Recensione Tom Clancy's The Division 2

Agenti, Washington D.C. ha bisogno di voi

Dopo tre anni ed un non ben precisato numero di patch, Ubisoft torna a reclutare gli agenti dell'unità d'elite della Strategic Homeland Division (SHD) per un intervento ancora più radicale di quello portato a termine con successo per le strade di New York. Arriva, infatti, The Division 2, secondo capitolo del tactical shooter sviluppato da Massive Entertainment, basato sull'ennesimo scenario fantapolitico ideato da Tom Clancy.


White House Down

Sono passati circa sette mesi da quando un virus mortale ha colpito New York e gran parte del mondo "civilizzato". La scelta di sfruttare le banconote come mezzo per la diffusione della pandemia ha avuto il doppio effetto di accelerare il fenomeno e paralizzare l'intera economia globale, dando vita ad una terra di nessuno in cui la legge del più forte (e del più crudele) ha la prevalenza su tutto.

Come membri dell'unità d'élite nota come la Divisione, avete avuto il compito di garantire la continuità governativa e gestire la crisi attraverso la raccolta e l'analisi di dati, l'organizzazione di una valida strategia d'azione ed, ovviamente, la salvaguardia della legalità tramite il coordinamento di squadre tattiche composte da cellule dormienti indipendenti.

L'intervento a New York ha indubbiamente posto un freno all'escalation di violenza e terrore perpetrato da gruppi di criminali non troppo preparati, ma nel frattempo nella città più protetta del pianeta Terra -Washington D.C- qualcuno si sta organizzando per far collassare l'intera nazione attraverso un colpo di stato nella Capitale. Come membro effettivo della Divisione avrai pertanto il compito di contribuire alla difesa della città, al fine di evitare che la capitale ed il resto degli Stati Uniti sprofondino definitivamente nel caos.


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Non paragonatelo a Destiny

Gli appassionati del primo The Division non avranno grossi problemi ad orientarsi fra le pieghe del nuovo scenario pensato dal team Massive. Date per scontate le ovvie differenze determinate in primis dall'abbandono della grigia New York in favore di una ben più colorata e variegata Washington D.C, il gioco messo in campo dagli stessi creatori della serie segue pedissequamente gli stilemi del suo predecessore, pur senza rinunciare ad alcune modifiche in grado di esaltarne alcuni aspetti e soprattutto di smussarne alcune delle criticità emerse nel corso di questi tre anni.

Per quanti fossero a secco con la serie, è doveroso precisare che The Division 2 è a tutti gli effetti un tactical shooter (o cover shooter come ribadito a più riprese dagli stessi ragazzi di Massive) in terza persona giocabile sia in singolo che in cooperativa, fortemente caratterizzato sotto il profilo della trama ed in cui lo sviluppo e l'adattamento del personaggio -e delle sue abilità- alle caratteristiche distintive del giocatore (o del gruppo di appartenenza) ha la prevalenza su tutto, level cap compreso.

In The Division ed a maggior ragione in questo secondo capitolo, non esiste, infatti, una scelta giusta e sbagliata in termini di equipaggiamento (fermo restando la maggior adattabilità di alcune build rispetto ad altre), dal momento che il sistema di evoluzione del PG darà modo di creare l'agente più adatto al proprio modo di approcciare alla guerriglia urbana a cui gli agenti della SHD saranno costantemente sottoposti.

Ovviamente, trattandosi a tutti gli effetti di uno shooter sarà comunque necessario assimilare i concetti cardine alla base del gunplay, che esattamente come nel primo capitolo è e resta legato all'uso ragionato sia delle coperture che soprattutto delle strategie d'assalto (e di difesa) più congeniali per l'equipaggiamento scelto.

Copia carbone? No, grazie

Se vi foste venuto il dubbio su cosa sia in grado di offrire The Division 2 rispetto al suo predecessore, la risposta è "molto di più". Tralasciando gli aspetti legati alla trama ed alla sua evoluzione, ciò che Massive ha cercato di fare è, infatti, mettere in campo un titolo molto più strutturato del suo predecessore, capace di andare anche oltre il concetto di endgame.

Il processo di revisione a cui la struttura di gioco è stata sottoposta, ci permette innanzitutto di accedere ad un albero delle attività molto più stratificato, in cui non compaiono soltanto le missioni principali e quelle secondarie scandite per lo più da esigenze di copione, ma anche una nuova serie di operazioni "on the road" che superano il "banale" incontro scontro con la malavita organizzata che stringe d'assedio Washington D.C.


