Red Dead Revolver
di
Antonio 'Treasure Hunter' Norfo
Per molti pugni di dollari...
Far West, teatro di pellicole un tempo fortunate ed amate dove celebri nomi come il regista Sergio Leone, l'attore Clint Eastwood e l'osannato compositore Ennio Morricone trovarono la loro consacrazione nel mondo hollywoodiano (altro che per un pugno di dollari!).
Red Dead Revolver (passato dalle mani disinteressate di Capcom a quelle dei Rockstar San Diego) dal selvaggio ovest è ormai giunto anche nel vecchio continente con un feeling tipicamente proprio dei film western italo-americani degli anni sessanta e settanta. Le danze hanno inizio con una sigla ed un accompagnamento musicale adeguato (cadenzato da un consueto arpeggio), con tanto di nomi dei protagonisti principali stampati in rosso fuoco su schermo. Rosso come il sangue, rosso come il nome del taciturno protagonista, pistolero dei pistoleri e cowboy dei cowboy: Red. Il suddetto cacciatore di taglie oltre ad essere l'indiscutibile grilletto più veloce del mondo ha alle spalle un passato che guarda caso lo accomuna a tanti esponenti cinematografici. Ed ecco che fu privato dei genitori (padre bianco e madre pellerossa) in adolescente età, ed ecco che ora, ormai uomo, vaga per villaggi e treni alla ricerca della sua personalissima, nonché sanguinosissima, vendetta (accompagnato da quella vecchia pistola ereditata dal genitore).
Lo chiamavano Red
Il titolo è basilarmente uno sparatutto action in terza persona, con un'ambientazione che vuole essere il suo indiscusso punto di forza. Non solo il tempo ed i luoghi, ma anche lo stile grafico (supportato tecnicamente senza infamia e senza lode) vuole sembrare una granulosa pellicola dei pionieri del genere. I vari menu, inoltre, si presentano come fossero i manifesti delle varie taglie sulle teste dei rozzi banditi e questo, benché sia lontano dalla meraviglia visiva, facilita il compito dell'immedesimazione di quanti si ritengano estimatori dello spaghetti-western. Per costoro ogni cliché è più che garantito, dall'assalto brigantesco di un treno a polverosi villaggi dimenticati dalla stirpe d'Adamo e da Dio.
All'azione ed alle vicissitudini narrative si è introdotti da un rapido training mode nel fiumiciattolo vicino casa, dopodiché le varie sezioni a base di piombo si susseguono l'una dietro l'altra con rapidità (e con fare lineare) e con un minimo comune multiplo che pervade, dal principio alla fine in progressione, ogni istante del gameplay: la ripetitività, a lungo andare, delle azioni da svolgere.
Certo, Red non sarà l'unico umano ad essere controllato dai nostri joypad (Annie Stokes, Jack Swift, Buffalo Soldier, Diego e Shadow Wolf gli altri cinque) ma l'impressione lampante è che i Rockstar non siano andati troppo oltre la primigenia bozza del titolo (forse destinato in origine a diverse altezze) il quale ha come aggravante, tra interruzioni dello sviluppo ed altro, svariati inverni alle spalle. Nemmeno le sessioni multiplayer (inferiori e scialbe rispetto alla modalità principale) smuovono o indeboliscono, a dispetto delle loro tre modalità (Bounty Hunter, Sundown e High Noon), l'impressione.
Ma torniamo all' analisi dell'azione e delle sue particolarità. Trascendendo dall'armamentario (pistole, fucili ed armi da lancio) e dalla possibilità di fare costantemente acquisti presso strani empori (non dimenticate la Bibbia ed il mantello messicano...) cosa sarebbe un western senza duelli all'ultimo sangue?
Fortunatamente non mancano e nei frangenti uno contro uno la velocità e tutte le movenze saranno rallentate, per meglio prendere la mira (e farsi mirare) e per meglio scovare i punti deboli del nostro antagonista per la vita (evidenziati dal variare delle cromie del mirino: più è rosso e più farà male).
I suddetti duelli rappresenteranno forse uno dei pochi picchi di difficoltà, con alcuni pistoleri-boss che richiederanno pazienza e nelle peggiori circostanze ripetizioni di turno.
Sempre parlando di variazioni di velocità subentra uno pseudo-bullet time, denominato dead eye. Tramite la pressione del tasto R2 sarà possibile, in slow motion, mirare in più zone del corpo, o dei corpi, del nemico con una susseguente raffica di pallottole. Dead eye, s'intende, è la mossa speciale di Red.
Annie dal canto suo vanta una gittata momentaneamente superiore e letale del suo fucile e, ad esempio, Shadow Wolf (l'indiano d'america) scocca dal suo infallibile arco frecce infuocate. Alla fine di ogni livello verranno assegnati e i dollari delle taglie e le votazioni (il fatidico excellent non è affatto al di fuori della comune portata).
Graficamente di Red Dead Revolver (supportato nella versione pal dal gradito selettore 50/60 hz), come detto, è senza dubbio apprezzabile lo "stile invecchiante" adottato, stile che sa ben proporre borghi immersi in chissà quali canyon e colpiti incessantemente da strali di vento e raggi di sole.
Dal punto di vista della texturizzazione non si può andare oltre la constatazione del non troppo impegno, mentre miglior esito ottengono gli effetti luminosi. Altalenante il framerate e le collisioni poligonali mentre risulta soddisfacente la varietà cromatica degli indumenti (giacché la troppa somiglianza dei personaggi secondari non rappresenta mai un bene). Rispetto alla controparte Xbox tecnicamente vanno denotati alcuni contro: primo su tutti i 30 fps contro i 60 della console Microsoft, poi i tardivi tempi di caricamento ed infine una modalità multigiocatore in meno (la scatola di Bill Gates "vanta" in più Coliseum).
Il reparto sonoro sa comportarsi meglio nella colonna sonora, tipica anch'essa dei lungometraggi ai quali il titolo s'ispira, con arpeggi a volte tremendamente scontati e con fischiettii che più che intuibili rappresentano un canone irrinunciabile (l'eredità italiana nella componente audio e nel senso più "morriconiano" del termine si fa decisamente sentire). Emergono, piuttosto, le mancanze sotto il profilo del parlato che varia dall'anonimato al cattivo gusto ed è condito con un anglosassone a dire il vero non troppo entusiasmante.
Red Dead Revolver, in definitiva, sarà indubbiamente una perla per coloro che apprezzino il genere cinematografico che gli fa da Musa, un genere comunque che ebbe il suo periodo aureo più di qualche decennio fa (da qui ne derivano tutte le limitazioni). Nostalgici ed antiquari a parte, un videogiocatore che si rispetti non potrà fare a meno di notare la ripetitività crescente delle azioni e delle situazioni che mina su tutto l'evolversi e della trama (scritta e sopportata senza troppi fastidi) e del gioco in sé.
Red Dead Revolver
6.5
Voto
Redazione
Red Dead Revolver
Red Dead Revolver sarà indubbiamente una perla per coloro che apprezzano il genere cinematografico che gli fa da Musa, un genere comunque che ebbe il suo periodo aureo più di qualche decennio fa (da qui ne derivano tutte le limitazioni). Nostalgici ed antiquari a parte, un videogiocatore non potrà fare a meno di notare la ripetitività crescente delle azioni e delle situazioni, ripetitività che mina su tutto l'evolversi (lineare) e della trama (scritta e sopportata senza troppi fastidi) e del gioco in sé.