Recensione The Sinking City

Frogwares ci promette la follia di Lovecraft

di Simone Rampazzi

Dal primo momento in cui abbiamo seguito la pubblicazione del materiale promozionale legato a The Sinking City, qualcosa si era inevitabilmente smosso nelle nostre fantasie più perverse, complice non soltanto l’affascinante quanto tetro mondo letterario creato da H.P. Lovecraft, ma anche e soprattutto la possibilità di goderci una nuova “trasposizione” nel mondo videoludico.

A gettare ulteriore benzina sul fuoco, non lo neghiamo, ci pensavano gli sviluppatori di Frogwares, i quali nel corso della loro lunga carriera sono riusciti a narrarci ottimamente le imprese del detective Sherlock Holmes. Tenendo conto di questo background piuttosto soddisfacente, l’idea di vederli al lavoro su un concept intrigante come il suddetto, riscritto in chiave investigativa seguendo il modus operandi noto per Sherlock Holmes, ha creato diverse aspettative positive.


LA STORIA CHE CAMBIA TUTTO

Nei panni del detective Charles Reed veniamo chiamati a fare luce sui vari casi misteriosi che affliggono la cittadina di Oakmont, nel Massachusetts, che dopo un’alluvione di inspiegabile potenza ha visto i propri cittadini afflitti da una strana sequela di casi d’isteria, spesso accompagnati da terribili visioni e incubi. La stessa alluvione si è lasciata alle spalle morte e disagio, seguiti dalla presenza di creature orrende di cui non si conosce l’origine.

L’aspetto più interessante della vicenda è che lo stesso protagonista, nostro alter ego in questa avventura dai toni cupi, è afflitto da visioni di un mondo sommerso pericoloso e angosciante, da cui emergono spesso dei tentacoli pronti a risucchiarlo in una spirale di follia e terrore. Compiendo un’indagine per volta, Charles Reed dovrà fare luce a diversi casi inspiegabili di omicidio, conoscendo a proprie spese tutto il substrato di trame intricate che formano la società di Oakmont.

Le faide tra le antiche famiglie della città, unite a misteriosi culti e casi di forestieri scomparsi una volta arrivati in città, compongono l’intero background di una vicenda che riesce piacevolmente a coinvolgere il giocatore, lasciandogli cogliere peraltro tutta una serie di indizi o easter egg pronti a condurci in luoghi oscuri e pericolosi. L’intera narrazione viene sviscerata senza punti morti o momenti ridondanti, sinonimo che gli sviluppatori hanno posto particolare cura nel cercare di spiegare ogni cosa al momento giusto, lasciando persino al giocatore la libertà di esplorare un open world “discretamente” open (scusateci la ripetizione), caratterizzato da un buon level design che riesce ad alternare abilmente le zone ancora intatte della città con quelle semi-distrutte, sommerse dall’acqua ed esplorabili solamente a bordo di un’imbarcazione. A differenza dei titoli su Sherlock Holmes, questo va sottolineato, gli sviluppatori hanno fatto un buon passo avanti nel gestire questa ambientazione aperta, peccato però che tecnicamente (lo vedremo tra poco) qualcosa è andato storto.


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ELEMENTARE, SIG. LOVECRAFT

Come avrete potuto immaginare dai vari trailer rilasciati, The Sinking City rientra nelle avventure di stampo investigativo in terza persona, dove il protagonista deve cercare degli indizi nello scenario per formulare in seguito delle teorie, valutando solo in seguito quale soluzione rispecchia al meglio le nostre deduzioni. Il livello di scrittura ed elaborazione è chiaramente simile ai titoli su Sherlock Holmes, lo scenario cela ai nostri occhi indizi che vanno rivelati grazie a una particolare “vista dell’occulto”, occhio della mente se vi piace di più, che si affaccia nella maggior parte delle soluzioni a un piccolo puzzle game dove saremo chiamati a decidere l’ordine cronologico in cui si sono svolti i fatti.

La libertà d’azione è piuttosto fittizia, nel senso che sì, siamo in grado di esplorare la maggior parte della cittadina di Oakmont, ma al tempo stesso molte delle attività e degli incarichi secondari sono fortemente accessori al contesto principale, un modo come un altro per diluire l’esperienza in modo da fargli superare la trentina di ore necessarie per portare a compimento l’avventura principale senza diventare completamente matti. Esistono anche delle fasi action che possono svolgersi durante l’incontro con le creature occulte che minacciano la città, ma sinceramente il gunplay e lo stesso movimento del personaggio risultano goffi e impacciati, lasciandoci più volte l’amaro in bocca per tutte quelle morti in cui siamo incappati solo per aver “osato” esplorare alcune zone senza essere armati fino ai denti.

Esiste un sistema di progressione del personaggio, suddiviso per categorie a seconda di ciò che riterrete più opportuno scegliere per impostare il vostro stile di gioco. Niente di eccessivamente complesso, ma comunque un abbozzo che potrebbe portare in futuro a nuovi giochi più articolati, nonché migliori sotto questo aspetto.

Tecnicamente la versione per Xbox One standard si rivela essere un vero e proprio pugno in un occhio, complice una serie di caricamenti infiniti che non risparmiano nemmeno la cura delle texture, o dell’illuminazione, che a volte fallisce anche nel rendering dei volti degli NPC.


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