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Gli insediamenti rappresentano l’esempio più calzante di quanto appena descritto. Sezioni autonome della base operativa abitate da civili e forze militari, questi distaccamenti vivono a tutti gli effetti di vita propria, richiedendo tuttavia lo sporadico ma fondamentale intervento degli agenti della Divisione. A differenza del classico rifugio, ogni insediamento necessita, infatti, di essere opportunamente potenziato sviluppando nuove caratteristiche e funzionalità, ma soprattutto protetto sia bonificando le aree circostanti (leggasi anche eliminare tutti gli intrusi delle fazioni nemiche) che reclutando nuove figure (controllate dalla CPU) in grado di garantire la salvaguardia del perimetro anche in assenza di unità specializzate. Ovviamente, l’evoluzione di ogni insediamento è legata a doppio filo al completamento di incarichi piuttosto specifici, che passeranno dalla “banale” operazione contro le forze nemiche fino alla donazione di risorse e parte della propria attrezzatura.     

Assieme agli insediamenti fanno la loro comparsa anche un secondo gruppo di attività legate più specificatamente al concetto di “zone di interesse”. In questo caso si tratta per lo più di incarichi stand alone abbastanza estemporanei, legati il più delle volte alla verifica (ed all’eventuale bonifica) di determinati settori della città opportunamente contrassegnati sulla mappa.

Completamente nuova è anche l'introduzione dei Punti di controllo, specifiche aree sensibili della città controllate da bande criminali molto più organizzate, che andranno obbligatoriamente riconquistate al fine di garantirne la sicurezza attraverso il costante presidio da parte delle forze alleate.

Precisiamo che per quanto importanti, i tre "fattori" appena citati rappresentano solo la punta dell'iceberg chiamato The Division 2, visto che tra casse SHADE da recuperare, civili da sottrarre alla pubblica esecuzione, altoparlanti da propaganda da silenziare e rifornimenti da riconquistare, non mancheranno certo attività extra in grado di donare quel pizzico di varietà in più al gioco, di cui si sentiva obbiettivamente bisogno. 


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L'evoluzione della specie

Il processo di revisione a cui il gioco è stato sottoposto, ha permesso di introdurre alcune interessanti novità anche sul fronte della personalizzazione e della gestione del proprio PG. Fermo restando la presenza di tutti gli elementi estetici e non (albero dei perk compreso) conosciuti nel primo capitolo della serie, The Division 2 offre innanzitutto l'opportunità di accedere ad una nuova serie di abilità (ce ne saranno otto in tutto, ciascuna divisa in tre ulteriori varianti), in grado di assolvere sia compiti di attacco che di difesa e soccorso.

La novità più sostanziale è tuttavia rappresentato dalla riconfigurazione degli attributi principali di ogni singolo agente, “semplificati” ai soli parametri legati a corazza, potenza abilità e salute, ed affiancati per l'occasione da una seconda barra della resistenza dedicata alla capacità della propria build di assorbire i colpi nemici. 

La presenza della barra della corazza rappresenta a tutti gli effetti una delle principali varianti “tattiche” offerte da The Division 2, dal momento che il ripristino delle piastre nel corso di uno scontro a fuoco (tramite l’uso di un kit medico), dovrà necessariamente passare da un'operazione di sostituzione tale da richiedere ben tre secondi di totale immobilismo per essere completato con successo.

Rispetto al primo capitolo della serie, trovano inoltre spazio alcune interessanti variazioni al tema anche sul fronte delle famigerate Mod delle armi, non più ottenibili come loot ma sbloccabili sotto forma di perk tramite la postazione del Quartiermastro (utilizzando i punti SHADE in vostro possesso), o creabili attraverso l'immancabile stazione fai da te, a patto ovviamente di aver ottenuto gli schemi necessari per la loro realizzazione.

Da notare che rispetto al passato, tutte le mod delle armi acquisite resteranno all'interno del proprio inventario senza occupare spazio e potranno essere utilizzate anche simultaneamente su più armi a patto, ovviamente, di essere compatibili con l'arma prescelta.


Parola d'ordine Endgame

Abbiamo voluto dedicare un paragrafo a parte dedicato al famigerato endgame, vera spada di Damocle del primo The Division, dal momento che in casa Massive hanno dimostrato di aver imparato e bene la lezione. In questo caso il team di sviluppo ha infatti cercato di seguire le richieste della community, mettendo in campo una svariata serie di attività fruibili esclusivamente al termine della campagna principale. Non ci riferiamo solo alla possibilità di sbloccare tre Specializzazioni al raggiungimento del level cap (Survivalist, Demolitionist e Sharpshooter) in grado di abilitare sia una terza arma specifica (balestra, lanciagranate, fucile da cecchino) che  nuovi perk capaci di modificare sensibilmente il comportamento di alcune abilità, ma sopratutto della rivoluzione a cui sarà soggetto l'intero mondo di gioco, con l'invasione della quarta fazione ostile nota come Black Tusk. Si tratta fondamentalmente di forze emiche fortemente militarizzate comandate da un ex-membro della JTF, in possesso di tecnologie ed armi persino superiori a quelli della Divisione, capaci di prendere d'assedio gran parte delle strutture "liberate" nel corso della campagna.

