindi scendere a patti con voi stessi quando vi ritroverete a compiere azioni o trovarvi a rispondere a quesiti davvero molto distanti da quello che vorreste fare in quel momento, ma questi sono limiti strutturali di un genere che per ovvie ragioni non può riprodurre la realtà in tutte le sue sfaccettature. Un limite che ritroviamo, per esempio, anche nei giochi di David Cage, che hanno però dalla loro un impatto narrativo ed emozionale ben maggiore rispetto ai lavori di Supermassive.

Anche se lo stile di gioco proposto è molto guidato, soprattutto per la scarsità delle azioni che può compiere il personaggio sotto il nostro comando, è sempre bene rimanere concentrati sullo schermo, perché spesso il sistema ci chiederà di punto in bianco di compiere delle particolari azioni attraverso il classico Quick Time Events. Una modalità che vi costringe a rimanere sempre sulla corda, anche durante le sessioni cinematiche, aggiungendo sicuramente pathos al gioco ma rendendolo forse un po' più frustrante del dovuto. Capita spesso di seguire quello che sembra essere un semplice video di intermezzo e… BAM, dobbiamo impugnare il pad in tutta fretta per compiere al volo quanto appare sul video, pena la nostra morte o una di quelle dei protagonisti. E’ un modo che vi costringe a rimanere sempre concentrati, ma forse un po' di elasticità in più non avrebbe guastato.


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Sicuramente quello adottato dagli sviluppatori è un sistema per aggiungere un po' di pepe al sistema di gameplay, dal momento che le cose da fare sono sicuramente pochine. La libertà di esplorazione è veramente ridotta ai minimi termini e al di là dei classici oggetti esaminare nel corso dell’avventura, ci ritroveremo per lo più a percorrere dei binari prestabiliti. Tuttavia, quella dell’esplorazione potrebbe rappresentare un’àncora di salvezza per i protagonisti, dal momento che alcuni elementi dello scenario potranno regalare loro delle “visioni” su alcuni possibili sviluppi futuri. Trovarli potrebbe darvi uno scorcio su un evento che deve ancora accadere, dandovi un vantaggio sul come affrontare o meno una determinata situazione.

I frutti del vostro operato e delle vostre scelte si paleseranno dopo 4-5 ore di giocato, sottoforma di quanti personaggi sarete riusciti a portare a casa sani e salvi. Ovviamente potrete anche riprendere l’avventura in determinati punti-chiave, per cercare di migliorare le vostre prestazioni o più semplicemente per assistere ad un finale differente (noi ne abbiamo trovato uno che aveva qualche problemino di logico, per dire…). In più, giusto per arricchire l’offerta, Supermassive ha fatto tesoro di alcuni suoi precedenti lavori (Hidden Agenda, per esempio), per dare la possibilità di poter affrontare l’avventura in cooperativa multiplayer online oppure, cosa davvero ben riuscita, con un gruppo di amici.

La “modalità cinema”, permette infatti ad un gruppo di cinque giocatori (ma si può giocare anche in due) di calarsi nell’avventura vestendo i panni di uno specifico personaggio da scegliere tra quelli disponibili. Ed è forse questa modalità l’anima più “pura” dell’offerta, dal momento che le reazioni e le decisioni saranno prese in base alla propria razionalità o sensibilità, dando al gioco un realismo emotivo davvero molto distante rispetto all’esperienza in singolo. Il nostro consiglio è quella di provare assolutamente questa modalità, non solo perché è molto divertente, ma perché riesce anche a coinvolgere anche coloro non siano direttamente interessati all’ambito videoludico.

Soprattutto perché la grafica realistica di Man of Medan, riesce a camuffare abilmente il videogioco in una esperienza molto vicina a quella cinematografica, soprattutto per l’ottima riproduzione dei volti e delle espressioni dei protagonisti e per la presenza in scena di Shawn Ashmore, volto abbastanza noto nel mondo del cinema, e già protagonista di Quantum Break.