Resident Evil 4

di Luca Gambino
Qualche anno fa, rispondendo ad una domanda rivoltagli da un giornalista, Stephen King fotografò con una sola frase il suo particolare stato di grazia. "A questo punto della mia carriera, potrei riuscire a farmi pubblicare anche la lista della spesa". E, aggiungiamo noi, non sarebbero stati in pochi quelli che avrebbero speso parte dei loro soldi per sapere cosa mangia ogni giorno il "Re dell'horror". Resident Evil è un po' lo Stephen King dei videogames. E non solo per i temi trattati, tanto cari anche al genio creativo del Maine, quanto per la sua capacità di vendere "a scatola chiusa". Inutile dire che questo Capcom lo sa più che bene. Non si spiegherebbero altrimenti le mere operazioni commerciali (Avete presente Resident Evil 2 e 3 riproposti a prezzo pieno sul Cube?), gli spin off privi di sostanza (Gun Survivor) e altri giochi nati sotto l'effige della serie di Mikami, ma che ben poco hanno a che vedere con la serie survival horror più famosa della storia videoludica (e qui parliamo di Outbreak 1 e 2).

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La formula vincente di resident Evil si è sempre basata su regole molto semplici. Tensione costante, enigmi di poco conto, azione mista ad esplorazione e un taglio prettamente cinematografico. Le prime immagini e filmati del nuovo pargolo Capcom, tradivano invece una struttura di gioco all'apparenza più complessa, che rinnegava in parte i canoni visivi del survival horror per sconfinare pericolosamente in quelli dell'action game. Nuove telecamere di gioco, niente più zombie e Umbrella, finalmente a riposo dopo anni di onorata carriera e una maggiore interazione con l'ambiente, grazie anche ad un rinnovato sistema di controllo. E invece Capcom ha voluto cambiare, senza rinunciare ad alcuni "feticci" della serie e affidandosi ad uno dei personaggi più amati e conosciuti. Protagonista di RE4 è infatti quel Leon Kennedy già incontrato in Resident Evil 2 che, abbandonata la STARS è adesso un agente di una non specificata agenzia, chiamata al recupero della figlia del presidente degli stati uniti, data per dispersa in una qualche località Europea.

Un taglio netto con il passato, quindi che dimostra, alla faccia di chi non ci credeva, che zombie e Umbrella erano solo dei fattori secondari nell'opera capcomiana. Non si preoccupino, quindi, coloro che hanno inizialmente storto il naso di fronte alle prime immagini di questo Resident Evil4, quando al posto dei soliti "cadaveri che camminano" c'erano contadini in buona salute e misteriosi monaci assassini. Gli elementi che hanno sempre contraddistinto la serie ci sono tutti. C' è una tensione palpabile praticamente in ogni momento, c'è sempre quella consapevolezza che da un momento all'altro qualcosa può accadere e si ritrova con immenso piacere quel senso di urgenza che porta il giocatore a dover pensare e reagire in fretta sotto pressione. Ma in questo quarto episodio della serie (che in realtà poi quarto non è), ci saranno anche tutti gli altri elementi caratteristici del pargolo di Mikami, segno che la svolta nella serie (se effettivamente questa c'è stata), è da ricercare in altre chiavi di lettura. C'è un sistema di controllo tutto sommato classico che non si è modificato più di tanto malgrado l'azione di gioco sia stata velocizzata. Leon, per esempio, non è ancora in grado di sparare in corsa o di effettuare strafe laterali che possono fargli schivare gli assalti dei nemici, né tanto meno ruotare su stesso senza dare l'impressione di essere fermo su un perno centrale.

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Sono invece da segnalare i comandi contestuali alla situazione di gioco che indicheranno il bottone (o una combinazione di essi) da premere per eseguire correttamente l'azione pensata dal sistema. Come di routine, invece, si ritrova la solita ricerca delle chiavi, o di quegli elementi con cui sbloccare serrature di varia natura, le erbe curative (a quelle già conosciute si è aggiunta la potente erba gialla) e puzzle relativamente semplici da comprendere. Insomma, il solito Resident Evil, migliorato nella formula ma ampiamente riconoscibile nei suoi canoni più classici.

Non si riesce a capire, quindi, come mai Mikami e il suo team abbiano sentito l'impellente necessità di snaturare un gameplay altrimenti solido e 'solito' con elementi talmente spuri al genere da sembrare letteralmente appiccicati sullo sfondo. Stupisce, in particolare la totale assenza della ricerca delle armi, che nei precedenti episodi si ritrovavano spesso nei posti più impensati, e il relativo inserimento di un misterioso, quanto provvidenziale mercante, che vanta un repertorio bellico da far invidia ad una Santa Barbara dell'esercito italiano. Leon, quindi, potrà acquistare quindi il suo fabbisogno in fatto di armi senza doversi arrovellare tanto a ricercarle per le locazioni (solo il fucile da caccia fa eccezione a questa regola). Ma al di là della semplice annotazione di rito, l'inserimento del losco figuro induce a pensare che in più di un'occasione riusciremo a risolvere le situazioni più complicate facendo maggiormente uso della forza bruta piuttosto che del muscolo pensante. In presenza di nemici particolarmente ostici o boss di fine livello all'apparenza insormontabili, sarà più facile ritornare indietro (grazie anche alla mappa che ci indicherà tutte le locazioni dove sarà presente il mendicante), acquistare armi più potenti e ripresentarsi al cospetto del nemico di turno. Tutto troppo facile. Non solo. Ora le armi potranno anche essere upgradate, dimezzando i tempi di caricamento o raddoppiando la potenza di fuoco. Ovviamente, visto che sono i soldi che fanno girare il mondo, Leon necessiterà anche della vil pecunia per i suoi acquisiti. I crediti potranno essere recuperati dai nemici abbattuti e dal peculiare "tiro al piccione" (in realtà si tratta di corvi), che una volta eliminati potranno rilasciare sul terreno munizioni e denaro. La bizzarria di Mikami & co, non finisce qui, però, perché capiterà anche che veniate coinvolti in sottogiochi che metteranno alla prova la vostra mira e l'abilità con le armi, che se portati a termine vi vedrà premiati con ulteriori soldi o bonus di varia natura.

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