Remnant 2: la recensione del gioco Gunfire Games

Remnant 2 è il seguito del gioco Gunfire Games

Su Remnant 2 entro subito a gamba tesa, non vi convincerà mai se non avete super apprezzato il primo. La paura di stravolgere la formula ha fatto sì che gli sviluppatori abbiano ricalcato su carta carbone la loro opera prima, infarcendola di cose e migliorando tutto quello che funzionava. Ma come si è comportato?


In Remnant 2 chi trova un amico....esce dal labirinto!

Nonostante gli stessi sviluppatori – oltre a tanti giocatori – ci tengano a definire questo gioco un “souls”, tecnicamente non ha quasi nulla del gioco From Software, per quanto la difficoltà sia alta e ci siano i falò, anzi oserei dire che l’etichetta che meglio calza il genere è il rogue-like. Non vi farò perdere tempo descrivendo la storia di questo titolo, anche perché fa un po’ ridere ed è un po’ qualcosa di strappato via da un b-movie di qualche decade fa. Se infatti vi parlassi di un’umanità ormai alle soglie dell’estinzione e dei nemici-amici alieni-maghi direi che già così vorreste non sentire altro, eppure in questo secondo capitolo c’è una narrazione più corposa, meglio raccontata e decisamente argomentata (forse anche fin troppo), quindi se vorrete conoscere ogni dettaglio della trama potrete interrogare npc, raccogliere log, sfogliare documenti e non resterete delusi da un plot troppo criptico.

Il combattimento, lo stile delle classi che trasuda ad ogni pixel è invece quello del primo capitolo, con le opportune modifiche. Il combattimento infatti ha le stesse movenze ed animazioni, per quanto nettamente migliorate, della prima incarnazione del brand, con le abilità che sono ancora lì ad aspettarci ma tutte riscritte e ancora più devastanti; le classi sono state anch’esse rimescolate e offrono spunti d’interesse per tutti i giocatori. Il prologo e le prime missioni però sono assolutamente proibitive (in single player), come a dirvi che dovete per forza avere degli amici (o qualcuno connesso nel mondo) per riuscire a farvi strada, livellare e cercare potenziamenti e nuove armi.

Niente paura, già dall’inizio potrete toccare la pietra-hub e buttarvi nella mischia in uno qualsiasi dei mondi e relative missioni di un altro giocatore, alla fine lo scopo ed il suo fulcro permangono inalterati: entrare in una zona e sfracellare le orde nemiche. I biomi sono cinque, mondi con annessi una ricca flora e una fauna particolarmente agguerrita; ogni zona si distingue in modo nettissimo dalle altre, dove infatti un paesaggio desertico lunare si apre sotto i vostri piedi di N’Erud, ecco la tracotanza e rigogliosa Yaesha e così via. 


Graficamente i ragazzi di Gunfire Games hanno fatto un lavoro splendido. L’impronta del primo Remnant è lì dimostrarci come quello scheletro, con quelle atmosfere rugginose ed oniriche, sia lo stesso, ma la decuplicazione degli effetti particellari e dell’uso sapientissimo delle luci possa regalare degli ambienti sottolineando per ciascuno la propria (malata) natura, eppure affascinante nell’essere così sopra le righe.

In definitiva ci sono degli elementi “furbi” buttati lì come esche per allungare il brodo: c’è una verbosità inutile di tantissimi npc, come gli spazi non gestiti in modo appropriato – perché fare delle distese desertiche enormi o labirinti senza quasi via d’uscita? -, come se ci fosse la paura che i giocatori potessero spolpare quest’ultimo brand nel giro di una manciata di ore e lamentarsi della durata. Ci sono così tanti segreti che ne avrete per centinaia di ore e se vorrete sbloccare tutto dovrete fare run, su run, su run, ma in fondo è esattamente quello che tutti noi vogliamo, no?