Vien da se che terminata la campagna, al giocatore sarà richiesto di intervenire per una seconda volta in gran parte delle aree bonificate nel corso del tempo, ben sapendo che questa volta ad attendere gli agenti della Divisione non ci saranno più degli sprovveduti ma forze militari organizzate, superiori per numero ed equipaggiamento.

Gameplay e tecnica

Dal punto di vista del gameplay, The Division 2 si affida per grandi linee ai medesimi punti forza del precedente capitolo, sfruttando a dovere le caratteristiche di un gunplay decisamente equilibrato, alla portata di tutti ma non per questo meno profondo o scontato. Parliamo di un gioco fortemente votato allo scontro "ragionato", basato più sull'uso intelligente delle coperture e sulla cooperazione con altri agenti che non sullo scontro aperto vero e proprio.

In tal senso la scelta di donare al gioco un ritmo ancora più compassato di quanto non fosse nel precedente capitolo della serie ha inoltre il merito di porre ancora di più l'accento proprio sull'uso strategico delle coperture e sul senso della posizione rispetto al centro nevralgico dell'azione, fattore questo di cui si dovrà necessariamente conto anche in considerazione della rinnovata intelligenza artificiale dei nemici controllati dalla CPU, ora capaci di muoversi in maniera molto più coordinata nel tentativo di accerchiare o prendere alle spalle il malcapitato (o i malcapitati) di turno. Peccato solo per la caratterizzazione dozzinale dei nemici di livello medio basso, francamente troppo anonimi e scontati per rappresentare un livello di sfida accettabile anche durante le primissime fasi di gioco.


Apprezzabile, invece, la scelta di differenziare le tre aree della Zona Nera, accessibili solo sbloccando il membro dello staff Senait Ezera attraverso il completamento della missione principale Museo di Storia Americana. In questo caso ci troviamo di fronte ad aree di combattimento piuttosto eterogenee, caratterizzate da specifiche caratteristiche strutturali in grado di modificare l'approccio al combattimento vero e proprio. Se è vero come è vero che i grandi spazi aperti della Zona Nera Est prediligeranno un assetto molto più attento all'aspetto difensivo del proprio PG, è altrettanto vero che le strettoie ed i cunicoli della Zona Nera Sud offriranno al giocatore l'opportunità di sbilanciare il proprio set sull'attacco, dal momento che la stessa conformazione del terreno di scontro offrirà uno strumento di difesa naturale di cui si dovrà tenere comunque conto.

Tecnicamente The Division 2 si presenta con molte luci e qualche ombra. Se è vero che il team Massive ha saputo ricreare un ambiente dal colpo d'occhio assolutamente convincente, è altrettanto vero che alcuni problemi legati al rendering non permettono di godere appieno degli splendidi scorci di Washington D.C., con texture spesso in ritardo ed oscillazioni qualitative piuttosto evidenti.

Peccato perchè come detto il colpo d'occhio offerto dal gioco resta senz'ombra di dubbio convincente, con ambienti (aperti e chiusi) ottimamente caratterizzati (ma poco interattivi), ricchi di dettagli ed effetti di luce e particellari particolarmente convincenti oltreché azzeccati. In senso più generale, il motore di The Division 2 si dimostra comunque all'altezza della situazione, tanto da girare senza particolari patemi d'animo anche con framerate sbloccato (almeno su Xbox One X) oltre la soglia dei consueti 30FPS.  

Multiplayer

Dopo circa una settimana di gioco, possiamo certificare che anche sul fronte multiplayer The Division 2 non delude le attese, confermandosi all'altezza del suo predecessore, pur non rinunciando a qualche interessante novità. Come detto, in linea di massima il team di sviluppo ha cercato di non snaturare il gioco, offrendo l'opportunità agli agenti sparsi per la mappa di cooperare attraverso il consueto sistema (leggermente rivisto) drop in drop out (già conosciuto nel precedente capitolo) anche nel corso della campagna principale, lasciando alla Zona Nera -rivisitata- il compito di "gestire" un multiplayer che è e resta a metà strada fra un PVP ed un PVE, vista la presenza di un notevole numero di NPC "artificiali" di cui occorrerà sempre tener conto. Per gli amanti del PVP Puro, Massive ha comunque ben veduto di introdurre la nuova modalità conflitto, che consentirà di affrontarsi in arene senza il "fastidio" dei nemici controllati dalla CPU in due diverse attività. Accanto al classico Deathmatch a squadre reinterpretato in chiave The Division (Schermaglia), trova, infatti, spazio anche Dominio, una sorta di modalità ad obbiettivi in cui si renderà necessario la conquista ed il controllo di diversi luoghi della mappa. Per entrambe le attività, sarà comunque possibile selezionare il terreno di scontro fra le tre arene attualmente disponibili (Rovine del Campidoglio, Stadio, Georgetown), ma soprattutto cimentarsi contro un altro team sempre composto da quattro elementi.